Il ministero della Salute. Foto: Alberto Cristofari/Contrasto
«Io sono turbato. Nella nostra comunità c’è un grande disagio», sostiene in un’intervista a La Repubblica l’immunologo Alberto Mantovani, lo scienziato italiano più citato nella letteratura scientifica internazionale nonché presidente della International union of immunological societies (IUIS). E il grande disagio che avverte deriva dalla forte sensazione che nel rapporto tra istituzioni di governo e ricerca conti più la fedeltà politica che il merito scientifico. Mentre, in un’intervista rilasciata di recente a Il Corriere della Sera, Walter Ricciardi sostiene che ad averlo spinto alle dimissioni dalla presidenza dell’Istituto Superiore di Sanità è stato il fatto che molti membri dell’attuale governo esprimono opinioni ascientifiche e addirittura antiscientifiche.
I rapporti tra politica e scienza non sono mai stati facili. Anche se, va ricordato, nella gran parte delle democrazie occidentali, almeno dopo la seconda guerra mondiale, la comunità scientifica è stata cooptata nella classe di governo e le è stata quasi sempre riconosciuta ampia autonomia e la possibilità di autogestirsisulla base del riconoscimento del merito e non dell’appartenenza politica. La cooperazione nel rispetto dei diversi ruoli tra politici e scienziati ha superato il latente conflitto e ha fatto la fortuna di svariati paesi. E non solo tra le democrazie occidentali.
In Italia la libertà di ricerca, che presuppone una larga autonomia della comunità scientifica, è scritta a chiare lettere nella Costituzione. Forse nessun’altra carta fondativa al mondo è più esplicita sull’argomento.
Ciò non ha impedito svariati conflitti tra la comunità scientifica e i governi pro tempore della repubblica, negli ultimi decenni. Ne ricordiamo alcuni: Umberto Veronesi, non senza amarezza, accettò di “inchinarsi con umiltà davanti alla molecola”(la somatostatina) all’epoca del caso Di Bella (1998), quando il governo di allora impose alla comunità scientifica una sperimentazione tanto costosa quanto inutile. Non meno forte è stata l’influenza politica sul più recente caso Stamina: si fu sul punto di avviare una nuova, inutile sperimentazione.
Ma negli ultimi mesi siamo di fronte a un’azione della politica di governo più estesa e sistematica. E le ragioni di disagio, concentrate in pochi mesi, sono le più svariate. Stefano Vella si è dimesso dalla presidenza dell’Agenzia Italiana per il Farmaco (AIFA) perché ha ravvisato un’incompatibilità di fondo tra la sua missione di medico fedele al giuramento di Ippocrate e la politica relativa ai migranti del governo. Roberto Battiston è stato rimosso dalla presidenza dell’Agenzia Spaziale Italiana per motivi che la comunità scientifica ha trovato poco chiari e lineari. Molti hanno considerato una forzatura la nomina di un esponente molto vicino alla Lega alla direzione dell’ISTAT, l’Istituto italiano di statistica.
Ha creato molto rumore e non solo in Italia le dimissioni di Fabiola Gianotti, direttore generale del CERN (il più grande laboratorio scientifico del mondo), di Lamberto Maffei, presidente emerito dell’Accademia dei Lincei, di Lucia Votano, già direttrice del Laboratorio Nazionale del Gran Sasso (il più grande laboratorio sotterraneo di fisica del mondo) e di Aldo Sandulli, un professore di diritto amministrativo, dalla commissione del ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca che ha il compito di proporre al ministro una rosa di candidati adatti alla guida degli Enti pubblici di ricerca. I dimissionari hanno considerato indebite e inaccettabili le insistite richieste del ministro, Marco Bussetti.
Mentre molti nella comunità medica hanno ritenuto ingiustificata – nel senso tecnico del termine, senza alcuna giustificazione – il cambio dei 30 membri non di diritto del Consiglio Superiore di sanità. Un atto ineditoe, appunto, non motivato se non con una generica “voglia di cambiamento”.
Le ultime notizie sulla acquisizione da parte del ministro con la collaborazione di una parlamentare di notizie sulle vere o presunte simpatie politiche di almeno sei membri del Consiglio hanno decisamente aggravato la situazione. Spingendo molte donne e uomini di scienza a provare, come Alberto Mantovani, un visibile disagio.
È la sistematicità dell’azione che sconcerta molti. Vi si ravvisa l’idea di uno spoil system che coinvolge, in maniera sistematica appunto, l’intera costellazione delle istituzioni scientifiche e tecniche del paese. Un’azione del tutto inedita nei paesi democratici più avanzati.
La sistematicità e la qualità dell’azione genera nella comunità scientifica il timore che sul merito prevalga, come teme Alberto Mantovani, la fedeltà politica. E, ancora, a comporre un combinato disposto difficile da accettare da parte del mondo della ricerca, una serie di dichiarazioni (si veda il caso vaccini) ascientifiche se non addirittura antiscientifiche da parte di molti autorevoli esponenti del governo.
Eccoci, dunque, al punto. Se queste sensazioni di disagio sono frutto solo di casualità e non di una programmata volontà, allora il governo dovrebbe intervenire con parole e soprattutto a rassicurare la comunità scientifica. E il paese.
Già, perché la libera scienza è una condizione essenziale tanto per la democrazia quanto per l’economia di un paese. Qualcuno sostiene, non a torto, che è la fonte primaria della ricchezza di una nazione. Economica e civile.