SCIENZA E RICERCA

Lavoro e benessere nella scienza: quanto conta la "bellezza" della ricerca

Quanto conta la bellezza nella ricerca scientifica? Quanto influisce sulla qualità del lavoro (e della vita) degli scienziati? Uno studio, condotto a partire da un sondaggio a livello internazionale, e i cui risultati sono stati esposti recentemente in un articolo su Nature, mira ad approfondire i fattori e le dinamiche che influenzano il benessere dei ricercatori, in questo caso fisici e biologi, attivi in istituzioni accademiche, laboratori o istituti di ricerca in diversi contesti nazionali: India, Italia, Regno Unito e Stati Uniti.

Il sondaggio Work and Well-Being in Science è stato proposto online, in inglese e italiano. A guidare l'indagine è stata la Catholic University of America a Washington DC. Sono state raccolte le risposte di oltre tremila scienziati: a loro è stato chiesto di descrivere il grado di soddisfazione sul posto di lavoro, l'esperienza vissuta durante la pandemia e il ruolo dell'estetica e dello stupore nella scienza. Le risposte hanno rivelato che, allontanando l'idea che spesso si ha degli scienziati come esseri esclusivamente razionali e logici, per loro la "bellezza" sembra avere un ruolo determinante: una bellezza associata alla pratica della scienza, che influisce in qualche modo anche sul benessere di chi lavora.

Gli obiettivi sono chiari: il sondaggio è stato formulato per permettere di riflettere su diversi aspetti, provando innanzitutto a capire in che modo gli scienziati in diversi contesti nazionali siano stati colpiti dalla pandemia e indagando i fattori capaci di contribuire alla resilienza in questi tempi difficili. Lo studio punta, quindi, a identificare il grado di soddisfazione nelle carriere scientifiche e incrementare il senso di benessere, partendo da una comprensione più profonda delle condizioni di lavoro dei ricercatori, esplorazione questa che potrebbe, infine, anche contribuire ad aumentare la fiducia del pubblico nella scienza.

Ecco alcuni quesiti proposti ai partecipanti. “In quale dei seguenti aspetti del tuo lavoro incontri la bellezza?”, il 75% ha risposto nelle cellule, nelle particelle, insomma in quello che studia, il 61% nelle teorie scientifiche, il 54% nell'insegnamento della scienza e il 52% nel processo di ricerca scientifica. "Quali dei seguenti aspetti del processo scientifico associ alla bellezza?": in questo caso per i fisici risultano determinanti la simmetria, la semplicità, l'eleganza, per i biologi invece la complessità, in colori e forme gradevoli. Sia per i fisici che per i biologi la bellezza della scienza risiede anche nella logica dei sistemi, nell'ordine e nel fascino di modelli nascosti (ovviamente da esplorare).

Per il 62% degli intervistati è propria la bellezza della scienza ad averli motivati ​​e convinti a intraprendere la carriera e a condividere il proprio sapere. La metà degli intervistati ha affermato che la bellezza li aiuta a perseverare, a tener duro di fronte alle difficoltà, alla fatica o ai fallimenti e per il 57% la bellezza migliora la comprensione scientifica.

Il 67% degli scienziati reputa importante l'incontro tra gli scienziati e la bellezza, lo stupore e la meraviglia nella loro ricerca. Al contrario, per l'11%, invece, considerazioni estetiche di questo tipo, relative per esempio alla simmetria e all'eleganza, risulterebbero negative per il progresso scientifico. In generale, le esperienze di meraviglia, stupore e bellezza sul lavoro sono solitamente associate a livelli più elevati di soddisfazione professionale e una migliore salute mentale.

