SOCIETÀ

Dal Rwanda alle chiatte: i piani anti-migranti del Regno Unito

L’ossessione per i migranti sta spingendo il governo conservatore del Regno Unito a trovare soluzioni sempre più estreme, e probabilmente ben oltre il limite del lecito. Prima ha architettato un complesso progetto di “esternalizzazione delle domande d’asilo” in Rwanda (Africa orientale), di fatto una deportazione. Poi, di fronte alle perplessità, chiamiamole così, espresse della Corte Europea per i Diritti dell’uomo, e con la bocciatura dalla Corte d’appello inglese, che lo scorso giugno ha dichiarato il piano “illegale”, ha studiato un “piano B” che prevede di nuovo lo schema del trasferimento forzato degli immigrati clandestini in un territorio altrettanto remoto (nell’oceano Atlantico meridionale, a 1.600 km dalla costa dell’Africa e a 2.300 da quella del Brasile), ma ancora di dominio britannico: l’isola di Ascensione. Tuttavia, dal momento che il premier Rishi Sunak ha bisogno di portare risultati concreti, e in breve tempo, a un elettorato sempre più perplesso, ecco spuntare una terza via, più agile e immediata, anche se non certo risolutiva: i richiedenti asilo saranno, almeno in parte, alloggiati a bordo di una gigantesca chiatta (93 metri di lunghezza per 27 di larghezza) ormeggiata in una zona defilata del porto di Portland, nella contea di Dorset, nel sud dell’Inghilterra, sulla quale è stato eretto una sorta di condominio (o di alloggio, o di prigione) a tre piani. Un centro d’accoglienza sul mare. Non lontano come il Rwanda, ma comunque a debita distanza dall’inviolabile suolo del Regno. «Questa è la dimostrazione che, quando c’è un problema serio, posso risolverlo anche con qualcosa di diverso che non è stato mai sperimentato prima», ha dichiarato, con una punta d’orgoglio il premier britannico Sunak, spalleggiato dalla sua ministra dell’Interno, Suella Braverman.

Il sindacato dei vigili del fuoco: «È una trappola mortale»

La nave-alloggio noleggiata per 18 mesi (per ora) dal governo inglese, la Bibby Stockholm, costruita nel 1976, era originariamente dotata di 222 camere singole con bagno (nel 2005 è stata usata proprio come centro di raccolta per richiedenti asilo nei Paesi Bassi, a Rotterdam, mentre nel 2013 fungeva da ricovero-dormitorio per i lavoratori di un impianto di estrazione di gas al largo delle isole Shetland, in Scozia), ma la sua capienza è stata ora più che raddoppiata mettendo letti a castello nelle cabine e convertendo a dormitori alcune delle sale comuni. I 506 richiedenti asilo lì destinati saranno tutti uomini, tra i 18 e i 65 anni. Lunedì scorso sono stati “imbarcati” i primi 15, mentre altri venti si sono rifiutati di salire a bordo. E chi è salito ha descritto così la situazione: «È come una prigione, non c’è spazio per 500 persone». I giornalisti ammessi nei giorni scorsi a visitare la struttura hanno riferito di «cabine climatizzate relativamente spaziose, ciascuna dotata di un bagno privato con doccia, che includono una scrivania, un armadio, televisione e grandi finestre». Come zone comuni c’è una grande sala mensa, una palestra, due cortili “ricreativi” al centro della chiatta, una sala di preghiera multi-religiosa, una sala Tv con un grande schermo e divani. La Bbc riferisce che gli uomini avranno anche accesso al molo, all’interno di un’area recintata (con recinzioni alte 6 metri) e sorvegliata h24. Sembra inoltre che i richiedenti asilo potranno anche lasciare la nave: «Dotati di carte d’identità, dovranno passare attraverso scansioni di sicurezza per salire e scendere. Non c'è coprifuoco, ma se non tornano ci sarà una "chiamata di welfare" per verificare che stiano bene». Tutto sta a capire se poi, all’atto pratico, questa possibilità sarà davvero concessa o non sia soltanto un annuncio “rassicurante” per parare i colpi delle critiche. Che si stanno alzando, altissime. Il sindacato dei vigili del fuoco, che non ha dimenticato l’incendio della Grenfell Tower nel 2017 (per una “ragnatela di colpe” morirono 72 persone), ha già espresso con forza le sue preoccupazioni: «Navi come questa sono state progettate per ospitare 200 persone, non 500», ha spiegato Ben Selby, segretario generale della Fire Brigades Union (FBU). «Crediamo che in caso d’incendio possa trasformarsi in una trappola mortale». I corridoi della chiatta sono stretti, le uscite di sicurezza sono soltanto due: vie di fuga sia per chi è dentro sia per chi deve entrare per prestare soccorso. Una strettoia che, in caso d’emergenza, potrebbe rivelarsi fatale.

