SCIENZA E RICERCA

Durante la pandemia sono aumentati gli arresti cardiaci in casa

Da più di due mesi quotidianamente siamo attenti a leggere i dati riguardanti il COVID-19: mortalità, numero di ospedalizzati, numero di guariti, numero di tamponi effettuati. Dati che però abbiamo anche imparato a prendere con le pinze. Un dato che però non è ancora chiaro, è quello delle conseguenze sanitarie indirette di questa pandemia.

Uno studio pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet, analizza l'incidenza e gli esiti dell'arresto cardiaco extraospedaliero (OHCA) in una specifica regione urbana durante la pandemia, rispetto ai periodi non pandemici. Lo studio si concentra nel periodo di 6 settimane durante la pandemia, negli abitanti adulti dell'area di Parigi e dei suoi sobborghi. 

Nell’area metropolitana della Grande Parigi, una zona che ha al suo interno più di 7 milioni di persone, nel periodo pandemico sono stati identificati 521 arresti cardiaci extraospedalieri, che significano un tasso di 26,6 arresti cardiaci per milione di abitanti. Prendendo in considerazione lo stesso periodo tra il 2012 e il 2019, la percentuale è stata di 13,4 arresti cardiaci per milione di abitanti. 

Analizzando i numeri nel dettaglio vediamo come complessivamente sono stati riscontrati 30.768 casi di arresto cardiaco avvenuti nell’area di Parigi  dal 15 maggio 2011 al 26 aprile 2020. L'età media dei pazienti era di 68,4 anni e 19.002, cioè più del 61%, erano uomini. L'OHCA si è verificato in casa in 23.282 casi, mentre in luoghi pubblici in 7.334 casi. 

Un aumento significativo di arresti cardiaci extraospedalieri è avvenuto nei dipartimenti con una bassa densità di strutture mediche

Concentrandosi invece sui dati riscontrati durante la pandemia si nota che un aumento significativo di arresti cardiaci extraospedalieri è avvenuto nei dipartimenti con una bassa densità di strutture mediche, rispetto a quelli con un'alta densità di strutture mediche.

Le caratteristiche delle persone colpite da arresto cardiaco durante la pandemia sostanzialmente sarebbero rimaste invariate, con un’età media di circa 69 anni e con un’alta percentuale di uomini.

 

Ciò che è mutato però, com’era facile da prevedere durante il periodo di costrizione nelle proprie abitazioni, è il luogo dove sono stati riscontrati gli arresti cardiaci. Oltre il 90% di questi episodi infatti, è avvenuto in casa ed il tasso di sopravvivenza si è quasi dimezzato rispetto al periodo precedente.

Mentre dal 2012 al 2019 il 22,8% delle persone con arresto cardiaco extraospedaliero era vivo al momento dell’ingresso in ospedale, durante le settimane di pandemia la percentuale si è ridotta al 12,8%. I motivi possono essere ricondotti alla mancanza di competenza di primo soccorso in famiglia ed ai tempi più dilatati del soccorso ospedaliero a causa della complessa gestione ospedaliera durante la pandemia.

È quindi possibile che alcuni degli OHCA osservati durante la pandemia siano in realtà decessi respiratori tra i pazienti con COVID-19 che non sono stati ricoverati in ospedale.

L’aumento degli arresti cardiaci, riporta The Lancet, può anche essere in parte correlato direttamente alle infezioni da COVID-19, ma sono probabili effetti indiretti associati al blocco e all'adeguamento dei servizi sanitari alla pandemia. 

Con il lockdown e le conseguenti restrizioni di movimento alcuni pazienti potrebbero aver avuto difficoltà a contattare il proprio medico o riluttanza al presentarsi negli ospedali. In alcuni casi inoltre per i primi mesi della pandemia le visite mediche non strettamente necessarie sono state interrotte per favorire la riorganizzazione ospedaliera che era sotto stress a causa del continuo arrivo di contagiati da COVID-19.

The Lancet inoltre, riporta anche come l'effetto di un aumento dello stress psicologico durante una pandemia, causato dalla paura, dalla limitazione dei movimenti e dal dolore a causa della perdita di persone care, può aver anche innescato attacchi cardiaci o aritmie.

Quando si parla di mortalità e salute pubblica quindi, anche questi sono fattori che dovrebbero essere presi in considerazione.

POTREBBE INTERESSARTI

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012