CULTURA

Hatra. Un’iconografia conferma l’esistenza di “super-cammelli” ibridi nell’Asia del II secolo

Due file di animali passeggiano in un antichissimo tempio nel sito archeologico di Hatra, in Iraq, e a giudicare dal numero di gobbe che portano sulla schiena sembrano proprio dromedari e cammelli. Gli animali in questione sono scolpiti sull’architrave del tempio di Allat ad Hatra costruito nel corso del II secolo d.C e modificato per l’ultima volta intorno al 168, con l’arrivo del re Sanatruq I.

Le due file di quadrupedi sono entrambe rivolte in direzione di una figura centrale che, secondo gli archeologi, rappresenta Sanatruq I. Ma il dettaglio più significativo può essere colto osservando i due animali più vicini al volto del sovrano. Queste figure sono diverse dalle altre: sono le uniche, infatti, ad avere due gobbe, al contrario degli altri quadrupedi che sfilano alle loro spalle. Per questo motivo, gli archeologi che hanno condotto ricerche sul sito hanno sempre identificato gli animali scolpiti verso l’esterno dell’architrave come dromedari, al contrario dei due “capifila” che sono stati interpretati come cammelli della Battriana.

Gli autori di un recente studio pubblicato sulla rivista Antiquity hanno invece formulato un’ipotesi diversa, secondo la quale i due animali più vicini a Sanatruq I potrebbero essere non cammelli della Battriana, bensì ibridi ottenuti dall’incrocio tra cammello e Dromedario. La loro interpretazione di questa iconografia potrebbe aiutare a fare chiarezza sulle pratiche di ibridazione e commercio animale dell’epoca.

Lo studio è stato condotto nell’ambito di un progetto internazionale di recupero e riqualificazione del sito archeologico di Hatra, coordinato dal professor Stefano Campana dell’università di Siena e dal professor Massimo Vidale, che ha raccontato a Il Bo Live i dettagli di questo lavoro.

“L’antica città di Hatra è stata pesantemente danneggiata nel corso di una occupazione dell'ISIS, che in Medio Oriente si chiama Daesh, con atti di vandalismo e distruzione di sculture”, racconta il professor Vidale. “Per questo stiamo lavorando, da tre anni, per cercare di ripristinare il network turistico di cui questo sito era un importante perno. Nel corso della nostra permanenza abbiamo avuto  modo di osservare gli animali scolpiti sull’architrave del tempio di Allat ad Hatra. Non c’era mai stato dubbio che alcuni di essi (quelli rappresentati con una sola gobba) fossero dromedari. Gli animali con due gobbe, invece, erano stati interpretati come cammelli battriani”.

L'intervista completa al professor Vidale. Montaggio di Barbara Paknazar

“Forse non tutti sanno che cammelli battriani e dromedari appartengono a due specie piuttosto distinte sia per quanto riguarda la storia dell’allevamento, sia per l’area geografica da cui provengono”, continua il professore. “Il dromedario viene dall’Arabia Saudita ed era diffuso già dal II-III millennio tra l’Iran e le regioni vicine al Golfo Persico. Il cammello battriano, invece, è un animale con due grandi gobbe originario dell'Asia centrale.

Negli studi archeologici che erano stati condotti ad Hatra finora non era mai stato distinto il cammello battriano da un'altra variazione. Infatti, noi abbiamo notato che i cammelli raffigurati su questo architrave non hanno le due grandi gobbe tipiche del cammello battriano, bensì una piccolissima incisione all'interno dell’unica gobba che portano sul dorso; grazie all’aiuto di esperti zoologi abbiamo concluso, con un buon grado di certezza, che queste figure rappresentano non cammelli battriani bensì degli ibridi ottenuti dall’incrocio del cammello battriano con il dromedario”.

Ma perché incrociare animali che vivevano a migliaia di chilometri di distanza – ovvero dall’Asia centrale e dall’Iraq? “Per ottenere una sorta di super-cammello”, spiega Vidale. “Questo cammello ibrido (che, proprio come il mulo, non può riprodursi con le stesse caratteristiche oltre la prima generazione) è in grado di trasportare il 30% di peso in più e produrre il 30 - 40% di latte in più. Aveva quindi un altissimo valore di mercato.

