CULTURA

La fragilità e la grandezza

“Stava ritto tutto armato a prua della sua galera, con davanti lo stendardo di San Marco, ordinando a gran voce ai marinai di portarlo prestamente a terra, o li avrebbe puniti a dovere; sicché quelli approdarono subito, e sbarcarono con lo stendardo. Tutti i veneziani seguirono il suo esempio: quelli che stavano nei trasporti dei cavalli uscirono all’aperto, e quelli delle navi grandi salirono sulle barche e presero terra come meglio poterono”, così Goffredo di Villehardouin descrive Enrico Dandolo, consegnandolo alla leggenda. Diventato doge di Venezia a 85 anni, nel 1192, conduce la propria flotta alla conquista di Costantinopoli, a 92 anni, guidando fisicamente l’assalto: nel 1204, Dandolo non è “solo” molto anziano, è anche cieco. Muore a Costantinopoli, a 98 anni, per la necrosi conseguente a un’ernia inguinale. La sua tomba viene sistemata nella galleria del matroneo della basilica di Santa Sofia, è il primo e ultimo uomo a ricevere un simile privilegio. Nel 1453, quando i turchi conquistano la città, viene rimossa.

Questa è solo una delle tante e straordinarie storie raccontate in Potere H. I disabili che hanno fatto la storia (Il prato) da Roberto Zucchi, giornalista ed ex caporedattore centrale de Il Gazzettino, paraplegico dal 1983 a causa di un incidente motociclistico. Al lettore, che si accinge a entrare in queste vite straordinarie, l’autore dà il benvenuto spiegando l’origine e le intenzioni del suo libro: “Il concetto ispiratore di queste pagine è semplice: raccontare brevemente le vite di disabili che hanno fatto la Storia con la maiuscola, quella che resta scolpita negli annali o nell’immaginario collettivo. Tranne alcune motivate eccezioni, non scriverò quindi di quelli che hanno battuto record o dimostrato che anche noi ce la possiamo fare, ma di disabili che si sono dimostrati bravi in assoluto – anzi, molto bravi – nelle rispettive discipline o arti. Attenzione: milioni di disabili (e le rispettive famiglie) compiono ogni giorno sforzi eccezionali per vivere normalmente – un diritto peraltro sancito anche dalle Nazioni Unite – ma, a questa battaglia quotidiana, le donne e gli uomini che incontreremo hanno aggiunto il loro genio specifico. Volontà di acciaio coniugata a creatività, intelligenza, coraggio, perseveranza e passione, ma anche brama di potere e perfino violenza: scopriremo nella quasi totalità dei casi personalità eccezionali, tanto da non poter stilare una classifica, che lasciamo semmai alla sensibilità personale del lettore […] Infine, la domanda da cento pistole: perché questo libro? Perché non c’era, sarebbe la risposta più facile. Oppure per una sana rivalsa del tipo facciamola vedere ai normali che senza di noi la Storia sarebbe piena di buchi. Presuntuosamente, spero qualcosa in più. Cioè che dall’esempio di tante vite eccezionali, almeno un lettore – disabile o meno – riceva lo spunto per migliorare la propria”. Il titolo scelto per questo articolo mi riporta istintivamente a due immagini: quella di Papa Giovanni Paolo II, consumato dalla sofferenza del Parkinson negli ultimi anni della sua vita, e quella del pianista David Helfgott, o meglio, nel mio immaginario, a quella dell'attore che lo interpretò nel film Shine, Geoffrey Rush, che per quel ruolo, nel 1997, vinse l'Oscar come migliore attore protagonista. Sono i primi due volti che riesco ad associare a La fragilità e la grandezza. Le loro storie non sono contenute nel libro di Zucchi, ma pagina dopo pagina l'autore ci svela altre esistenze che vale la pena (ri)scoprire.

Essere cieco non è triste; essere cieco e non essere capace di sopportare la cecità è triste John Milton

Da Omero che, nonostante fosse cieco, “dicevano scrivesse e recitasse a memoria: la bellezza di 48 libri in esametri dattilici”, a John Milton (1608-1674) che, diventato anch'egli cieco, conclude il suo poema epico, in dieci libri scritto in versi sciolti, Paradise lost, dettandolo a un amanuense e assume un buon numero di segretari-accompagnatori a cui affida i suoi pensieri, "come aveva visto fare a Galileo Galilei, già cieco, quando, in Italia, era andato a trovarlo nella villa-prigione di Arcetri". Un secolo dopo Milton: il matematico svizzero Leonhard Euler (Eulero), nato a Basilea nel 1707. Scrive Zucchi: "Ha firmato complessivamente 886 pubblicazioni [...] E ha introdotto gran parte della simbologia matematica tuttora in uso [...] Ebbene, Eulero ha prodotto metà dei suoi lavori dopo essere divenuto cieco, negli ultimi diciassette anni di vita".