La "semplicità" per i fisici (dal documentario "Il senso della bellezza")

Come diceva Einstein, il mistero più grande è la nostra capacità di conoscere l'universo, di afferrarne la misteriosa semplicità e bellezza "Il senso della bellezza"

Nel documentario Il senso della bellezza di Valerio Jalongo (2017), girato pochi anni dopo la scoperta del Bosone di Higgs, mentre un nuovo esperimento del CERN - il più grande laboratorio al mondo che svolge la ricerca scientifica sulla fisica delle particelle elementari - procede nell'esplorazione della misteriosa energia che anima l’universo, scienziati e artisti guidano lo spettatore verso la linea d’ombra in cui scienza e arte, in modi diversi, inseguono verità e bellezza. "Molti anni fa - spiega il regista all'inizio del documentario - ho letto un frammento di un filosofo greco, Eraclito. La natura ama nascondersi, diceva. Ma la natura non è forse ciò che è ovunque intorno a noi? Cos’è che ci sfugge? C’è qualcosa di invisibile ai nostri occhi? [...] Come diceva Einstein, il mistero più grande è la nostra capacità di conoscere l’universo, di afferrarne la misteriosa semplicità e bellezza".

"Ho capito che i veri scienziati amano soprattutto ciò che ancora non conoscono", spiega il regista Jalongo. Anche in questo mistero risiede la bellezza. Alle sue parole si aggiungono quelle del professor Tai Tsun Wu che, nel documentario, introduce così la sua idea di bellezza: "Una teoria, in fisica, deve essere bella per poter ottenere più verità. La teoria della relatività generale di Einstein è così bella, così bella che l'ho trovata difficilissima da capire". 

Ci si chiede, c'è un sesto senso che guida gli scienziati nella conoscenza? E che rapporto c'è tra verità e bellezza? Restiamo, un attimo ancora, sui contenuti di questo documentario, perché - come si è visto - alcune affermazioni rispondono precisamente alle domande sul valore della bellezza nella scienza. Anche i giovani fisici del CERN condividono la loro idea di bellezza, convergendo sull'importanza della conoscenza, della meraviglia, sul costante tentativo di risolvere il più grande mistero. "Penso che cercare qualcosa attraverso l'esplorazione e il pensiero sia la bellezza", "La fisica mi attrae perché non capiamo come si è creato l'universo. Dove sta andando. Penso che il mistero dell'universo lo renda bello". E, ritornando al sondaggio e a quella semplicità riconosciuta dai fisici come forma di bellezza, un altro giovane ricercatore aggiunge: "Se la soluzione è semplice e non c'è nient'altro che puoi togliere, ridurre al nocciolo, quella è bellezza".

Subrahmanyan Chandrasekhar, Nobel per la fisica nel 1983, parlava di estetica nella scienza, sottolineandone la costante ricerca da parte dei più grandi scienziati. Una ricerca che punta alla conoscenza, alla rivelazione e alla meraviglia, così come avviene con la creazione di un'opera d'arte (nel saggio Truth and Beauty. Aesthetics and Motivations in Science - Verità e bellezza - indaga proprio i motivi per cui uno scienziato si dedica al lavoro di ricerca).


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Relativamente al benessere psicologico, il 72% dei partecipanti al sondaggio ha affermato di essere per lo più o completamente soddisfatto del proprio lavoro. Ma sono emerse criticità non trascurabili legate a deadline di consegna impossibili da rispettare, umiliazioni e bullismo, discriminazioni a cui sono sottoposte in particolare le donne, le quali riportano anche livelli di burnout più elevati rispetto agli uomini. Inoltre, a riportare livelli seri di disagio psicologico sono soprattutto gli studenti post-laurea, il 25%, contro una percentuale bassissima di docenti (full professors), solo il 2%.


In un recente articolo pubblicato su Il Bo Live, Federica D'Auria ha indagato la questione puntando l'attenzione proprio sugli aspetti più problematici e complessi relativi alla salute mentale nell'ambito del dottorato di ricerca, proponendo un focus sugli studi che, negli anni, hanno approfondito cause e conseguenze di alcuni disturbi mentali, come ansia e depressione, riscontrati tra chi sceglie di intraprendere un lavoro nella ricerca scientifica. 

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