SOCIETÀ

Formazione? Due “master”: Livia e Andrea

Uno dei primi colloqui di lavoro che sostenni appena laureata fu in uno studio notarile, ormai anni or sono. L’incontro con il responsabile ebbe esito positivo, mi parve. “Per me può cominciare. Un’ultima cosa. Pensa di avere figli nei prossimi due, tre anni?”. Alla fine, scelsi di non accettare l’impiego. La genitorialità, la maternità soprattutto, in ambiente lavorativo costituisce spesso un problema. Eppure, c’è chi crede fermamente che sulla maternità si debba investire. Altrimenti “che alternativa abbiamo?”. A sostenerlo è Riccarda Zezza, imprenditrice e ideatrice di Maam – Maternity as a Master, a Padova venerdì 8 marzo in occasione della Giornata internazionale della donna.

“Non investire sulla maternità ci porta ad avere tre ordini di problemi – argomenta –. Esiste innanzitutto una correlazione diretta tra occupazione femminile e natalità. Il fatto che le donne non tornino a lavoro dopo la maternità è un problema di carattere economico e sociale e in Italia abbiamo la più alta percentuale di famiglie monoreddito d’Europa. In secondo luogo, esiste una correlazione positiva anche tra occupazione femminile e tasso di fertilità: donne che non lavorano non fanno figli. Dunque, investire sulla maternità vuol dire anche dare una spinta all’occupazione femminile. Infine, non saper gestire la maternità è il segnale di un’incapacità di gestione della vita nel suo complesso che ormai è entrata a pieno titolo nel mondo del lavoro”.

Riccarda Zezza, Ceo della startup Life Based Value, nel 2014 scrive un libro a quattro mani con Andrea Vitullo, Maam – la maternità è un master che rende più forti uomini e donne. Il titolo lascia già intravedere un cambio di paradigma sul rapporto tra maternità e lavoro: si propone un percorso di cambiamento in cui le competenze genitoriali diventano la base per costruire pratiche di leadership. Le aziende si dimostrano sensibili e chiedono di poter mettere in pratica il metodo Maam: si comincia con la formazione in aula, per poi passare a un programma di formazione digitale accessibile ovunque. L’intuizione, brillante, è di proporre un nuovo modo di intendere la maternità (e la paternità): non più come un ostacolo al percorso lavorativo, ma come un momento in cui si sviluppano naturalmente competenze e soft skill che, riportate in azienda, si traducono in una maggiore efficienza e produttività. La maternità, dunque, e la paternità diventano una sorta di master per apprendere competenze utili alla propria crescita professionale.

"Numerosi studi nel campo delle neuroscienze -  spiega Elisa Vimercati, responsabile ricerca e sviluppo per Maam - dimostrano che l’attività di cura che padri e madri svolgono nei confronti dei figli provoca cambiamenti a livello cerebrale". Avviene una sorta di ricablaggio delle connessioni neurali e, per questo, l’attività intensa di cura può essere considerata una sorta di palestra di sviluppo cerebrale. Inoltre le ricerche nell’ambito delle scienze comportamentali, in particolare il filone di ricerche che si occupa della role accumulation (accumulo dei ruoli), rivelano che avere più ruoli genera un arricchimento a livello di risorse personali e porta benefici a livello psicologico e fisico: ricerche recenti sembrano dimostrare addirittura che chi ha più ruoli abbia un maggiore senso del valore di sé e adotti comportamenti più virtuosi a livello  di prevenzione.

Le indagini condotte sul campo dal team di Maam attraverso interviste e sondaggi a donne e uomini lavoratori, madri e donne manager, confermano i dati della letteratura scientifica: l’esperienza della genitorialità, che esige di assumere più ruoli contemporaneamente, rappresenta una forte occasione di cambiamento e di sviluppo di competenze, di soft skill. Si tratta di competenze relazionali come l'empatia, l'ascolto, la comunicazione e la creazione di alleanze, ma anche capacità di delega, di gestione del tempo e delle priorità, di prendere decisioni o di risolvere problemi complessi.

“Questo insieme di abilità – spiega Elisa Vimercati – viene allenato da un’esperienza intensa come quella della genitorialità, con un miglioramento in tutti i campi. Se andiamo a monitorare le soft skill prima e dopo l’esperienza genitoriale, prima e dopo Maam, si noterà una media di miglioramento dell’11% di tutte le competenze. La capacità di delegare, nello specifico, migliora del 35%, e la capacità di gestione del tempo del 31%”. E le aziende hanno iniziato a dimostrarsi sensibili a questi aspetti.

Le imprese che sposano iniziative come Maam – tra cui Enel, Barilla, Coca Cola, Lavazza, Poste italiane – in genere vogliono rispondere a esigenze che riguardano la genitorialità e la gestione e incentivazione delle carriere femminili, ma non solo. Considerano questo tipo di formazione come uno strumento di welfare, un beneficio a vantaggio dei dipendenti, una occasione di sviluppo professionale e delle soft skill. Lo reputano, più in generale, un progetto culturale di impatto sociale per cambiare il punto di vista sulla genitorialità. Vogliono conoscere meglio la propria popolazione aziendale, in un modo inedito, per poter valorizzare di più i dipendenti e renderli più vicini all’azienda.

In Italia il gap di genere in ambito professionale è particolarmente evidente. “L’Italia – osserva Riccarda Zezza – continua a perdere posizioni a livello mondiale nella partecipazione economica delle donne. Finora non si sono visti segnali di forte intenzione politica di cambiamento. Viene considerato un tema non prioritario, invece lo è perché un Paese che non utilizza bene metà delle sue risorse ha un problema. Non è la conoscenza che manca, il nostro Paese ha tutto ciò che serve per operare un cambiamento. Occorre però un investimento che abbia un termine temporale ampio, in cui i risultati si vedranno nei prossimi 30-50 anni”. L’imprenditrice conclude con un auspicio. Recentemente si è cominciato a parlare di paternità, coinvolgendo dunque il pubblico maschile che ha oggettivamente più potere. Si tratta di un coinvolgimento necessario e interessante, secondo Zezza, in cui gli uomini dovrebbero immaginare un modello di paternità nuovo, perché questo renderebbe più semplice pensare anche una maternità diversa. 

Oltre all’incontro con Riccarda Zezza, in occasione della giornata internazionale della donna sono molte le iniziative che si svolgono all’università di Padova per un 8 marzo diffuso. Nei vari dipartimenti dell’ateneo si propongono incontri e dibattiti aperti alla cittadinanza per riflettere sulla parità di genere e sulla mobilitazione globale dei movimenti delle donne contro la violenza e i diritti violati.

Non è la conoscenza che manca, il nostro Paese ha tutto ciò che serve per operare un cambiamento Riccarda Zezza

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