SOCIETÀ

Difficile come bere un bicchier d’acqua

Acqua pulita, sicura e accessibile: un’esigenza che è anche un diritto, ma che resta un miraggio per centinaia di milioni di persone. Si stima che ogni anno più di 800.000 esseri umani muoiano a causa di malattie direttamente correlate ad acqua non sicura e servizi igienici inadeguati, mentre quattro miliardi di esseri umani soffrono di scarsità idrica estrema per almeno un mese all’anno. Inserito dalle Nazioni Unite al sesto posto tra i Sustainable Development Goals (Sdg), a meno di sette anni dalla scadenza prefissata l’accesso di ogni persona a un adeguato quantitativo di acqua potabile appare un obiettivo ancora lontano: anche per questo nel marzo di quest’anno le Nazioni Unite hanno organizzato la prima grande conferenza dedicata all’acqua dopo 46 anni (l’ultima si era tenuta a Mar de la Plata nel 1977).

L’incontro svoltosi a New York nasce innanzitutto dalla consapevolezza del grande ritardo accumulato negli ultimi anni: “Il focus è stato soprattutto nel senso di accelerare le azioni necessarie per garantire a tutti l’accesso ad acqua sicura e potabile, anche perché si tratta di un obiettivo chiave per il raggiungimento di tutti gli altri”, spiega a Il Bo Live Andrea Toreti, climatologo specializzato in estremi climatici e ricercatore senior del Joint Research Centre (Jrc) della Commissione Europea, oltre che coordinatore dello European Drought Observatory (Edo). Nonostante qualche miglioramento negli ultimi anni serve insomma una sterzata: “fallire sull’acqua significa fallire anche su crisi climatica e biodiversità”.

La conferenza, alla quale hanno partecipato circa migliaia tra esperti e delegati da tutto il mondo, si è conclusa con l'adozione di una Water Action Agenda, un piano d'azione contenente quasi 700 impegni concreti da parte di enti pubblici o privati: da scelte alimentari più intelligenti alla rivalutazione dell'acqua come motore economico e parte del patrimonio culturale della Terra, dallo sviluppo di sistemi agricoli meno idrovori e lanciando al lancio di nuovo sistema di informazione e di monitoraggio globale sullo stato delle risorse idriche. L’Onu ha inoltre esteso il termine per proporre nuovi impegni, che saranno pubblicati a luglio; è stata infine prevista la figura di un inviato speciale per l'acqua, che sarà nominato prima del prossimo vertice di settembre sui Sdg. D’altra parte, come è stato sottolineato da Miryam Naddaf sulla versione cartacea di Nature (The world faces a water crisis - four powerful charts show how, Vol 615 | 30 marzo 2023, p. 775) la conferenza non ha prodotto nulla di vincolante, che equivalga ad esempio all'accordo sul clima di Parigi, così come non è stato individuato un apposito organismo delle Nazioni Unite responsabile dell'attuazione e del monitoraggio sui progressi nel campo dell’acqua. Alcuni Paesi hanno inoltre chiesto più fondi, in particolare sotto forma di sovvenzioni per progetti come la desalinizzazione dell'acqua di mare e il trattamento delle acque reflue.

Mentre intanto si avvicina l’estate si ripropone anche la questione siccità: se infatti da una parte si ripetono eventi estremi come l’alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna, dall’altra le ultime precipitazioni non sono bastate a mitigare la preoccupazione per gli accumuli di neve sulle Alpi, di nuovo ai minimi storici. La scarsità idrica rischia insomma di divenire un problema anche in Paesi un tempo ricchi di risorse: per Toreti “l’incremento degli eventi atmosferici estremi avrà sicuramente un impatto sulla gestione dell’acqua, e questo va tenuto in considerazione e analizzato senza guardare solo all’oggi ma ai prossimi decenni, in modo da sviluppare forme di adattamento e di gestione sostenibile. Per questo l’Ue mira ad esempio sia a una riduzione dell’inquinamento nei fiumi e negli oceani, determinante anche per la salvaguardia degli ecosistemi, sia a una migliore cooperazione tra gli Stati membri per fronteggiare siccità e alluvioni”.

L’acqua dev'essere riclassificata come bene comune globale protetto dalle leggi internazionali

Collaborazione e cooperazione sono dunque fondamentali, non solo per contrastare i cambiamenti climatici riducendo innanzitutto le emissioni, ma anche per gestire al meglio una ricchezza non più illimitata: si consideri che ad esempio che nei Paesi del Medio Oriente e Nord Africa circa due terzi delle risorse idriche provengono dall'esterno dei loro confini nazionali. “Nell’ultima conferenza e negli eventi collegati per la prima volta tutti hanno riconosciuto l’importanza di affrontare con determinazione la crisi dell’acqua e di cooperare – spiega ancora il ricercatore –. Si tratta infatti di una sfida globale: l’anno scorso non è stata solo l’Europa a soffrire: c’è stata siccità estrema anche in Africa Orientale e nel bacino de La Plata, con impatti sia sul trasporto fluviale che nell’agricoltura, mentre in Cina si è assistito a un’enorme heat wave nella regione dello Yangtze, mentre ci sono state stagioni aride importanti in Maghreb e Turchia”. Una collaborazione che non deve limitarsi agli Stati ma che deve estendersi ai settori economici, dall’industria pesante all’agricoltura; “Per varie colture il picco della domanda arriva nello stesso periodo dell’anno: per questo anche in Italia si sta sperimentando una differente tecnica per la gestione dell’acqua, ad esempio nella viticoltura, in modo da evitare la water competition tra gli operatori del settore”. Così due anni fa la Commissione Europea ha lanciato il progetto Edora, implementando un gruppo di ricerca focalizzato su Resilience and Adaptation di fronte ai pericoli derivanti da stagioni secche sempre più prolungate.

Anche per l’acqua c’è insomma bisogno di una nuovo rapporto tra economia e risorse naturali, ha scritto su Nature un gruppo di ricercatori del Potsdam Institute for Climate Impact Research, con la partecipazione dell’economista Mariana Mazzucato. Le stesse caratteristiche del ciclo dell’acqua ne fanno infatti un fenomeno che non tiene conto di confini e frontiere: l’irrigazione in India ha effetto sulle precipitazioni in Cina, così come la deforestazione in Brasile impatta sull’aridità del suolo in Perù. Per questo secondo gli autori “l’acqua dev'essere riclassificata come bene comune globale”, stabilendo leggi internazionali “per proteggere il ciclo dell'acqua per tutte le persone e le generazioni, riconoscendo che le azioni in un determinato luogo avranno impatti in un altro”. Occorre insomma agire, prima che bere un bicchier d’acqua diventi un’impresa.

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012