SOCIETÀ

L’Italia fa i conti con il MES

A giugno dovrebbe partire una nuova linea di credito del Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes), alla quale l’Italia e gli altri Paesi potranno attingere per finanziare spese legate direttamente o indirettamente alla sanità, e puntualmente ripartono le polemiche. Se infatti Spagna, Portogallo e Grecia non sembrano attualmente intenzionati a farvi ricorso, in Italia – dove in un primo momento il governo sembrava contrario – si apre alle possibilità di accordo. Secondo il direttore generale del Mes Klaus Regling si tratterebbe di uno strumento particolarmente vantaggioso per il nostro Paese, che a causa del tasso d’interesse più basso rispetto ai Btp potrebbe arrivare a risparmiare fino a sette miliardi di euro in dieci anni, mentre dal canto suo il vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis ha dichiarato che le attuali resistenze nell’opinione pubblica italiana deriverebbero da "narrative ingannevoli".

Il nuovo Mes, secondo quanto annunciato dall’Eurogruppo, dovrebbe essere ‘senza condizioni’. Cosa significa, e soprattutto possiamo fidarci? Lo chiediamo a Lorenzo Forni, economista dell’università di Padova con una lunga esperienza pregressa al Fondo Monetario Internazionale di Washington e all’ufficio studi della Banca d’Italia. “La questione delle condizionalità è un po’ paradossale – spiega Forni a Il Bo Live –: di solito crediti di questo tipo vengono dati in più tranche, mentre in questo caso i soldi sembrano essere messi a disposizione fin dall’inizio. È evidente che così il creditore non avrà più alcuno strumento su cui far leva”.

Intervista di Daniele Mont D'Arpizio, Montaggio di Elisa Speronello

Secondo lo studioso anche le preoccupazioni sono comprensibili, dato che si parla di uno strumento nato per concedere crediti sotto stretta condizionalità: “Si tratta pur sempre di soldi pubblici – continua –: il Mes ha una capitale versato dai vari Paesi e si indebita sul mercato perché ha un rating elevato, una tripla A. Se però non riuscisse a rientrare dai prestiti questo intaccherebbe il capitale, costituito con i soldi di tutti i contribuenti europei: le condizionalità servono proprio a garantire che questi finanziamenti prima o poi torneranno indietro”.

Il nuovo compito nella crisi provocata dalla pandemia inciderà fortemente sulla natura del Meccanismo Europeo di Stabilità: “È chiaro che qui entriamo in un terreno incerto. Il Patto di stabilità e di crescita per quest’anno è stato sospeso, ma dobbiamo aspettarci che a un certo punto, superata la fase acuta della crisi, l’Ue ristabilisca alcune regole e che allora torni ad esserci un minimo di controllo in più”. Sulla valutazione di quest’ultimo elemento le opinioni divergono: “Potrebbe essere un’ulteriore garanzia sulla sostenibilità dei nostri conti e su come i soldi verrebbero spesi, quindi potrebbe permetterci di abbassare i costi sul mercato per finanziare il nostro debito. Altri invece sostengono che questo potrebbe interferire sulle nostre decisioni e costringerci ad adottare misure di austerity. (…) Personalmente credo che un po’ più di controllo da parte dell’Europa non sia un fatto negativo: o ci integriamo di più o finiremo per avere più problemi”.

Accanto Mes è stato previsto un Recovery Fund da circa 500 miliardi, del quale però non sono ancora stati chiariti i dettagli, a cominciare dalla provenienza delle risorse. Per Forni “il bilancio Ue non è abbastanza grande: le basi saranno garantite da entrate nazionali, che i vari Paesi dovranno in qualche modo vincolare, oppure si farà un fondo come il Mes, in cui alcuni Paesi mettono un capitale sulla base del quale vengono poi emessi dei titoli? Bisognerà inoltre capire se questi soldi verranno dati come prestiti o come trasferimenti”.

Altro che Mes e Recovery Fund: finora la risposta maggiormente all’altezza è stata quella della Banca Centrale Europea

Su quest’ultimo punto Forni ha dei dubbi: “Nel Recovery Fund potrà esserci una componente di trasferimento, come ad esempio accade già con i fondi strutturali europei, ma difficilmente potrà essere molto rilevante. Il punto è che parliamo di cifre estremamente importanti e qualcuno alla fine questi soldi dovrà pur ripagarli. Inoltre Commissione e Ue per trattato non possono emettere titoli di debito, si dovrà creare uno strumento apposito e non si tratterà di una cosa breve: attualmente si parla di farlo partire dall’anno prossimo. Siamo insomma all’inizio di un percorso”.

Per fronteggiare la crisi, oltre al Mes e al Recovery Fund l’Unione Europea ha messo in campo anche Sure (State sUpported shoRt-timE work), una sorta di cassa integrazione europea, e i fondi della Bei, la Banca Europea per gli Investimenti. Su chi però stia dando il contributo maggiore Lorenzo Forni non ha dubbi: “La risposta maggiormente all’altezza finora è stata quella della Banca Centrale Europea, tanto da provocare problemi con la corte costituzionale tedesca. La Bce è intervenuta con grande tempestività e con importi rilevanti; non ha fatto nulla di più rispetto alla Federal Reserve e alla Bank of England, ma con il Pandemic Emergency Purchase Programme (Pepp), cioè un apposito Quantitative Easing da 750 miliardi, e soprattutto con le indicazioni che ha dato – nonostante all’inizio la comunicazione sia stata un po’ incerta – ha messo in chiaro che almeno durante la fase acuta della crisi sarà pronta a intervenire in misura rilevante”.

Meno chiaro è cosa succederà dall’anno prossimo: “A mio avviso non dobbiamo aspettarci troppo: il finanziamento monetario dei bilanci è già complicato per un singolo Paese con una banca centrale indipendente nazionale, figurarsi per un’unione monetaria. Detto questo con il Recovery Fund la Commissione fa un passo avanti notevolissimo perché si tratta di un cambiamento strutturale: potrebbe essere il punto di inizio per un vero bilancio federale europeo”. Resta il fatto che, proprio mentre l’Ue si mostra in qualche modo attiva contro l’emergenza Covid-19, sale allo stesso tempo tra la popolazione l’insofferenza verso le istituzioni europee: “Le risposte stanno arrivando però evidentemente non con la tempestività e il carattere di altruismo che in qualche maniera il popolo italiano si attendeva”.

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