SOCIETÀ

La guerra poco "royal" del Regno Unito contro i migranti

Il governo del Regno Unito sta per lanciare un’offensiva senza precedenti contro i migranti illegali, che potrebbe portare il paese al di fuori dei confini della legge internazionale. Entro “alcune settimane” Downing Street dovrebbe definire i dettagli di una nuova legislazione sull’immigrazione che, secondo quanto riferisce il Times, sarà «la più draconiana mai vista in questo paese». Certo, è questione di coerenza: il primo ministro Rishi Sunak, appena il mese scorso, aveva indicato come una delle “priorità assolute” del suo governo lo stop alle piccole imbarcazioni cariche di adulti e bambini che attraversano la Manica. E già l’ex premier Boris Johnson, sempre Tory, aveva impresso sull’argomento una svolta tanto controversa quanto epocale lo scorso anno, quando firmò un accordo con il Ruanda per “esternalizzare” le richieste di domande d’asilo degli immigrati. Come dire: tu metti piede nel Regno Unito e chiedi asilo, io ti metto immediatamente su un aereo e la tua domanda sarà valutata in Ruanda, in Africa orientale, a oltre 6mila km di distanza. Se sarà accolta (qualora sia accertata la fuga da persecuzioni o danni gravi nel proprio paese, come stabilito dalla Convenzione di Ginevra del 1951), potrai restare lì, o al massimo chiedere di essere trasferito in un “paese terzo” sicuro. Se respinta, dovrai tornare nel tuo paese d’origine. «Sono convinto che questa eccitante partnership con il Ruanda diventerà un nuovo standard internazionale», dichiarò con enfasi l’allora premier, che sperava di togliersi dagli impacci che lo portarono, pochi mesi dopo, a lasciare l’incarico. Ne seguì, com’era prevedibile, un putiferio legale e una pioggia di ricorsi, che portò infine la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo (CEDU) a bloccare a poche ore dal decollo, nel giugno dello scorso anno, il primo volo diretto in Ruanda. «Il piano liberticida di esternalizzare le procedure d’asilo del Regno Unito è stato – per ora – bloccato», scrisse all’epoca la rivista Focus on Africa.

Rishi Sunak contro tutti

“Per ora”, appunto. Perché la partita è ancora tutta da giocare. Lo scorso dicembre l’Alta Corte di Londra aveva dichiarato “legittimo” il piano del governo per inviare richiedenti asilo in Ruanda: «Il trasferimento dei richiedenti asilo in Ruanda è coerente con la Convenzione sui rifugiati e con gli obblighi statutari e altri obblighi legali del governo, incluso l’obbligo imposto dalla legge sui diritti umani del 1998», avevano sentenziato i giudici britannici. Una vittoria, pur parziale, per Rishi Sunak che aveva deciso, forte del sostegno del suo partito, di sfidare critiche e malumori interni e internazionali pur di portare a termine il piano elaborato da Boris Johnson. Compreso quello con la stessa Alta Corte di Londra che meno di un mese fa ha accolto una richiesta di ricorso presentata da un gruppo di richiedenti asilo. Dunque si profila un triplice braccio di ferro per il governo Sunak: con la Corte Europea per i diritti dell’Uomo, con l’Alta Corte di Londra e con Buckingam Palace, che mai ha abbracciato il piano dei conservatori, con Re Carlo che, secondo rumors ampiamente riportati, anche se mai confermati dalla Casa Reale, avrebbe definito “spaventoso” lo schema-Ruanda e il piano di espulsione di massa. Per giustificare questa ostinazione il primo ministro e la sua rocciosa ministra degli interni, Suella Braverman, si aggrappa ai numeri: dai quasi 45mila immigrati che lo scorso anno hanno chiesto asilo nel Regno Unito, agli oltre 65mila previsti per quest’anno (nel 2021 erano stati 28mila). «Sarebbe imperdonabile non fermare queste piccole imbarcazioni, è la nostra ultima chance per impedire che il nostro paese venga sfruttato dalle bande criminali organizzate», aveva dichiarato Braverman poche ore prima della sentenza dell’Alta Corte.

Il problema ora sono i ricorsi che inonderanno le aule dei tribunali londinesi: dei richiedenti asilo e delle associazioni che si battono per il rispetto dei diritti umani. E per ovviare a questo intralcio, secondo rapporti non ancora ufficiali, il governo starebbe studiando un meccanismo che vieti, proprio ai migranti, la possibilità di fare ricorso contro l’espulsione. In subordine, la possibilità di accogliere il ricorso soltanto dopo l’avvenuta espulsione. «La nostra innovativa partnership sulla migrazione ritrasmetterà chiunque arrivi nel Regno Unito attraverso rotte pericolose e illegali in Ruanda, dove sarà supportato per costruire una nuova vita», spiegava pochi giorni fa un’altra “fonte” del ministero dell’interno britannico. Ma il diritto internazionale non è materia “elastica”, non si può tirare da una parte o dall’altra a seconda della convenienza: è pietra, è muro portante. Firstpost riporta un’indiscrezione, anonima, filtrata dall’entourage di Sunak: «Il primo ministro vuole introdurre una legislazione che soddisfi i nostri obblighi internazionali», spiega la fonte. «Questo disegno di legge andrà il più lontano possibile nel diritto internazionale. Stiamo spingendo i confini di ciò che è legalmente possibile pur rimanendo all’interno della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo. Ma se questa legislazione viene ritenuta legittima dai nostri tribunali nazionali, ma sarà ancora bloccata a Strasburgo, allora sapremo che il problema non è nella nostra legislazione o nei nostri tribunali. Se questo accadrà, il primo ministro potrebbe riconsiderare se far parte della CEDU è ancora nell’interesse a lungo termine del Regno Unito». Dunque un’esplicita minaccia di “uscire” dalle Convenzioni internazionali, nella tentazione che a far da soli, senza dover rendere conto a istituzioni “esterne”, sia molto più semplice. Dopo la Brexit, una sorta di “human rights exit”. Percorso pericoloso.

