CULTURA

La fabbrica del Rinascimento: Palladio, Veronese, Bassano e Vittoria

Andrea Palladio, Paolo Veronese e Jacopo Bassano, Alessandro Vittoria. Un architetto, due pittori e uno scultore, nella Vicenza di metà Cinquecento, accomunati dalla passione per l’arte nuova nutrita dall’Antico, nata con Michelangelo e Raffaello a Roma. Nel Rinascimento la loro presenza, il loro pensiero e la loro attività animano la cultura della piccola ma assai vivace città veneta, già florido centro europeo per la produzione e il commercio della seta.

Una mostra, allestita in Basilica palladiana a Vicenza (fino al 18 aprile 2022), svela cinquant'anni d'arte - dal 1550 alla fine del secolo -, esplorando i processi creativi, attivati per la realizzazione delle opere (con bozzetti, modelletti, repliche autografe, passando per una bottega d’artista), i meccanismi della produzione e infine il mercato, con un focus, tanto insolito quanto interessante, dedicato al costo dei progetti per la costruzione della Basilica stessa - i progetti di Sansovino, Serlio, Sanmicheli, Romano, Palladio nel concorso per le logge, per esempio, e ancora il prezzo di acquisto della Rotonda o le quattro campate di Palazzo Chiericati -, e al valore dell'arte con i prezzi delle opere esposte paragonati agli oggetti della vita quotidiana dell'epoca (e agli animali, maiali per la precisione).

Nel corso della presentazione Guido Beltramini, curatore con Davide Gasparotto e Mattia Vinco, li ha definiti "i ragazzi terribili": quattro artisti capaci di scardinare i modelli tradizionali dominanti a Venezia per illuminare e animare una nuova scena, facendo dialogare architettura, pittura e scultura.

"Il volto di Vicenza e del suo territorio viene profondamente trasformato dagli interventi di Palladio e dall’attività dei suoi amici e sodali, in molte occasioni Alessandro Vittoria e Paolo Veronese, nonché dal singolare percorso di un artista solo apparentemente “provinciale” quale Jacopo Bassano - scrive Beltramini nel saggio contenuto nel catalogo della mostra -. È il risultato di un momento in cui l’arte veneta viene investita dall’impatto della Maniera centro-italiana, con la diffusione delle novità scaturite nel cantiere di Palazzo Te diretto da Giulio Romano a Mantova prima, e poi con l’approdo in Laguna di Giovanni da Udine, Francesco Salviati e Giorgio Vasari, e ancora con il progressivo affermarsi del linguaggio sofisticato di Parmigianino* di lì a poco. La compresenza a Vicenza di queste personalità di grande rilievo fa della città berica un osservatorio privilegiato che ha consentito di ideare una mostra nella quale si è cercato di affrontare in modo sinottico il lavoro di architetti, pittori e scultori, recuperando così, nel solco dell’esposizione londinese The Genius of Venice 1500-1600 del 1983-1984, quell’unità storica che solo la specializzazione delle discipline (e delle rispettive bibliografie) porta a separare".

*In mostra anche un piccolo capolavoro firmato dal sopraccitato Parmigianino, la Sacra Famiglia con due santi (1520-1524 ca), capace di infondere una profonda tenerezza, concentrandosi sull'abbraccio tra la Madonna e Gesù Bambino. Si tratta di un disegno preparatorio per un dipinto perduto, conservato nel Cinquecento nella collezioni Giusti a Verona, modello per la formazione di Paolo Veronese e la successiva realizzazione della sua Madonna col Bambino tra i santi Caterina d'Alessandria e Pietro (1550 ca), anch'essa, ora, esposta in Basilica Palladiana.

