In questi giorni molti commentatori hanno notato con toni negativi che la comunità scientifica, in particolare i virologi, si è espressa in modo contradditorio con diverse correnti di pensiero. Per i commentatori le fazioni dei “pessimisti” e degli “ottimisti” rispetto alla pandemia di Covid-19.
Siamo di fronte a un caso classico di comunicazione della scienza in cui diverse voci si esprimono o litigano con tesi contrapposte. Di per sé non ci sarebbe nulla di male: è un mettere in scena, in modo trasparente, il fatto che la scienza si nutre di dibattiti, di controversie a volte aspre in cui ci si mette in discussione. Così nasce l’impresa scientifica.
D’altra parte c’è un problema: qual è l’effetto sul pubblico di mettere in scena queste divisioni? Può essere pericoloso, perché si rischia di disorientare le persone che cercano nella scienza idee precise e orientamenti decisi. Nei casi peggiori questo disorientamento può diventare vera e propria sfiducia. Come se ne esce? In Italia manca una voce unica della comunità scientifica (autorevole, terza e istituzionale) come invece è presente in altri Paesi, europei e non. Qualcuno a cui rivolgersi dando indicazioni e orientamenti.