Il fatto che questi ibridi siano rappresentati a fianco del ritratto reale indica che, tra il 170 e il 180, Santruq I monopolizzava l'importazione di dromedari dall’Asia centrale per farli incrociare con i cammelli arabici. In questo modo i sovrani esprimevano il proprio interesse economico e forse arrivavano persino a monopolizzare parte della via della seta percorsa dalle carovane che portavano beni di ogni genere dai confini della Cina fino alle sponde del Mediterraneo”.

L’interpretazione delle iconografie può quindi fornire importanti informazioni sul contesto culturale e sociale dell’epoca, in cui l’allevamento e il commercio di ibridi costituivano una parte importante dell’economia. Eppure, come spiega il professor Vidale, “non si sa molto sulle pratiche di ibridazione. Non è facile trovare resti di ibridi negli insediamenti urbani, poiché essi venivano utilizzati per effettuare trasporti soprattutto al di fuori dalle città. Inoltre, solo in alcuni rarissimi casi gli zoologi riescono a identificarli con certezza a partire dai resti ossei.

Ebbene, grazie all’analisi di alcune iconografie, sappiamo che nel Vicino Oriente venivano allevate delle capre ibride ottenute dall’incrocio di capre domestiche e selvatiche. Infatti, in Belucistan e in Mesopotamia sono state trovate delle raffigurazioni dell'atto dell'accoppiamento fra queste due specie. Tali pratiche di zootecnia facevano quindi parte di una lunga tradizione, ma sono poco decifrabili, per il momento, attraverso la sola analisi dei reperti osteologici. Per questo, combinare i dati zoologici con quelli tratti dall’analisi dell'iconografia può aprire sulla storia delle finestre molto eloquenti e, a volte, inaspettate.

Hatra era una città molto ricca che si trovava a dirigere uno stato cuscinetto tra l’Iran, che allora era dominato dall’Impero partico, e il mondo mesopotamico. Non abbiamo dubbi che la ricchezza di Hatra fosse dovuta al suo monopolio sulle carovane. I sovrani di Hatra, infatti, attiravano in città le carovane, le tassavano, offrivano ospitalità e assistenza e, probabilmente, davano ai viaggiatori anche la possibilità di partecipare a delle cerimonie religiose molto importanti e prestigiose. D’altronde, questa era anche una città-santuario in cui si era sviluppato il culto di alcune divinità provenienti sia dal mondo arabo sia da quello siriaco.

Hatra diventò un centro talmente importante che ben due imperatori romani, ovvero Traiano e Settimio Severo, cercarono di catturarla senza riuscirci. Hatra resistette agli assedi grazie al suo imponente circuito murario che si rivelò un ostacolo impenetrabile all’esercito romano. Lungo le mura c’erano infatti ben 120 torri ancora perfettamente visibili dal deserto.

Fu soltanto nel 241 che il nascente Impero persiano sassanide riuscì a occupare Hatra. Fu un evento eccezionale: per riuscire a conquistare la città gli assediatori la circondarono, a loro volta, con un enorme muro esterno che la racchiuse interamente. A partire da quel momento, la città venne abbandonata”.

Oggi Hatra è un sito archeologico di grande importanza, dove continuano le attività di ricerca e di recupero del patrimonio storico-artistico.

“La nostra preoccupazione principale, al momento, è salvaguardare questo luogo che attualmente si trova nella lista UNESCO dei siti minacciati”, specifica il professore. “Ci stiamo perciò occupando dei restauri più urgenti delle sculture compromesse non soltanto dagli attacchi degli estremisti religiosi, ma anche da decadi di degrado e mancanza di manutenzione da parte del dipartimento di archeologia iracheno, che nell'emergenza bellica e post-bellica è stato costretto a limitare le attività di protezione del sito.

Grazie alla collaborazione con il professor Campana, è stato possibile realizzare, utilizzando dei droni, dei modelli tridimensionali estremamente accurati degli interni e degli esterni delle architetture di Hadra. Useremo questa documentazione di prim’ordine per progettare futuri interventi di restauro e manutenzione con l’obiettivo di riaprire questo luogo ai flussi turistici e fare sì che venga tolto dalla lista UNESCO dei siti in pericolo”.

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