SCIENZA E RICERCA

Direzione Luna, questa volta per restare

Probabilmente cinquant’anni fa, quando la Nasa si apprestava a portare il primo uomo sulla Luna, si respirava un’aria piuttosto diversa da quella di questi anni. La frenesia, l’eccitazione di quella prima volta assoluta, la consapevolezza di aver compiuto qualcosa di straordinario potranno essere assaporati, di nuovo e forse con la stessa intensità, quando l’uomo calpesterà il suolo marziano. Eppure molte agenzie spaziali, di ogni parte del globo, hanno messo in secondo piano, almeno in apparenza, le missioni verso il pianeta rosso e riportato l’attenzione, budget compresi, verso il nostro satellite. Sono molte le missioni che intendono riportare l’uomo sulla Luna, e quasi tutte sono programmate entro il 2030. In prima linea c’è Artemis, missione che coinvolge Nasa, Esa, Jaxa (Giappone) e Csa (Canada) che conta di portare, con alcuni passaggi intermedi, l’uomo sulla Luna entro il 2024 e, questa volta, anche la donna. Infatti nell’equipaggio è prevista la presenza femminile, non a caso la stessa missione prende in prestito il nome da Artemide, dea della mitologia greca e sorella gemella di Apollo. Forte quindi la connessione con la prima, gloriosa, missione, con l’obiettivo di tornare sulla Luna e, questa volta, di restarci. Infatti lo scopo dichiarato di questo nuovo interesse per il nostro satellite è quello di preparare la strada alla conquista di Marte, per esempio costruendo colonie e stazioni spaziali. Ma non solo. Di cosa attragga l'uomo verso la Luna abbiamo parlato con il professor Carlo Bettanini, docente di dinamica del volo aerospaziale del dipartimento di ingegneria industriale a Padova, e membro del CISAS, Centro di ateneo di studi e attività spaziali.

Intervista al professor Carlo Bettanini, servizio e montaggio di Elisa Speronello

Come sottolinea il professor Carlo Bettanini, docente di dinamica del volo aerospaziale del dipartimento di ingegneria industriale, a Padova, e membro del Centro di ateneo di studi e attività spaziali, “La Luna è più facilmente raggiungibile di Marte, sebbene questo sia più interessante dal punto di vista scientifico e dal punto di vista della possibilità di vita su un pianeta”. Infatti per arrivare sulla Luna ci si impiega tre giorni, quando per Marte sono necessari sei mesi di viaggio, e bisogna prima trovare anche delle particolari finestre orbitali per il lancio, perché non è sempre visibile. L’interesse per la Luna, spiega il professore, passa per la comprensione di come si è formata, ma soprattutto riguarda il cosa può essere trovato, sia dal punto di vista dei materiali, sia dal punto di vista delle possibilità di sfruttamento in loco. L’obiettivo è quello di creare degli avamposti da utilizzare per viaggi interplanetari più lunghi. I benefici di questo riguardano molti fattori, dall’inquinamento luminoso che ostacola le osservazioni del cielo dalla Terra, alla maggiore semplicità di decollo garantita dall’atmosfera lunare. Infatti, come sottolinea Bettanini, “la Luna ha un’atmosfera minima, quindi è più facile partire perché non necessita di quei grandi razzi che partono invece dalla Terra, dove devono vincere la forza di gravità e l’attrito generato dall’atmosfera. Il professore ha parlato anche di Artemis, e dei suoi probabili ritardi dovuti alla situazione di emergenza planetaria che ha interessato tutto il 2020. L’obiettivo finale di Artemis è la creazione di una simil stazione spaziale, chiamata, Lunar Gateway, piazzata in un’orbita halo particolare, pensata per ridurre al minimo i problemi di comunicazione con la Terra.

Prima del nuovo allunaggio dell’uomo e della donna però, continueranno gli sbarchi dei rover. Nei prossimi anni, a partire dal 2021, molti rover e lander vedranno la luce, per esempio come precursori del progetto Artemis. La Nasa pianifica di pagare aziende per condurre esperimenti scientifici e tecnici verso la Luna, mentre l’Esa, la Cina, l’India, Israele, Giappone e Russia sono tra le nazioni che pianificano di mandare della navicelle senza equipaggio nei prossimi cinque anni. Tutti, quindi, si stanno affrettando per andare sulla Luna, ma i primi a farlo saranno i cinesi.

Chang’e-5.

