Raccontiamo una storia legata agli avanzamenti della nostra visione scientifico. Traggo spunto dall’editoriale di Marie Claire Brisbois, Climate change won’t wait for future innovation – we need action now, pubblicato su Nature. Brisbois è esperta di politiche sul clima e fa indagini comparando le politiche sul clima di diverse nazioni. Il suo editoriale è provocatorio: “Guardando i piani di mitigazione climatica di diversi Paesi ho l’impressione di leggere delle brochure pubblicitarie: ormai tutti sono green”. Brisbois spiega come il racconto di queste politiche è tutto legato ai temi dell’innovazione: nuovi combustibili, il nucleare pulito, nuove tecnologie e via dicendo. La domanda è: questi interventi saranno sufficienti per rispettare gli accordi di Parigi? La ricercatrice dice di no e non è la sola: molti esperti dell’IPCC dicono che non riusciremo a rimanere entro gli accordi sul clima.
Il problema, poi, è che ci sono alcuni tipi di interventi sul clima che sono glamour. Altri, invece, considerati noiosi: sono quelli che sottolineano non tanto come creare innovazione per generare più profitti, ma che ci dicono come ridurre i consumi e gli sprechi. Questi sono interventi – dice la ricercatrice – che piacciono relativamente poco.
Brisbois ricorda come alla COP26 di Glasgow, in occasione di una giornata dedicata a come trasformare i nostri mezzi di trasporto e i comportanti, tutto sia stato incentrato solo sui veicoli elettrici e sui nuovi combustibili e quasi nulla sul trasporto pubblico e sui mezzi classici: le biciclette e le nostre gambe. Se la tendenza rimarrà questa, il risultato sarà che i cittadini globali continueranno a comprare un sacco di energia. Il controllo di queste risorse sarà concentrato in pochi giocatori industriali e le compagnie con un intenso assorbimento energetico continueranno a fare profitti.
Insomma, è necessario lavorare anche agli interventi non glamour, quelli meno economici, cioè che promuovono di meno la crescita. Marie Claire Brisbois conclude dicendo che deve arrivare il momento in cui considerare le persone come cittadini e non come consumatori. È un pensiero bellissimo quanto problematico: noi siamo immersi in modelli economici centrati tutti sulla crescita di tipo quantitativo. Riflettiamo su nuovi modelli di consumo e di sviluppo.