CULTURA
Note di regia. Raffaella Rivi e il ricordo della bicicletta

Una scena tratta dal documentario "She, Othello", regia di Raffaella Rivi
“Ho un ricordo di me bambina: sono vicino a casa, su una piccola bicicletta, lungo un viale alberato che porta a un campo militare, poi diventato un parco. Scopro che in bicicletta si può andare veloce, sollevo la testa e vedo una luna bianca che si muove sempre di più, se pedalo in fretta. Questa è una scoperta: esistono immagini che, se se osservate con uno strumento diverso, in questo caso la bicicletta, possono assumere un'altra forma [...] Forse non l'ho realizzato subito, ma quel pensiero l'ho sicuramente interiorizzato e quell'immagine è rimasta forte e vivida dentro di me, visivamente ed emotivamente". Qualche anno più tardi, superata l'infanzia, un'ulteriore e più consapevole epifania segna la svolta, il colpo di fulmine arriva vedendo Salvador Dalì in tivù: "Nell'ardore adolescenziale l'amore per l'arte è scoppiato in quell'istante: da lì in poi, piano piano, ho approfondito diversi temi artistici, il teatro, la tecnologia, per arrivare infine al cinema".
Nata a Reggio Emilia, negli anni Settanta, quella bambina è diventata grande ma ancora osserva e racconta con immutata meraviglia. Rispetto al tempo felice di una estate in bicicletta sono aumentate le possibilità, si sono moltiplicati gli strumenti (del mestiere) e le competenze, ma il desiderio purissimo di sorprendersi di fronte alle cose del mondo è rimasto lo stesso. Raffaella Rivi vive e lavora a Padova: con altri professionisti condivide uno spazio di lavoro nella vivace via Barbarigo, nel centro storico della città, dove si trovano studi e atelier di artisti e artigiani. "Ero uno persona timidissima: stare dietro la telecamera mi ha permesso di entrare in relazione con le persone, non ha creato distanza, anzi".
“ Ero timidissima: stare dietro la telecamera mi ha permesso di entrare in relazione con le persone
Servizio di Francesca Boccaletto e Massimo Pistore
"Finora ho lavorato a un cinema che parla d'arte e di artisti", spiega, ma il suo sguardo aperto e generoso si traduce in un'idea di espressione libera e senza confini. Si muove agile tra arte visiva, teatro, poesia - con una passione per Giuseppe Ungaretti -, fotografia - amando, tra tutti, Diane Arbus, "per la sua capacità di entrare profondamente in relazione con le persone" -, videoarte - e cita Bill Viola -, cinema, partendo dalla lezione di Derek Jarman, "capace di condensare varie discipline e tanta meraviglia", e ancora, David Lynch e Lars Von Trier.
Con uno sguardo sempre attento al sociale, che le ha permesso di lavorare anche in carcere dove ha portato e condiviso le sue competenze nel campo della produzione video, la poetica di Rivi indaga le discipline mettendole in dialogo tra loro. Nei suoi lavori viene esplorato l'universo teatrale e, da queste indagini, la ricerca cinematografica trae un naturale nutrimento, per evolversi e diventare qualcosa di unico. Il suo recente documentario She, Othello, prodotto da Kublai Film in collaborazione con Sky Arte, ultimo lavoro in ordine di tempo, rovescia i punti di vista e ribalta i ruoli. Il sottotitolo rivela le intenzioni di indagine attorno all'opera di Shakespeare: "O una questione di genere". Con l’aiuto di studiose e studiosi di atenei italiani ed esteri, Rivi approfondisce l'origine dell’Otello, incluso nel First Folio del 1623, interrogandosi sulle tematiche universali e sulla sua lettura nel presente, seguendo il lavoro sull'opera condotto da Swan, l’unica compagnia shakespeariana in Italia interamente al femminile.

Raffaella Rivi fotografata da Massimo Pistore
“ Lo stupore, provato mentre pedalavo da bambina, in me rimane e permane. Fa parte di una intelligenza emotiva che io reputo la parte più saggia di me
A Più de la vita, film sull’arte di Michele Sambin, abbiamo dedicato un approfondimento su Il Bo Live, con una intervista doppia proprio a Rivi e Sambin, incontrati nella casa-studio di quest’ultimo. Prodotto da Lucio Scarpa di Kublai Film e Francesco Bonsembiante di Jolefilm nel 2019, il lavoro è stato presentato all'Asolo Film Festival e, nello stesso anno, è stato selezionato tra i quindici documentari per la cinquina del David di Donatello. Nel 2020 Rivi dirige Falene, progetto nato dalla compagnia Giovani del Teatro Stabile del Veneto, durante il lockdown, e prodotto dallo stesso Stabile. Facendo incontrare professionalità teatrali (drammaturgia, attori, oggetti scenici) e maestranze cinematografiche (fotografia e regia), che hanno trasformato il palco del Goldoni di Venezia in un set, inizialmente Falene viene proposto come serie in dieci episodi con l'obiettivo di indagare forme espressive ibride tra video, teatro e piattaforme online, per diventare poi un mediometraggio.
"Un aspetto che caratterizza il mio lavoro è una sorta di sospensione. Lo stupore, provato mentre pedalavo da bambina, in me rimane e permane. Fa parte di una intelligenza emotiva che io reputo la parte più saggia di me: non l'intelligenza razionale, ma quella che permette di ascoltare accendendo i sensi. Racconto qualcosa con un determinato taglio perché in me avviene una sospensione. Penso ancora a Ungaretti, alla sua capacità di rendere con la scrittura una immagine che custodisce una emozione. Questo aspetto cattura il mio interesse, è una forma di incantamento che mi auguro di non perdere".