Ma le condanne non finiscono qui. In una lettera aperta, firmata da organizzazioni e personalità varie (da Refugee Action all’Institute for Race Relations, fino alla Helen Barber Foundation) e inviata al governo britannico, il piano per ospitare i migranti sulla chiatta viene definito “del tutto inappropriato”: «Crediamo che rinchiudere persone che hanno vissuto esperienze traumatizzanti, specialmente su una nave galleggiante, sia crudele e disumano», si legge nella lettera. «Quelle persone non sono criminali, stanno soltanto cercando protezione nel Regno Unito. Il governo sostiene che la chiatta non sarà utilizzata come prigione o nave di detenzione, ma le persone saranno comunque tenute in condizioni simili a quelle di detenzione, con severe restrizioni alla libertà di movimento». Interpellato dalla Cnn, Steve Smith, amministratore delegato dell’organizzazione benefica per i rifugiati Care4Calais, ha spiegato: «Tra coloro che sosteniamo ci sono i sopravvissuti alle torture, le persone con disabilità e le persone che hanno subito traumi in mare. Ospitare qualsiasi essere umano in una “prigione galleggiante” come il Bibby Stockholm è inaccettabile. Farlo a persone come queste è completamente disumano». Un’altra attivista, Natasha Tsangarides, direttore associato di advocacy presso Freedom from Torture, ha dichiarato: «Invece di perdere tempo in piani di alloggio crudeli e insicuri, come chiatte e siti militari abbandonati, questo governo dovrebbe urgentemente concentrare i propri sforzi a riorganizzare un sistema di asilo finora trascurato».

Il costo dell’accoglienza: 6 milioni di sterline al giorno

Il governo britannico tira comunque dritto, impermeabile (almeno all’apparenza) a qualsiasi critica. «La nave è sicura e funzionale», ribadiscono da Downing Street. «Coloro che arrivano nel nostro paese con mezzi non autorizzati avranno una sistemazione essenziale e adeguata: non possono aspettarsi di soggiornare in un hotel a quattro stelle», ha dichiarato sprezzante Sarah Dines, sottosegretaria al ministero degli Interni. Del resto il primo ministro Rishi Sunak sta scommettendo gran parte della sua credibilità politica proprio sulla politica del contrasto ai migranti illegali, con il suo mantra del “fermare le barche” e tagliare l’enorme costo degli alloggi per i richiedenti asilo nel Regno Unito. Il governo sostiene che attualmente la spesa per alloggiare negli hotel oltre 50mila migranti sia di circa 6 milioni di sterline al giorno (quasi 7 milioni di euro). E non ha fornito dettagli su quanto effettivamente costerà l’operazione Bibbi Stockholm. Ma secondo un rapporto delle ONG Reclaim the Seas e One Life to Live, «il Ministero degli Interni risparmierà meno di 10 sterline al giorno su ogni richiedente asilo ospitandoli su chiatte invece che in hotel». Il piano prevede inoltre di spostare entro la fine dell’autunno circa tremila richiedenti asilo in luoghi diversi dagli alberghi: come la chiatta, ma anche attraverso la riconversione di ex siti militari (come Wethersfield, nell’Essex, e Scampton, nel Lincolnshire». Cinquecento su cinquantamila sono una goccia nel mare. Soprattutto in considerazione che gli sbarchi continuano (circa quattromila soltanto nel 2023). «Ma il sistema attuale è semplicemente ingiusto», ha dichiarato il premier Sunak. «Abbiamo contribuenti britannici che spendono milioni di sterline al giorno per ospitare i migranti negli hotel».

