CULTURA

La lezione di Carlotto

Dal 31 dicembre 2022 Massimo Carlotto si è ritirato a vita privata. Niente più romanzi, ipotesi di romanzi, presentazioni pubbliche, interviste. “Mi dedicherò a un altro progetto” ha detto. E questa sì che è una notizia. Siamo abituati (generalizzando, è vero, ma è una generalizzazione abbastanza rispondente alla realtà dei fatti) ad autori che se possono scrivono un libro all’anno, finiscono di fare il booktour con il romanzo in carica e già stanno pensando al prossimo. C’è insomma una tendenza – che è anche una necessità, in fondo – alla produzione massiva di libri, così uno scrittore che dice: “Mi prendo una pausa. Ho bisogno di silenzio per pensare meglio alle mie parole” colpisce.

Massimo Carlotto ha esordito nel 1995 con Il fuggiasco, tratto da una vicenda autobiografica, per poi diventare in breve tempo uno dei noiristi più importanti d’Italia e non solo (i suoi libri sono tradotti in Francia, Gran Bretagna, Germania, Spagna, Grecia, Paesi Bassi, Repubblica Ceca, Romania e Stati Uniti). Dai suoi romanzi sono stati tratti film, si è cimentato come attore di teatro, conduttore di un programma su Rai4, scrive di noir sulle riviste di letteratura, ha fondato una “bottega” – come la definisce prendendo a prestito la parola dai circoli rinascimentali – dalla quale sono usciti nuovi grandi nomi della letteratura nera italiana: uno su tutti – per chi scrive – Piergiorgio Pulixi. Insomma Carlotto non è “solo” uno scrittore: è un pensatore, un teorizzatore, un Maestro, uno sperimentatore, visto che parte dalla letteratura di genere per superarla. Di recente, per esempio, ha condotto un nuovo esperimento: mettere sulla pagina un romanzo a 10 mani con quattro colleghi di scrittura, cioè l’attrice e produttrice Alessandra Acciai, la scrittrice (anche per ragazzi: ha vinto il premio Andersen) Patrizia Rinaldi, lo sceneggiatore di fumetti e autore Pasquale Ruju e Massimo Torre, soggettista sceneggiatore e head writer di film e serie. Si intitola Youthless. Fiori di strada (HarperCollins) e con questo libro Carlotto e gli altri sono riusciti a dimostrare che è possibile, da cinque che erano, far nascere “il sesto scrittore” cioè colui che ha realmente scritto quella storia da autore unico, con una sua propria voce, senza che si sentano nessun tipo di discontinuità o incongruenze. Intervistato, ci ha detto che questo è stato possibile in un unico modo: consegnando, da parte di ciascuno, l’identità propria di scrittore al gruppo e mettendo in condivisione tutto il mestiere e l’esperienza.

Lo scambio tra addetti ai lavori è infatti evidente che per Carlotto sia un elemento imprescindibile, dal momento che Youthless non è neppure la prima occasione in cui ha scritto a più mani, e vista la generosità con cui trasmette il mestiere “in bottega”. In passato in Italia, spiega, era molto più facile confrontarsi per identificare una linea teorica collettiva, adesso invece questo è possibile solo con un ristretto numero di autori italiani e maggiormente con gli stranieri, come se qui si preferisse una via strettamente individuale. Ma, insiste l’autore, la dimensione teorica è invece fondamentale. Soprattutto perché il genere noir ha bisogno di essere forzato, e superato, perché possa continuare ad adempiere al suo compito che è quello di raccontare tempi storici e luoghi.

Si dice che il noir sia una costola del romanzo poliziesco, invece, spiega Carlotto, è profondamente e ontologicamente un’altra cosa. Se il romanzo poliziesco, infatti, vede sulla scena un crimine, l’indagine e una risoluzione consolatoria che riporta da un lato l’ordine sociale facendo trionfare il bene sul male e dall’altro esorcizzando la morte per il lettore, il noir invece è letteralmente una discesa agli Inferi dei personaggi e non c’è nessuna consolazione: è lo strumento perfetto per raccontare la realtà. In questo senso il noir ha una visione iperrealista che parte dalla considerazione che viviamo in una società criminogena che idea di continuo strutture anticrimine, il tutto in una sorta di loop, e pertanto i personaggi non possono che essere perennemente a cavallo tra il bene e il male, secondo l’adagio che la tonalità del noir sia in realtà “molto grigia”.

L’unico modo, secondo Carlotto, poi, per tenere vivo e far evolvere il genere noir è quindi quello di contaminarlo: introdurre al suo interno altri generi letterari (romanzo d’amore, melò, romanzo d’introspezione ecc.) e miscelare il modo di costruire la trama noir con gli altri modi possibili di ideare trame. Unica avvertenza: non contaminarlo mai con il poliziesco, appunto, da cui deve restare fortemente distinto.

“All’inizio” confessa “pensavo che questa contaminazione dovesse essere fatta con molta delicatezza per non urtare i lettori che sono – è risaputo – molto conservatori, ma non ci sono riuscito e sono finito, nel 2019, con lo scrivere un romanzo di rottura: La signora del martedì”.

Il lettore, spiega Carlotto, deve essere sempre tenuto fortemente in considerazione dallo scrittore di noir: il tema del libro deve avere un forte interesse generale e bisogna lavorare sulla velocità di lettura facendo in modo che una volta che chi legge entra nella storia tenda ad accelerare e quasi a terminare i pensieri al posto dello scrittore. In questo modo si cementa una relazione intima tra romanzo e lettore. Di questi tempi, poi, evidenzia giustamente Carlotto, è ancora più importante avere in mente quale sia l’immaginario del lettore che, diversamente da vent’anni fa, è letteralmente colonizzato da video, pubblicità, fotografie, servizi televisivi: cioè dalle immagini. Lo scrittore deve quindi rivendicare il ruolo della letteratura in questo immaginario andando in direzione ostinatamente contraria.

Il romanzo noir è una discesa agli Inferi, e si rivela perfetto per raccontare la realtà Massimo Carlotto

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