CULTURA

Sullo scaffale: La mia ultima storia per te di Sofia Assante

Nella vita di un uomo l’amore non è tutto: ci sono i soldi, il potere, gli amici. L’evasione fiscale. Ma nella vita di un ragazzino di dodici anni è diverso. Basta un odore, un lembo di pelle scoperto, un dente bianco”.

Non è l’incipit, questo, del romanzo di esordio di Sofia Assante, La mia ultima storia per te (Mondadori, 2025), ma l’inizio di un capitolo qualsiasi (il secondo) e a maggior ragione restituisce il talento di Assante. Scrivendo quello che forse vuole essere un romanzo di formazione (parla di ragazzini, all’inizio, e li segue per tutta la vita) ma che è in realtà un romanzo d’amore, una ricerca di senso ultimo, un viaggio in un tempo talmente universale che non importa se sono gli anni Duemila avanzati o una qualche ultima decade del Novecento, l’autrice non scivola mai nel genere, non si compiace, non semplifica ma aggiunge e guarda alla vita come avesse ben più dei suoi 29 anni. Proprio questa frase, per esempio, può riportare alla mente (a me di sicuro) lo sguardo di Alessandro Piperno. Un maestro smaliziato e dalla penna fortunatissima.

Non bisogna farsi sviare dal titolo che strizza l’occhio a una letteratura più “vendibile”, voluto dall’editore. Per Assante sarebbe dovuto essere “Dove dorme Hemingway?” che è la frase-tormentone che i due protagonisti, Elettra e Andrea, si scambiano, come una formula magica, per rinsaldare il loro rapporto. Che non è un’amicizia, non è un amore, non è una fratellanza o forse tutto insieme, o nulla di tutto ciò, perché non potendo diventare amore, destabilizzato da uno sconvolgimento improvviso, resta imprigionato nella sfera della possibilità mai realizzata. E quindi sopravvive. 

“Per molto tempo ho creduto di essermi lasciato questa storia e queste persone alle spalle; ma ora mi rendo conto che da Roma non sono mai veramente andato via […] Che certi eventi, come certi amori, semplicemente non si possono sradicare. Mi passa per la testa questo pensiero: la vera bellezza, il vero amore, hanno sempre qualcosa di terribile”. E così Piperno, in Assante, incontra Avallone, la regina del racconto avvincente, intimo, di vita e sentimenti eppure letterario, che sceglie la via di una lingua accessibile e rotonda.

Elettra e Andrea sono infatti due dodicenni quando si conoscono, come spesso accade nei romanzi dell’autrice di Acciaio dove si indaga l'adolescenza, e vengono da due mondi diversi – figlio di un ristoratore lui, pupilla dell’alta borghesia romana lei – ma sono dirimpettai. Iniziano a frequentarsi e Andrea viene praticamente adottato da Clara, la conturbante e dolcissima madre di Elettra, e dalla famiglia intera. Tutto bene fino a quando una tragedia frantuma gli equilibri e Andrea ed Elettra sono gli unici ad avere accesso alla verità, che invece di unirli li divide.

Il suicidio non era che una stanza vuota all’interno della quale non avremmo rintracciato alcun conforto o spiegazione, eppure il mistero di Clara – nella mia mente ormai trasfigurata in una moderna Cleopatra – non smetteva di ossessionarci”.

Assante ci racconta –con grande sapienza, un uso lucido delle anticipazioni (capaci di costruire una tensione ininterrotta che non permette al lettore di mettere giù il libro), una profonda empatia e uno sguardo disincantato sul mondo – gli sliding doors della vita. L’amore, lo sgomento, il dolore (“scoprii che il dolore era fatto di ondate”), la voglia di farcela e quella di rinunciare si mescolano in una storia che, prima di tutto, pensa a fare il suo mestiere: costruire trama, scavare personaggi e uncinarli all’anima di chi legge, restituire la sensazione circolare di ricomposizione (che non significa per forza che sia il lieto fine), una volta arrivati all’ultima pagina.

Senza dimenticare di lasciarci addosso una verità abbacinante: “Cèzanne non era in grado di dipingere una montagna. Perché? Perché la montagna lo guarda, e se lo guarda vuol dire che non è un oggetto – del quale possiamo cogliere ogni sfumatura e lato – ma un soggetto. È viva. E chi mai sarebbe in grado di rappresentare davvero un essere umano? Nessuno. Nessuno può dire “io so chi sei” dell’altro. Nessuno può mettere la parola fine. Non ci conosciamo, e non ci conosceremo mai fino in fondo”.

certi eventi, come certi amori, semplicemente non si possono sradicare. Mi passa per la testa questo pensiero: la vera bellezza, il vero amore, hanno sempre qualcosa di terribile Sofia Assante

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