Lo scorso 18 luglio il governo britannico ha inoltre approvato l’Illegal Migration Bill, una legge assai controversa che gli conferisce il potere di detenere e spostare a proprio piacimento i migranti privi di documenti dal paese. L’Onu, attraverso l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati e l’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani, ha diffuso una nota nella quale si sostiene che la legge “estingue il diritto d’asilo”: «Il disegno di legge è in contrasto con gli obblighi del paese ai sensi del diritto internazionale dei diritti umani e dei rifugiati e avrà profonde conseguenze per le persone bisognose di protezione internazionale». «Per decenni - ha aggiunto Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati - il Regno Unito ha fornito rifugio a chi ne aveva bisogno, in linea con i suoi obblighi internazionali. Questa nuova legislazione erode significativamente il quadro giuridico che ha protetto così tante persone, esponendo i rifugiati a gravi rischi in violazione del diritto internazionale». Il 20 luglio scorso, la legge ha ricevuto l’assenso di Buckingham Palace. E il “furore” del governo non accenna a placarsi: pochi giorni fa ha annunciato un inasprimento delle multe (saranno triplicate) a carico dei datori di lavoro e proprietari terrieri che impiegano o ospitano migranti irregolari.

Il “piano A” resta il Rwanda

Dunque sono tre i piani operativi del governo Sunak. Il primo, il preferito, resta il Rwanda, che in cambio della sua disponibilità ha già incassato 120 milioni di sterline: vale a dire la possibilità di stipare tutti gli immigrati irregolari (a prescindere dalla provenienza, dall’età, dal genere e da qualsiasi ragione li abbia spinti a varcare la Manica) a bordo di aerei con destinazione Kigali: lì saranno esaminate tutte le richieste d’asilo. Chi ne avrà diritto potrà poi restare in Rwanda, gli altri saranno espulsi nei paesi di provenienza. Ma nessuno metterà mai piede nel Regno Unito. Una Corte d’appello inglese ha bollato il piano come “illegale” non nella forma, ma nel passaggio del considerare il Rwanda come “paese sicuro”. Il governo ha presentato ricorso (la pronuncia definitiva è attesa per il prossimo ottobre), forte anche del pronunciamento dell’Alta Corte britannica che, lo scorso dicembre, aveva stabilito che la procedura è legale e non viola gli obblighi della Gran Bretagna ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite sui rifugiati o di altri accordi internazionali. L’alternativa al “piano Rwanda” rimane quello che prevede il trasferimento forzato dei migranti sull’isola dell’Ascensione, un isolotto sperduto quasi disabitato (88 chilometri quadrati, meno di mille abitanti), nell’oceano meridionale, quasi a metà strada tra Africa e Sud America, ma di dominio britannico. Il problema lì sarebbe costruire da zero una struttura in grado di ospitare migliaia di richiedenti asilo: operazione tutt’altro che economica. Il “piano C”, quello low cost (si fa per dire), sono le chiatte. Rishi Sunak ha bisogno urgentemente di risultati: la sua credibilità e il suo futuro politico sono appesi a un filo sempre più esile. Manca poco più di un anno alle prossime elezioni generali nel Regno Unito (dovranno tenersi entro gennaio 2025), ma la partita, a meno di clamorosi colpi di scena, sembra già segnata. Con i sondaggi che danno il Partito laburista in netto vantaggio sui Conservatori, circa 20 punti, con la concreta possibilità di tornare a Downing Street (l’ultimo laburista a guidare il governo è stato Gordon Brown, nel 2010). Enver Solomon, amministratore delegato del Consiglio per i rifugiati, ha riassunto così la situazione in un editoriale pubblicato il mese scorso sul Guardian: «La nuova legge sull’immigrazione non fungerà da deterrente, ma metterà soltanto in pericolo le persone più vulnerabili. Purtroppo il governo ha scelto un percorso che non riflette i valori che la maggior parte di noi ha a cuore: mostrare compassione, rispetto e umanità per quelle persone che senza colpa diventano rifugiati e che sono semplicemente alla ricerca di sicurezza».

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