SOCIETÀ

L'epopea ecologica del Gange

Può un luogo considerato sacro da una religione trasformarsi in un immondezzaio? Il termine di paragone è volutamente esagerato, anche se purtroppo stavolta rischia di essere tragicamente azzeccato.

Il fiume Gange – Ganga, il nome originale – è un caso particolare di luogo sacro che soffre una fortissima forma di inquinamento, dovuta all’azione dell’uomo. I dettagli da libro di geografia: misura 2.500 chilometri, nasce dai ghiacciai dell’Himalaya e sfocia nel golfo del Bengala, gran parte del suo percorso è in India ma tocca anche il Bangladesh. I dettagli da libro di teologia: è un fiume sacro per gli indù, le sue acque si bevono o vengono utilizzate per abluzioni, per purificare la propria anima. Un’altra usanza è quella di consegnare al fiume le ceneri o i cadaveri dei propri cari defunti, 

Nonostante la sua importanza geografica e religiosa il Gange soffre di un importante problema ecologico. Ogni giorno vengono sversati al suo interno circa 6 miliardi di litri di acque di scarico come rifiuti industriali, scarti di lavorazione agricola e rifiuti urbani. Il problema del Gange è noto da tempo e il governo indiano ha investito ingenti risorse per provare a risolvere il problema. Come succede spesso nella gestione dei commons (i beni comuni) i soldi da soli – stiamo parlando di un investimento di circa 40 miliardi di dollari americani – non risolvono la questione, a causa anche di fenomeni di corruzione. Un'importante iniziativa governativa – la National Mission for clean Ganga – aveva messo in atto alcune iniziative particolari, come una canzone per sensibilizzare sul tema del "Gange pulito" o l'utilizzo di tartarughe carnivore per liberare il fiume dai cadaveri e dai resti delle cremazioni.

"Mi inchino a te, madre Ganga"

"Quando pensiamo a un corso d'acqua dobbiamo interpretarlo non solo come una riserva d'acqua – ha commentato Valerio Matozzo, ecotossicologo e professore di ecologia al Dipartimento di Biologia – ma come una grande riserva di biodiversità. Il Gange ha grossi problemi di contaminazione dovuti alla sua natura: la lunghezza, il gran numero di persone che abitano lungo il suo corso ed è diventato una valvola di sfogo di tutte le attività antropiche".

"Il fatto che il fiume sia considerato sacro – aggiunge Matozzo – apre un discorso molto delicato, ma non dobbiamo dimenticare che dal punto di vista sanitario certe pratiche rappresentano un problema: la qualità dell'acqua viene seriamente compromessa, dal punto di vista microbiologico, rendendo così molto pericoloso utilizzarla per qualsiasi scopo".

Ma precisamente, quali sostanze vengono riversate nel fiume? La risposta del prof. Matozzo non lascia spazio a interpretazioni: "di tutto e di più". Si va dalle acque nere provenienti dai centri urbani – sono più di 50 le grandi città che si trovano lungo il Ganga – i quali spesso non hanno impianti di depurazione. Ci sono poi i prodotti provenienti dalle attività produttive umane, tra cui sono particolarmente pericolosi i fertilizzanti utilizzati in agricoltura: sono sostanze che dopo essere arrivate nel fiume contribuiscono a diminuire di molto l'ossigeno, causando ipossia e anossia. Non è finita qui: pesticidi, erbicidi e insetticidi si aggiungono all'elenco di elementi che inquinano il fiume.

Le immagini e le testimonianze non lasciano spazio a interpretazioni sulla situazione del Gange

La "lezione" del Gange può aiutarci a riflettere in senso generale sulla cura che prestiamo ai beni comuni, senza dimenticare che l'inquinamento fluviale è un tema che tocca tutti i livelli, globale e locale. Le recenti vicende dei PFAS, presenti nei corsi d'acqua dolce ma ormai anche nelle falde, ne sono un esempio. "Una nuova ricerca ha permesso di scoprire che la presenza di queste sostanze perfluoro alchiliche nel circolo sanguigno – ha aggiunto Matozzo – possono interferire nello sviluppo psicofisico delle persone".

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