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Decreto sicurezza: quali sono le nuove norme

Più di 600 emendamenti presentati dall’opposizione ed alcuni proposti da una delle due forze di governo (Movimento 5 Stelle) sono stati ignorati o ritirati. Nella serata di mercoledì 28 novembre 2017 la camera ha approvato il  “decreto sicurezza”, cioè il ddl 840/2018. L’approvazione è arrivata anche mediante il voto di fiducia, cioè la misura grazie alla quale tutti gli emendamenti proposti decadono ed il testo dev’essere approvato così com’è stato presentato. Nel caso specifico del “decreto sicurezza” il testo è quello approvato dal Senato il 7 novembre scorso con 336 voti a favore.

Il ”decreto sicurezza” cambierà di fatto l’accoglienza dei migranti in Italia.

L’obiettivo principale di questo decreto, come si può leggere nel suo frontespizio, è quello di riorganizzare “il sistema di ri­conoscimento della protezione internazionale e le forme di tutela complementare, finaliz­zata in ultima istanza a una più efficiente ed efficace gestione del fenomeno migratorio nonché ad introdurre misure di contrasto al possibile ricorso strumentale alla domanda di protezione internazionale”.

In pochi parole quindi, il ”decreto sicurezza” cambia di fatto l’accoglienza dei migranti in Italia.

Il testo si compone di 40 articoli e va subito al sodo. L’articolo numero 1 infatti parla di “norme volte a disciplinare le ipotesi eccezionali di temporanea tutela dello straniero per esigenze di carattere umanitario”.

La protezione di carattere umanitario era stata introdotta nel 1998 con la legge 286 e consisteva in un permesso, rilasciato dalla Questura, “per seri di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello stato italiano”.

Che cos’era il permesso umanitario

Il permesso umanitario era solitamente dato anche a persone che fuggivano da guerre, persecuzioni o altri gravi eventi con un iter che prevedeva la valutazione da parte di una Commissione Territoriale, formata da un funzionario della Prefettura, un funzionario della polizia di Stato, un rappresentante dell’UNHCR ed un rappresentante del comune, della provincia o della regione.

Questa commissione raccomandava alla questura il rilascio di tale permesso, con il quale la persona aveva una serie di diritti: dalla possibilità di lavorare (sia lavoro subordinato che autonomo), all’iscrizione e conseguente ingresso nel Servizio Sanitario Nazionale, dall’accesso ai centri di accoglienza dei Comuni e alle misure di assistenza sociale previsti per le persone titolari di protezione internazionale, ma non consentiva la possibilità del ricongiungimento familiare.

La durata di tale permesso poteva essere variabile, da sei mesi fino a due anni con possibilità di rinnovo.

I nuovi permessi del "decreto sicurezza"

Ora però le cose son cambiate e di fatto il permesso per natura umanitaria è stato abolito dal ddl 840/2018. Come alternative l’esecutivo ha introdotto altri permessi.

Il permesso di "protezione speciale" ha la durata di un anno, quello "per calamità naturale nel Paese di origine" ha la durata di sei mesi, è valido solo in Italia e permette di svolgere attività lavorativa, ma non può essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.

C’è poi il permesso "per condizioni di salute di eccezionale gravità”, accertate mediante idonea documentazione, tali da determinare un irreparabile pregiudizio alla salute degli stessi, in caso di rientro nel Paese di origine o di provenienza. In questo caso il Questore rilascia un permesso di soggiorno per cure mediche, per il tempo attestato dalla certificazione sanitaria, comunque non superiore ad un anno, rinnovabile finché persistono le condizioni di salute di eccezionale gravità debitamente certificate. Il permesso è valido solo in Italia.

C’è poi il permesso "per atti di particolare valore civile", che è autorizzato dal Ministro dell’interno, su proposta del prefetto competente, ha la durata di due anni, è rinnovabile, e consente sia l’accesso allo studio che di svolgere attività lavorativa e può essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo o subordinato”.

Infine c’è il permesso "per casi speciali", come ad esempio per le vittime di grave violenza o di sfruttamento lavorativo. In quest’ultimo caso il permesso ha la durata di un anno e “consente l’accesso ai servizi assistenziali e allo studio o lo svolgimento di lavoro subordinato e autonomo, fatti salvi i requisiti minimi di età. Alla scadenza, il permesso di soggiorno può essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, sia subordinato che autonomo, oppure in permesso di soggiorno per motivi di studio, nel caso la persona risulti iscritta ad un corso regolare di studi.

Ridisegnato il sistema d'accoglienza

Sempre in tema di immigrazione il decreto approvato ridisegna anche il sistema d’accoglienza. Con il ddl 840/2018, la durata massima che una persona può rimanere nei Centri di permanenza per il rimpatrio è stata allungata, passando da 90 a 180 giorni.

Nel caso tali Centri siano tutti pieni, il giudice di pace, su richie­sta del questore, può autorizzare la temporanea permanenza della persona straniero, in strutture diverse e idonee nella disponibilità dell’Autorità di pubblica sicurezza.

L’articolo 6 del decreto legge aumenta il fondo per i rimpatri di 500.000 euro per il 2018, di 1.500.000 euro per il 2019 e di 1.500.000 euro per il 2020.