Non sono malata. Sono rotta. Ma sono felice, fintanto che potrò dipingere Frida Kahlo

E ancora, Francisco Goya, diventato sordo dopo essere stato colpito da una misteriosa malattia che nel 1792, durante il suo soggiorno a casa di un amico a Siviglia, in Spagna, lo costringe a letto, semiparalizzato, in preda a emicranie, disturbi visivi e vertigini e, infine, lo porta a non sentire più; Ludwig Van Beethoven, “il più geniale compositore della storia della musica […] con l’handicap in assoluto più crudele per un musicista, la perdita dell’udito”, Joseph Pulitzer, a cui è dedicato il premio giornalistico più prestigioso al mondo e che, a poco più di 40 anni, perde completamente la vista in seguito alla rottura di un vaso sanguigno in un occhio e al progressivo distacco delle retine, la scrittrice e attivista Helen Keller, prima donna sordo-cieca al mondo a laurearsi magna cum laude in arte, che, a diciannove mesi, viene colpita da meningite acuta, perde vista e udito e la cui storia è stata raccontata, insieme a quella della sua istitutrice ipovedente e amica Anne Sullivan, nel film Anna dei miracoli. Colui che diventerà il 32esimo Presidente degli Stati Uniti d’America, simbolo del New Deal, Franklin Delano Roosevelt, viene colpito a 39 anni da una paralisi degli arti inferiori causata da poliomielite e, nonostante la disabilità, continua l'ascesa politica, facendosi costruire “un’intelaiatura di acciaio su misura, dalle scarpe alla pancia, che nasconde sotto i vestiti e che gli permette di mettersi in piedi e muoversi aiutato da qualcuno o da un bastone”; mentre la vicenda umana e artistica, con la progressiva perdita della vista, di Jorge Luis Borges (1899-1986), e quel suo "mondo fatto di nebbiolina" diventata infine buio totale, ricorda quella di John Milton: "Anche lui, come Milton, - scrive Zucchi - sostiene il contrappasso cecità-vista interiore ("Chi può conoscere meglio se stesso, se non un cieco?") e il corollario vista interiore uguale capacità narrativa: "Ho sempre sentito che il mio destino era, anzitutto, un destino letterario... Uno scrittore, o meglio ogni uomo, deve pensare che tutto ciò che gli succede è uno strumento; tutte le cose gli sono state date per un fine e questo deve essere più forte nel caso di un artista" ".

Vite attraversate da successi e sofferenze, volontà di ferro e sfide quotidiane. Esistenze rivoluzionarie che hanno segnato la storia del mondo, come quella della pittrice Frida Kahlo, di Thomas Edison, Alicia Alonso, Ray Charles, Cassius Clay, il leggendario pugile Muhammad Alì, che nel 1964, a 22 anni, è il più giovane campione del mondo della storia dei massimi e nel 1984 viene colpito dal morbo di Parkinson; lo scrittore e pittore irlandese Christy Brown, affetto da paralisi cerebrale, che dipinge con il piede, unico arto che riesce a controllare, e il matematico John Nash, premio Nobel per l’Economia nel 1994, costretto a convivere con la schizofrenia, due storie, queste ultime, raccontate rispettivamente nei film Il mio piede sinistro di Jim Sheridan, con Daniel Day Lewispremio Oscar nel 1990, e A beautiful mind di Ron Howard, vincitore di quattro Oscar nel 2001. E ancora, Stephen Hawking, probabilmente lo scienziato più famoso al mondo, il quale, proprio riflettendo sulla sua fama e dimostrando una buona dose di autoironia, dichiarava: “Per i miei colleghi sono semplicemente un fisico come un altro, ma per il pubblico più vasto sono forse diventato lo scienziato più famoso del mondo. Ciò è dovuto in parte al fatto che io corrispondo allo stereotipo del genio disabile. Non posso camuffarmi con una parrucca e degli occhiali scuri: la sedia a rotelle mi tradisce". Hawking si è sempre impegnato per i diritti dei disabili, cercando di dare il proprio contributo in termini di motivazione, autostima e coraggio: "Concentratevi sulle cose che la vostra malattia non intacca e non rimpiangete quelle con cui interferisce. Non siate disabili nello spirito così come lo siete nel corpo". 

"Non ho mai pensato che essere cieco sia uno svantaggio", ha detto Stevie Wonder, vincitore di 25 Grammy e di un Oscar, nel 1985, per la miglior canzone, I just called to say I love you, per il film La signora in rosso. "Quando mi sono svegliato in ospedale, ho guardato la metà di me che restava, non quella che mancava”: ha spiegato Alex Zanardi, pilota automobilistico, vittima nel 2001, in Germania, di un terribile incidente in seguito al quale ha perso entrambe le gambe. Una frase che riassume il senso di questa breve riflessione, trasformandola in un messaggio che diventa filosofia di vita.

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