SCIENZA E RICERCA

Diabete in aumento tra i più piccoli durante la pandemia, ma cause (per ora) ignote

Diabete in aumento tra i più piccoli durante la pandemia da Covid-19, comprese le forme più gravi della malattia: questi i risultati di una meta-analisi pubblicata il 30 giugno 2023 su JAMA Network Open, che conferma una tendenza emersa anche in studi precedenti.

Nello specifico i ricercatori hanno preso in esame 42 pubblicazioni scientifiche, per un totale di 102.984 persone con diabete di nuova insorgenza: ebbene, l’analisi dei dati provenienti da 17 di queste ricerche ha rilevato che su 38.149 bambini e adolescenti il tasso di incidenza del diabete mellito di tipo 1 era 1,14 volte superiore nel primo anno di circolazione di Sars-CoV-2 e 1,27 nel secondo, rispetto al periodo precedente la pandemia. Dieci studi hanno riportato casi di diabete di tipo 2, senza tuttavia riportare i tassi di incidenza. Quindici studi, per un totale di 4.324 bambini e adolescenti, hanno riportato l'incidenza di chetoacidosi diabetica alla diagnosi, una complicazione del diabete di tipo 1 che può essere anche letale, riscontrando un tasso di 1,26 volte superiore nel primo anno di pandemia rispetto al periodo precedente. L’incidenza della forma grave, secondo i ricercatori, è stata determinata probabilmente dal fatto che durante il periodo di maggior diffusione di Sars-CoV-2 le persone esitavano o non erano in grado di rivolgersi a una struttura sanitaria alla comparsa dei primi sintomi.

Il diabete è una sindrome caratterizzata da aumenti di glicemia nel sangue. La forma più comune è senz’altro il diabete mellito di tipo 2 che si presenta in genere in età adulta: il pancreas produce poca insulina, l’ormone che regola i livelli di glucosio nel sangue, oppure le cellule dell’organismo sono resistenti all’azione della stessa insulina. Il diabete mellito di tipo 1, invece, è una patologia causata da una risposta autoimmunitaria che solitamente insorge durante l’adolescenza o l’infanzia. Le cellule del pancreas che producono insulina, le cellule beta, vengono riconosciute come estranee dal sistema immunitario che le distrugge. Per questo è necessario somministrare insulina dall’esterno.

Per spiegare l’aumento del tasso di incidenza della patologia durante la pandemia da Covid-19, viene ipotizzata una relazione diretta tra infezione da Sars-CoV-2 e diabete di tipo 1. I ricercatori osservano che il recettore cellulare Ace2, attraverso il quale il virus si diffonde nel nostro corpo, è espresso nelle cellule beta che producono insulina. Aggiungono che l'infezione da Sars-CoV-2 contribuisce alla disregolazione del metabolismo del glucosio, e chi ha una maggiore predisposizione al diabete è particolarmente vulnerabile dopo il contagio da Sars-CoV-2. Nonostante le ipotesi di partenza, gli autori concludono tuttavia che “non esiste un chiaro meccanismo di fondo che spieghi l'associazione tra l'infezione da Sars-CoV-2 e il conseguente aumento del rischio di diabete”. 

Lo sottolinea anche Angelo Avogaro, professore di endocrinologia e metabolismo all’università di Padova e presidente della Società italiana di diabetologia: “Sebbene sia stato supposto un effetto diretto di Sars-CoV-2 sulle cellule che producono insulina, cioè le cellule beta, tale effetto non è mai stato dimostrato. Si può avanzare, tuttavia, qualche ipotesi. Secondo i ricercatori, l’infezione da coronavirus potrebbe aver causato un sovvertimento del sistema immunologico. Molto spesso il diabete di tipo 1 è preceduto da un’infezione di rotavirus, che è un virus intestinale a RNA proprio come Sars-CoV-2. Potrebbe dunque essere plausibile che i virus a RNA possano in qualche modo modificare la risposta del sistema immunitario, aumentandone l’aggressività contro le cellule che producono insulina”.

I ricercatori propongono anche osservazioni di altro tipo. Le misure di contenimento adottate per limitare la diffusione di Sars-CoV-2, scrivono, hanno determinato significativi cambiamenti nello stile di vita e nell’andamento delle infezioni tra i bambini. Le malattie virali e gastrointestinali tra i più piccoli sono diminuite in quel periodo: tenendo conto che le infezioni respiratorie o enteriche nella popolazione infantile possono essere potenziali fattori scatenanti per l’insorgenza di diabete di tipo 1, l’aumento del tasso di incidenza rilevato durante la pandemia, dunque, è in controtendenza rispetto a quanto ci si aspetterebbe.

“Il diabete di tipo 1 – continua Avogaro – è associato a un aumento del sovrappeso nei bambini. Il fatto che i ragazzi abbiano svolto meno movimento e attività fisica, in seguito alle misure restrittive adottate per il contenimento del virus, può aver determinato un significativo aumento di peso, quindi della massa adiposa. E questo potrebbe far pensare a una relazione tra Covid-19 e aumento dell’incidenza di diabete di tipo 1”.

I ricercatori hanno rilevato inoltre che la pandemia ha interrotto la stagionalità del diabete di tipo 1. “La comparsa del diabete di tipo 1 – spiega Avogaro – è di norma più frequente in inverno, piuttosto che in estate, e ciò perché solitamente questo tipo di malattia insorge dopo un’infezione virale che si contrae più facilmente nella stagione fredda. In seguito a Covid-19 si è visto che questa stagionalità è venuta meno”. I ricercatori sottolineano che le ragioni di questo fenomeno rimangono incerte, ma potrebbero essere legate agli effetti delle strategie di contenimento di Covid-19, come il lockdown, sia all'inizio della pandemia che in momenti successivi in diversi Paesi.

“La situazione ora è rientrata – conclude Avogaro –. Gli accessi ai servizi di diabetologia si sono normalizzati. Non sono stati più pubblicati lavori che dimostrino un eccesso di incidenza di patologia post Covid-19. L’emergenza è conclusa, ora siamo nella fase di follow up fisiologico della malattia”. 

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