La navicella spaziale della missione Chang’e-5 è decollata martedì 24 novembre dal Wenchang Satellite Launch Center, che si trova sull'isola di Hainan, in Cina. Inizialmente il lancio era programmato per il 2017, ma è stato posticipato a causa di un malfunzionamento del lanciatore spaziale Lunga Marcia 5 (Long March 5). Lo scopo di questa missione è di raccogliere dei campioni di materiale dal suolo lunare e di portarlo sulla Terra. In pratica si tratterebbe, il condizionale per ora rimane un obbligo, della prima roccia lunare raccolta dopo le missioni statunitensi e sovietiche degli anni Sessanta e Settanta. Chang’e-5 è l’ultimo di una serie di complessi viaggi verso la Luna condotti dalla Cnsa (China National Space Administration) e segue il primo atterraggio cinese sul lato più lontano della Luna, ottenuto con la missione Chang’e-4. Per quanto riguarda l’imminente missione, invece, il sito di atterraggio riguarda il lato più vicino, e più precisamente sarà nei pressi del Mons Rümker, un complesso vulcanico alto 1.300 metri che si trova nella parte a nord dell’Oceanus Procellarum, noto anche come Oceano delle Tempeste, una pianura di lava visibile dalla Terra.

La missione cinese è tecnicamente impegnativa, ed è suddivisa in più fasi consecutive, ognuna con dei rischi che potrebbero vanificare l’intera missione. Chang’e-5 include un veicolo di atterraggio (lander), un sistema di lancio (ascender), un modulo orbitante (orbiter) e una capsula di ritorno (returner). Dopo che la navicella spaziale entrerà nell’orbita lunare, il lander e l’ascender si divideranno e atterreranno. Quando la navicella si poggerà, inizierà a trivellare il suolo, quindi estrarrà un braccio robotico per raccogliere circa 2 chilogrammi di materiale dalla superficie. Il materiale sarà conservato nell’ascender per il lancio. Una volta che l’ascender tornerà nell’orbita lunare, i campioni saranno trasferiti nel returner, e questo inizierà il viaggio verso la Terra, fino a paracadutarsi, nei primi giorni di dicembre, nel nord della Cina, in Mongolia. La maggioranza dei campioni sarà conservata all’osservatorio astronomico di Pechino, altri saranno messi da parte per l’esposizione al pubblico. Non è ancora chiaro se qualche campione lascerà il Paese.

Video del lancio della missione Chang'e-5 dal Long March 5 - da Youtube SciNews

Perché studiare le rocce e la polvere della Luna

Può sembrare strano ma le rocce lunari hanno una grande importanza in campo astronomico. Senza dubbio sono importanti per studiare il luogo da cui provengono, capirne la geologia, l’attività vulcanica, l’evoluzione nel tempo. Meno noto è il fatto che fungono da punto di riferimento per la datazione dei pianeti. I pianeti vengono datati seguendo il metodo del conteggio dei crateri. La regola generale prevede che un’area più vecchia contenga un maggior numero di crateri e anche più larghi, mentre le regioni più giovani ne mostrano meno e con delle dimensioni ridotte. Le età relative così ottenute vengono poi rese assolute usando i campioni lunari.  Le rocce lunari a disposizione sono quelle ottenute dalle missioni Usa e sovietiche, le quali suggeriscono che l’attività vulcanica lunare ha raggiunto il suo picco 3,5 miliardi di anni fa, poi è sfumata e si è fermata. Le osservazioni della superficie lunare, però, hanno scoperto regioni che potrebbero contenere lava vulcanica formata più recentemente, tra 1 miliardo e due miliardi di anni fa. Quindi se i campioni che Chang’e-5 porterà sulla Terra confermeranno che la Luna era ancora attiva in quel lasso di tempo, si dovrà riscrivere la storia del nostro satellite e, forse, cambiare la datazione di alcuni corpi celesti.

Intervista al professor Matteo Massironi - Servizio e montaggio di Elisa Speronello

“L’aspetto più interessante della missione a mio avviso”, sottolinea il geologo Matteo Massironi, docente di geologia ed esplorazione dei corpi planetari del dipartimento di Geoscienze dell’università di Padova, “è il sito scelto per l’atterraggio”. Genericamente le missioni lunari prediligono un sito di atterraggio vicino ai poli per via di una probabile presenza di acqua; la scelta di allunaggio in un duomo di lava, quale l’Oceano delle Tempeste, operata dalla CSA, fa trasparire la volontà di comprendere meglio i processi vulcanici. Inoltre il professor Massironi sottolinea l’importanza di poter analizzare dei nuovi campioni lunari, in primis per capire l’evoluzione vulcanica del nostro satellite, ma anche perché se i campioni che saranno portati a Terra dalla missione cinese riguarderanno anche dei frammenti di roccia, di attività piroclastica di tipo esplosivo dei vetri, sarebbe particolarmente interessante poter misurare il tipo di volatili intrappolati. In generale, sottolinea Massironi, è importante poter avere dei campioni da corpi planetari da analizzare sulla Terra, perché con lo sviluppo della tecnologia e dei metodi di analisi in un futuro si potrebbero scoprire cose interessanti, che ancora non conosciamo. 

