Foto World Economic Forum
Al termine di 8 anni di presidenza, Mario Draghi ha lasciato la guida della Banca centrale europea nelle mani di Christine Lagarde, ex direttrice del Fondo monetario internazionale. Nel suo discorso, durante la conferenza stampa che ha ufficializzato il passaggio di consegne, Draghi ha affermato che "lasciare la Bce è più facile, sapendo che è in buone mani" e ha poi ringraziato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il capo dell'Eliseo Emmanuel Macron e la cancelliera tedesca Angela Merkel per le parole di stima espresse nei suoi confronti.
Mario Draghi’s eight-year term of office draws to a close this week. Yesterday Chancellor Angela Merkel, President @EmmanuelMacron, President Sergio Mattarella and incoming ECB President Christine @Lagarde honoured his contribution to Europe and the euro. pic.twitter.com/Ejzdud3izo
— European Central Bank (@ecb) October 29, 2019
Il discorso di Mario Draghi durante la conferenza stampa di fine mandato alla Bce
Arrivato a Francoforte nel novembre del 2011, in un momento di grande difficoltà che vedeva l’Europa fronteggiare con molta fatica le conseguenze della crisi globale iniziata nel 2007, Draghi ha raccolto la sfida proponendo un orientamento espansivo che ha avuto come obiettivo la difesa dell'euro e dell'economia dei Paesi che ne fanno parte. La prima scelta compiuta è stata di tagliare progressivamente i tassi di interesse e i tassi sui depositi bancari, un'azione che è stata poi affiancata dall'introduzione di un programma di Quantitative easing, realizzato attraverso l’acquisto da parte della stessa Bce dei titoli di Stato dei Paesi dell’Eurozona. Misure rivolte a dare concretezza a quel “whatever it takes”, pronunciato il 26 luglio del 2012 alla Global Investment Conference di Londra, una frase che gli è valsa la definizione di salvatore della moneta unica. Parole solenni, pronunciate per mettere in chiaro che la Bce avrebbe fatto tutto il possibile per contrastare le speculazioni che stavano portando al tracollo i Paesi che in quel momento erano i più deboli dell'area Euro, come Grecia, Italia, Portogallo e Irlanda, e che minacciavano di travolgere l'intero sistema economico europeo.
“ within our mandate, the ECB is ready to do whatever it takes to preserve the euro. And believe me, it will be enough Mario Draghi - discorso del 26 luglio 2012
Per comprendere meglio quale è stato il tratto che ha caratterizzato le scelte della Banca centrale europea durante gli otto anni di presidenza di Mario Draghi abbiamo intervistato il professor Lorenzo Forni, docente di Economia all'università di Padova, che ha lavorato anche al Fondo Monetario Internazionale durante il mandato di Christine Lagarde.
L'azione portata avanti durante la presidenza di Draghi è stata duplice: da un lato la Banca centrale dei 19 Paesi europei che hanno aderito all'euro ha rassicurato i mercati e si è posta come garante della moneta unica assumendo un ruolo che ha avuto anche una valenza politica; dall'altro, aumentando lo spettro degli strumenti a disposizione della stessa Bce per gestire operazioni di politica monetaria, ha cercato di favorire la ripresa dell'economia reale dei singoli Paesi. "Nel 2012 - ha spiegato Forni - nell'incertezza della crisi dei debiti sovrani europei, Draghi ha fatto quel passo in avanti in cui ha messo la Bce al centro della difesa dell'euro" stabilendo il principio in base al quale la Banca centrale europea si pone "a tutela della moneta unica anche se i governi non fanno quello che devono fare". Alcuni dei principali strumenti utilizzati dalla Bce, ha aggiunto il professor Forni, sono stati le operazioni del cosiddetto OMT, l'Outright Monetary Transactions che hanno calmato i mercati e poi, a partire dal 2015, il Quantitative easing sul quale c'era molta resistenza nei Paesi del Nord Europa.
La politica monetaria espansiva introdotta da Draghi in questi anni - ha spiegato Forni - si è sempre rivelata "la scelta giusta in una situazione in cui l'inflazione è rimasta debole e la congiuntura economica altrettanto" anche se una delle critiche che è stata mossa a questa linea è che "i governi si sono molto appoggiati al ruolo della Bce nel tenere insieme l'euro e le economie europee, con il risultato che si sono sentiti meno in dovere di intervenire e si sono concentrati maggiormente sui problemi nazionali".
Nell'ultimo Consiglio direttivo della Bce, che si è svolto lo scorso 24 ottobre, Draghi ha sostenuto la necessità di proseguire con una politica monetaria accomodante rilanciando una nuova stagione del Quantitative easing da 20 miliardi al mese e un taglio dei tassi, portati a -0,5%, con la promessa che non saliranno fin quando necessario, anche in considerazione del fatto che l'obiettivo di riportare l'inflazione al 2% non è stato raggiunto. Misure che confermano l'orientamento espansivo e che si inseriscono in un quadro globale caratterizzato da diversi fattori di tensione come l'escalation della politica dei dazi messa in atto dal presidente americano Donald Trump e le incognite legate alla Brexit, ma che al tempo stesso hanno portato a un certo malcontento tra i Paesi del Nord e nella fronda dei falchi della Bce, infastiditi da una politica del costo del denaro nullo che danneggerebbe i risparmiatori e le imprese del Paesi più virtuosi.
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