SCIENZA E RICERCA

Ilaria Capua: “Il coronavirus circolerà per mesi, ma niente allarmismo ingiustificato”

Bisogna chiamarla sindrome similinfluenzale da Coronavirus. Questo è l’unico modo in cui possiamo liberarci dal panico”. Nella sua intervista a Il Bo Live Ilaria Capua come sempre parla chiaro, senza nascondere né drammatizzare la sfida che abbiamo di fronte in queste ore.

Sull’entità della crisi la virologa non si sbilancia: molto dipenderà dalla nostra capacità di attuare misure efficaci di contenimento. “Non so quanto durerà l’emergenza – spiega –; il coronavirus prima dell’estate non se ne andrà e continuerà a circolare perché non ci sono anticorpi che blocchino la sua cavalcata. Di sicuro durerà almeno altri quattro mesi”. Piano comunque a parlare di Italia come Paese infetto d’Europa, dato che proprio oggi in un suo intervento Capua scrive che probabilmente presto anche altri Paesi europei si troveranno a fronteggiare situazioni simili alla nostra: “Forse, molto banalmente, abbiamo diagnosticato di più e prima”.

Servizio di Daniele Mont D'Arpizio, riprese e montaggio di Elisa Speronello

La virologa – tra le scienziate più famose al mondo, paladina della scienza Open Access e a suo tempo indicata come ‘mente rivoluzionaria’ dalla rivista Time – ha sempre detto che la pandemia si sarebbe diffusa in tutto il globo, quando molti ancora sottovalutavano il contagio; al tempo stesso però ha sostenuto che, allo stato attuale delle conoscenze, i pericoli maggiori sarebbero derivati non tanto dal tasso di mortalità, piuttosto basso secondo i dati di cui disponiamo, quanto dal blocco dei servizi essenziali e dell’economia. Previsioni che in queste ore si stanno puntualmente verificando soprattutto in Lombardia e in Veneto, dove sono stati individuati i due principali focolai sul suolo italiano.

“Non sono in grado di esprimere un giudizio sulle misure di contenimento prese in Lombardia e in Veneto, perché vivo in un altro Paese e quindi le cose le vedo molto da lontano – continua Capua –. Certo credo che un momento di attenzione, visto che c’è una situazione molto incerta, sia una cosa molto saggia”. Quanto è preoccupante che non sia stata ancora trovata la fonte del contagio? “Non è affatto preoccupante perché secondo la mia impressione, da quello che leggo tra le righe dei dati disponibili, è verosimile che l’infezione sia presente in Italia da tempo. In questo momento non è quindi assolutamente rilevante trovare la fonte del contagio, bensì è importante trovare il numero reale dei contagiati, soprattutto di quelli che hanno sviluppato una forma lieve: questo è al momento il dato più importante”.

La scienziata come sempre chiude la sua intervista con qualche consiglio, rivolto non solo ai cittadini: “Comportarsi con buon senso, seguire le indicazioni e non improvvisare. Soprattutto i media stavolta hanno una responsabilità gigantesca: il consiglio è di non creare allarmismo ingiustificato, perché questo costa miliardi di euro”.

Ilaria Capua oggi dirige il One Health Center of Excellence della University of Florida; prima però ha lavorato per 18 anni presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie di Legnaro (PD), dove ha contribuito a creare il gruppo di ricerca appena selezionato dalla Commissione europea come Laboratorio europeo di riferimento per l’influenza aviaria e la malattia di Newcastle. Vincitrice di numerosi premi e riconoscimenti internazionali, il suo nome è legato in particolare allo sviluppo del test diagnostico “DIVA” (Differentiating Vaccinated from Infected Animals), che per la prima volta nel 2000 ha aperto le porte alla vaccinazione di massa del pollame, e soprattutto e alla battaglia a favore della libera circolazione delle informazioni scientifiche: nel 2006 infatti, dopo essere stata la prima con il suo team a decifrare la sequenza genetica del ceppo africano di influenza H5N1, ha deciso di depositarla in un database ad accesso libero, perché fosse disponibile a tutta la comunità scientifica internazionale. Un atto in quel momento rivoluzionario, che ha fatto scuola stabilendo la prassi che oggi è seguita dai ricercatori di tutto il mondo e che sta permettendo di fronteggiare al meglio anche questa pandemia.

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