E poi arrivano gli Emirati Arabi

Un altro Paese che accelera con l’obiettivo di sbarcare sulla Luna sono gli Emirati Arabi uniti. Dopo l’orbiter lanciato su Marte, gli emirati annunciano lo sbarco sulla Luna, entro il 2024, di Rashid, il rover compatto di appena 10 chilogrammi che porta con sé il "peso" delle grandi ambizioni nazionali e scientifiche. Nonostante Rashid, stando alle informazioni rilasciate, avrà un decimo delle dimensioni di Chang’e-4, l’unico rover lunare attualmente attivo, porterà con sé sulla Luna sei strumenti scientifici e quattro telecamere. Gli obiettivi saranno vari: studiare le proprietà termiche della superficie per approfondire la composizione del paesaggio lunare; studiare l’aspetto e le dimensioni delle particelle della polvere lunare, con dettaglio microscopico; studiare il plasma delle particelle cariche che oscillano sulla superficie lunare a causa del vento solare attraverso una sonda di Langmuir, portata per la prima volta assoluta sulla Luna. Questi esperimenti sulla superficie della Luna sono essenziali per capire i processi che portano la polvere ad aderire alle superfici, proprio in vista delle future missioni con equipaggio. Rashid atterrerà in un luogo finora inesplorato, con una latitudine compresa tra i 45 gradi nord o sud dell’equatore del lato più vicino della Luna. La location precisa non è ancora nota, deve ancora essere scelta tra cinque possibili candidate. La scelta del lato più vicino della Luna permetterà di comunicare più facilmente con la Terra e anche un atterraggio in un luogo meno roccioso. Similmente alla missione cinese, la durata sarà di almeno un giorno lunare, ma non si sa ancora con certezza quali saranno le sue mosse una volta allunato, potrebbe viaggiare per centinaia di metri o chilometri, e nemmeno se sarà equipaggiato per sostenere le gelide temperature della lunga notte lunare. Non si conosce nemmeno il budget stanziato per la missione Rashid, ma tutti i dati scientifici saranno resi disponibili alla comunità internazionale. Quello che è probabile, invece, è che Rashid sarà il primo rover creato da imprese private ad sbarcare sulla Luna. Essere piccoli e leggeri porta come beneficio il poter viaggiare su un lander commerciale, riducendo i costi complessivi della missione, ma anche l’essere più veloce da sviluppare. Questo può permettere agli Emirati di lanciare missioni frequenti, coprendo una varietà di location e di obiettivi scientifici.

Video di presentazione della missione Rashid - da Youtube Mohammed Bin Rashid Space Centre MBRSC

Orgoglio nazionale?

L’agenzia spaziale degli Emirati Arabi è nata solo sei anni fa, ma è in forte crescita, aiutata dalla policy di assumere accademici internazionali e partner industriali per costruire e progettare le missioni, ma anche per educare gli ingegneri locali. Sebbene le competenze per satelliti, orbiter e strumenti di telerilevamento siano assodate, sono necessarie nuove skill per una missione di tipo robotico, per costruire la struttura meccanica del rover, i sistemi che lo riscaldano e che assicurino la comunicazione. A questo riguardo sarà impegnativo assicurare lo scambio dei segnali tra rover e Terra, e parliamo di 348.000 chilometri, con la potenza limitata e la lunghezza dell’antenna, per forza di cose ridotta, di un rover leggero. Basandosi sulle precedenti sonde che hanno avuto successo, gli ingegneri stanno modellando e affinando una serie di prototipi veloci. Contrariamente alla missione Hope Mars, la cui maggior parte è stata messa a punto negli Usa da ingegneri statunitensi e arabi, Rashid sarà sviluppato interamente in patria. Se Rashid avrà successo, l’agenzia degli Emirati sarà la quarta a sbarcare sulla superficie lunare con una navicella spaziale, ma la prima del mondo arabo. Il team che sta sviluppando il progetto è al lavoro da due anni e prossimamente assumerà un partner commerciale per portare a termine il lancio e l’atterraggio del rover, ovvero la parte più rischiosa della missione. A questo proposito, va ricordato che non è certo che Rashid arriverà sulla Luna. Finora solo Cina, Russia e Usa hanno fatto atterrare una navicella sulla Luna. Più di 20 lander si sono già schiantati, l’ultimo dei quali è il made in India Chadrayaan-2, nel 2019.

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