Non si conosce l'origine dei rapporti tra i quattro artisti, ma è indiscutibile il loro sodalizio e l'amicizia coltivata nell'ambiente vicentino. Palladio è il più anziano: ha sette anni più di Bassano, diciassette più di Vittoria e venti più di Veronese. Alessandro Vittoria si forma a Trento, negli anni in cui lo scultore più noto in città è Vincenzo Grandi, padrino di battesimo dello stesso Palladio. Paolo Veronese nasce in una famiglia di lapicidi, e come Palladio lavora in cantiere da giovanissimo: prima della passione per la pittura, in lui vi è quella per i marmi (evidente ne L’unzione di Davide, 1550-1552, in mostra e proveniente dal Kunthistorisches Museum di Vienna). Vittoria e Veronese arrivano a Vicenza a metà Cinquecento, coinvolti in cantieri palladiani: il primo è a palazzo Thiene, il secondo a palazzo Porto. Questo è solo l'inizio: le loro vite e la loro arte si intrecciano e dialogano per lungo tempo, creando un pensiero nuovo, segnando un territorio, attraversando un'epoca.

"Le mostre sono il racconto di una ricerca. Solo così diventano interessanti", spiega Beltramini. In questo senso La fabbrica del Rinascimento. Processi creativi, mercato e produzione a Vicenza si offre come un racconto ricco di dettagli, sfumature, personaggi e luoghi: sono oltre 80 le opere esposte, provenienti da musei nazionali e internazionali quali il Louvre di Parigi, il Prado di Madrid, il Kunsthistorisches Museum di Vienna, il Fitzwilliam Museum di Cambridge, le collezioni di Birmingham Museums Trust, le Gallerie degli Uffizi di Firenze, i Musei Vaticani, la Galleria Borghese.

Altri prestiti giungono dai vicini Musei civici di Bassano del Grappa e dal Museo di Palazzo Chiericati di Vicenza, dal Museo di San Marco di Venezia. E alcune opere arrivano anche da Padova: per esempio, del Museo Diocesano di Padova sono i Due episodi del martirio di San Daniele di Tiziano Aspetti, 1592-1593, alla Biblioteca universitaria appartengono I discorsi di m. Pietro Andrea Matthioli medico sanese, ne I sei libri della materia medicinale di Pedacio Dioscoride Anazarbeo, Con i veri ritratti delle piante & de gli animali... di Pietro Andrea Mattioli, libro illustrato che ritroveremo più avanti, parlando del valore delle opere, perché valutato 6 troni e 3 marchetti, ovvero solo mezzo maiale. Dal Museo di Scienze archeologiche e d'arte del dipartimento dei Beni culturali dell'ateneo padovano giunge la Coppia di crateri a campana (1540-1550), dal Museo d'arte medievale e moderna il Busto ritratto di Orsatto Giustiniani (1570 ca) di Alessandro Vittoria.

Processi creativi, bozzetti e repliche autografe

"Vi proponiamo di entrare dentro le opere - commenta Guido Beltramini -, per capirne i meccanismi della creazione e provare a trovare risposta alla domanda: come è stato fatto? Accanto alle opere finite sono esposti libri, bozzetti, disegni. Questo permette di rivelare il momento in cui l'idea esce dalla testa dell'artista". Bassano si concentrava sulle singole figure, realizzando schizzi come istantanee iniziando a usare il colore per avvicinarsi al dipinto finale. Per Veronese contava la composizione delle figure e per questo lavorava sulle alternative, posizionandole una accanto all'altra. Un approccio, questo, simile a quello di Palladio.

Veronese, inoltre, sfrutta il modelletto (per Giuditta e Oloferne, in mostra), una versione minuscola dell'opera grandiosa, perfetta in quasi tutti i dettagli. Vittoria realizza un modelletto in terracotta come guida per la realizzazione di una statua in pietra per la Rotonda e un bozzetto della testina di Apollonio Massa, realizzato "live" di fronte al committente, come promemoria visivo ora offerto al visitatore della mostra vicentina. Durante il suo soggiorno a Venezia, restando a stretto contatto con Vittoria e Veronese, Palladio realizza disegni di grande impatto visivo che trasformano alcuni edifici della città, processo creativo che si offre come manifesto di un nuovo modo di concepire l'architettura.