Revoca o diniego della protezione

La protezione internazionale può essere sia revocata che rifiutata. Questo tema è trattato all’articolo 7 del ddl 840/2018 che esplicita come il permesso possa essere di fatto tolto allo straniero in caso di resistenza o minaccia a pubblico ufficiale (Art. 336. del codice di procedura penale), lesione personale grave (art.583), pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili (art. 583-bis), lesioni personali gravi o gravissime a un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive (art. 584-quater), furto (art.624) o furto aggravato, cioè quando il colpevole usa armi o narcotici (art. 625), oltre ai reati di violenza sessuale, spaccio di droga, rapina ed estorsione.

La cessazione della protezione internazionale inoltre, all’articolo 8, si può ritenere revocata a coloro che rientrano nel paese di origine dopo aver fatto richiesta di asilo.

Il “decreto sicurezza” inoltre toglie il diritto a rimanere in Italia durante l'esame della domanda anche a coloro che “hanno presentato una prima domanda reiterata al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione di una decisione che ne comporterebbe l’imminente allontanamento dal territorio nazionale”.

Valutazione delle domande più veloce

L’articolo 10 ha l’obiettivo di rendere la valutazione delle domande più veloce. Il questore infatti comunica alla Commissione territoriale competente se il richiedente è indagato o condannato, anche con sentenza non definitiva, per uno dei reati riconosciuti di particolare gravità. Nel caso il diniego del permesso sarebbe automatico.

Ridisegnato il sistema SPRAR

L’articolo 12 del “decreto sicurezza” è quello che di fatto ridisegna il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, meglio conosciuto come SPRAR. Con la nuova legge i Comuni potranno accogliere solo minori non accompagnati e titolari di protezione internazionale. Il nome stesso è stato sostituito da “Sistema di pro­tezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati”.

I richiedenti asilo che già stanno beneficiando dello SPRAR potranno usufruirne fino alla scadenza del progetto in corso, già finanziato. Da gennaio 2019 inoltre dovrebbero entrare a regime dieci nuove Commissioni territoriali, in modo tale da rendere più veloci le procedure.

Cittadinanza

Il “decreto sicurezza”, all’articolo 14, raddoppia i tempi per concedere la cittadinanza per matrimonio e per residenza, che passano a 4 anni, mentre la revoca potrà essere fatta anche a colpevoli di reati con finalità di terrorismo.

Il “decreto sicurezza” però non affronta solamente il tema dei migranti. La nuova legge, all’articolo 16, introduce la possibilità di installare il braccialetto elettronico anche a chi commette maltrattamenti contro familiari (art. 572 del codice di procedura penale) o stalking (art. 612).

Norme antiterrorismo

Per quanto riguarda la sicurezza nazionale intesa come prevenzione da atti terroristici, il decreto voluto dal Ministro dell’interno, mette una stretta al noleggio di furgoni. L’articolo 17 infatti prevede che chi gestisce un’attività di autonoleggio è tenuto a comunicare alla polizia, con congruo anticipo, tutti i dati dei clienti che vogliono noleggiare un automezzo.

Utilizzo del taser

La sperimentazione del taser infine, con il “decreto sicurezza” è stata estesa alle polizie locali dei comuni con più di 100 mila abitanti.

Daspo stadi

Gli articoli 20 e 21 del “decreto sicurezza” estendono il daspo, cioè il provvedimento di divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive, anche a indiziati per reati di terrorismo, anche internazionale, e di altri reati contro lo Stato e l'ordine pubblico. Il provvedimento comprenderà anche i “presidi sanitari, aree destinate allo svolgimento di fiere, mercati e pubblici spettacoli”.

Reato di blocco stradale

Con la nuova legge un provvedimento che fino ad oggi era considerato un illecito amministrativo diventa reato. L’articolo 23 punisce con la reclusione fino a 2 anni, o 4 se il reato è commesso da cinque o più persone, chi ostruisce una strada o dei binari.

Prevenzione e contrasto alla criminalità mafiosa

Una parte corposa della nuova legge è dedicata proprio alla prevenzione e al contrasto della criminalità mafiosa. L’articolo 25 estende la pena fino a 5 anni di reclusione chi concede il subappalto di un’opera pubblica senza l’autorizzazione dell’autorità competente, estendendo anche (art. 26) il controllo dei cantieri al prefetto. Oltre alle pene la nuova legge aumenta anche le risorse per le Commissioni incaricate di gestire gli enti sciolti per mafia di 5 milioni di euro (art. 29).

Sempre in materia di criminalità organizzata la nuova legge di fatto ridisegna l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata che, secondo l’articolo 37, è “posta sotto la vigilanza del Ministro dell’interno, ha personalità giuridica di diritto pubblico ed è dotata di autonomia organizzativa e contabile, ha la sede principale in Roma e fino a 4 sedi secondarie in regioni ove sono presenti in quantità signifi­cativa beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata“.

L’articolo 36 invece rende possibile la vendita del beni confiscati alla criminalità organizzata anche ai privati “qualora non sia possibile effettuare la destinazione o il trasferimento per le finalità di pubblico interesse”. Dall’acquisto sono esclusi l’ex proprietario, chi ha condanne per mafia ed i rispettivi, coniugi, parenti anche di terzo grado e conviventi.

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