E anche assai costoso per i contribuenti inglesi. La Bbc ha provato a fare i conti in tasca a Downing Street: «Finora il Regno Unito ha pagato al governo ruandese 140 milioni di sterline per il programma. Altri costi includerebbero voli per il Ruanda, cibo, alloggio, accesso a traduttori e consulenza legale. Rimuovere le persone dal Regno Unito con un volo charter costava, nel 2020, più di 13mila sterline a persona (al cambio attuale, poco meno di 15mila euro). Quando il piano è stato annunciato, l’ex ministro dell’Interno Tom Pursglove aveva detto che il costo sarebbe stato “simile alla quantità di denaro che stiamo già oggi spendendo per l’accoglienza: a lungo termine, tenendo la cosa sotto controllo, dovrebbe aiutarci a risparmiare denaro”. Il sistema di asilo del Regno Unito costa 1,5 miliardi di sterline all'anno. Quasi 7 milioni di sterline al giorno vengono spesi per la sistemazione in hotel per rifugiati e richiedenti asilo». Le associazioni che si battono per i diritti umani sostengono che è immorale e disumano inviare persone a più di 4.000 miglia di distanza in un paese in cui non vogliono vivere. «Mandare persone in un altro paese – per non parlare di uno con una situazione così triste in materia di diritti umani – è il massimo dell'irresponsabilità e mostra quanto lontano dall’umanità e dalla realtà il governo britannico sia in materia di asilo», è la posizione di Amnesty International. Le associazioni hanno già presentato ricorso contro la sentenza dell’Alta Corte di Londra che ha dichiarato legittimo lo “schema-Ruanda”: la decisione è attesa per il mese di aprile. E non è da escludere, semmai fosse necessario, un ulteriore ricorso alla Corte Suprema del Regno Unito.

In palio le elezioni generali del 2024

Secondo le stime del governo britannico la Corte Europea per i Diritti Umani dovrebbe pronunciarsi sul piano-Ruanda entro la fine del 2023. Nel frattempo il governo conservatore procede spedito, quasi incurante delle reazioni, come se fosse questa (e probabilmente lo è: più del calo annunciato dell’inflazione, più della promessa di nuovi e meglio pagati posti di lavoro, più dell’impegno sulla diminuzione delle liste d’attesa del National Health Service) la vera sfida sul quale giocarsi il tutto per tutto (il voto per le prossime elezioni generali è previsto per la tarda primavera del 2024), cavalcandola con un fanatismo, e con toni da campagna elettorale, che lascia perplessi. Come quello mostrato pochi giorni fa dall’ex premier Boris Johnson in un intervento alla Camera dei Comuni: «I laburisti non hanno il fantasma di un’idea su come fermare le traversate in barca. Coloro che si oppongono all’invio dei migranti illegali in Ruanda hanno completamente torto e stanno denigrando il paese». O come quello che la solita fonte anonima del 10 di Downing Street ha consegnato ai giornali locali: «In fondo è semplice: ad arrivo illegale corrisponde l’impossibilità di presentare domanda d’asilo. Se arrivi qui per la prima volta devi sapere che puoi essere o detenuto o allontanato. Non potrai chiedere asilo nel Regno Unito, cosa che il 90% dei migranti arrivati a bordo di piccole imbarcazioni lo scorso anno ha fatto». Rishi Sunak, e con lui l’ala più intransigente della destra Tory (ma si calcola che 40 parlamentari conservatori siano pronti a sfilarsi), è determinato ad arrivare allo scontro frontale: «Queste sono le priorità della gente. Queste sono le priorità del vostro governo», ha ripetuto il premier. E se la Corte di Strasburgo dovesse stabilire che il piano è illegale, il Regno Unito potrebbe lasciare la Convenzione per i Diritti Umani.

Certo non giova alla crociata del governo la diffusione delle drammatiche testimonianze sulle condizioni in cui verserebbero i migranti che nei mesi scorsi sono stati stipati nel centro di prima accoglienza di Manston, un’ex base militare del Kent. Testimonianze raccolte dall’organizzazione Liberty Investigates e diffuse dal quotidiano britannicoThe Indipendent. Che scrive: «Migliaia di persone che dormono su stuoie sul pavimento all’interno di un tendone improvvisato mentre vengono trattenute per periodi indefiniti senza nulla da fare; detenuti bloccati a terra e picchiati dopo aver sbattuto la testa contro un muro; migranti trattenuti con la forza dopo aver chiesto cibo. Molti dei resoconti degli incidenti descrivono tensioni che sfociano in lotte e scontri, anche tra gruppi di diverse nazionalità. Un ufficiale ha sollevato preoccupazioni sullo standard delle cure mediche dopo che un uomo è stato ferito in un attacco da parte di un altro detenuto il 2 ottobre, scrivendo che il trattamento fornito da un’équipe medica in loco era stato inaccettabile».

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