"Nessun artista del Rinascimento si sognava di non replicare opere di successo: non esistevano opere uniche e irripetibili". Per gestire committenze e finalità diverse, le opere potevano essere riprodotte. Ecco allora che l'Adorazione dei Magi proveniente dal Kunsthistorisches Museum di Vienna dialoga con l'Adorazione dei Magi delle collezioni Birmingham Museums Trust. Olio su tela, stesso periodo (1556-1557 ca), stesso autore, solo qualche dettaglio le rende diverse, come l'alberello al centro e la mancata raffigurazione dei piedi della Vergine nella versione di Birmingham, la larghezza ridotta e la luce grigio argentea nella versione viennese, calda invece nell'altra (a indicare stagioni differenti, l'autunno e l'estate). I due dipinti sono concepiti da Jacopo Bassano come repliche autografe di un'invenzione di successo.

Il valore delle opere si misura in "maiali mezanotti"

"Già so che questa verrà ricordata come la mostra dei maialini", scherza Beltramini. La seconda parte dell'esposizione è dedicata al valore delle opere. Base della contabilità vicentina durante il Cinquecento è una moneta di conto (virtuale): si tratta del trono, composto da 20 marchetti e ogni marchetto, a sua volta, da 12 denari; 6 troni e 4 marchetti fanno un ducato. All'epoca circolavano scudi d’oro, mocenighi, ongari, zecchini d’oro: la moneta di conto facilitava la tenuta contabile fra le tante monete coniate, ognuna con valore intrinseco diverso. Per ottenere un indice unificato di tutte le monete utilizzate al tempo, spiega Il curatore, si è scelto di prendere come riferimento un prodotto ad alta consumo, "il maiale mezanotto, ovvero medio, né troppo piccolo né troppo grande, che costava intorno ai 3 ducati, sistemando la sua icona accanto alle opere". Una scelta, questa, che permette al visitatore di attuare facilmente un confronto e farsi un'idea del costo delle opere. Il valore delle opere d’arte è dunque espresso in numero di maiali.

Si diceva, qualche riga sopra, il libro illustrato di Pietro Andrea Mattioli aveva un valore bassissimo: 9 troni e 15 marchetti, mezzo maiale mezanotto. Ma quel che lascia senza parole è il valore attribuito a un'opera che oggi viene ammirata al Louvre di Parigi: nel Cinquecento il dipinto di Jacopo Bassano Ritratto di due cani legati a un tronco (1548-1550 ca) valeva 15 lire, 4/5 di un maiale, solo il doppio di un paio di guanti maschili e oltre settecento volte meno della croce di cristallo di rocca inciso, realizzata da Valerio Belli per papa Clemente VII (in prestito dai Musei Vaticani) del valore di 1000 ducati, ovvero 333,3 maiali. I due rilievi bronzei che raffigurano Due episodi del martirio di San Daniele realizzati da Tiziano Aspetti tra il 1592 e il 1593 valevano 250 scudi, ovvero 90,7 maiaili, superato dal valore di un busto antico intatto di ignoto del II sec. d.C. pari a 300 ducati, 100 maiali (in prestito dal Staatliche Antikensammlungen und Glyptothek di Monaco di Baviera). "La pittura non monumentale è al fondo della scala dell’arte, meno costosa dei ritratti in marmo o degli arazzi - si legge nel saggio di Beltramini contenuto nel catalogo della mostra - mentre la rarità delle opere antiche moltiplica il loro valore, tanto da generare un fiorente mercato di falsi [...] sono i marmi greci e romani a costituire il vero oggetto di desiderio dei collezionisti".


La Fabbrica del Rinascimento. Processi creativi, mercato e produzione a Vicenza
Palladio, Veronese, Bassano, Vittoria

Basilica palladiana, Vicenza, 11 dicembre 2021 – 18 aprile 2022

Curatela: Guido Beltramini è direttore del Centro Internazionale di studi di architettura Andrea Palladio, Davide Gasparotto è Senior Curator of Paintings del J. Paul Getty Museum di Los Angeles, Mattia Vinco è ricercatore di Storia dell’arte moderna all’università di Trento. 

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