CULTURA

L'odissea dei tesori d'arte rubati dai nazisti

In principio c'era la Gioconda, diventata ingiustamente simbolo delle opere trafugate in Italia e sparse in giro per il mondo. Al di là della bufala (la Monna Lisa è stata venduta legalmente alla famiglia reale di Francia da Leonardo da Vinci nel 1516) esistono ancora oggi numerose opere appartenenti a collezioni, chiese, privati e musei italiani, sottratte durante i conflitti e le guerre, che si trovano all'estero oppure sono scomparse.

L'ultima richiesta di rimpatrio è stata avanzata dal direttore della Galleria degli Uffizi Eike Schimdt: il protagonista è il quadro Vaso di fiori del pittore olandese Jan van Huysum. All'inizio della Seconda guerra mondiale, l'opera, insieme a tutta alle collezioni di Palazzo Pitti, fu trasferita nel 1940 nella villa medicea di Poggio a Caiano e nel 1943 fu spostata nuovamente e collocata nella villa Bossi Pucci dove fu prelevata dalle truppe tedesche durante la ritirata. Come in altri casi, il dipinto fu dimenticato e ritrovato solamente anni dopo: in particolare, il quadro di van Huysum ricomparve nel 1991 e attualmente si trova nelle mani di una famiglia tedesca.

Eike Schimdt ha dichiarato che sono arrivate diverse richieste da parte di intermediari della famiglia, con “offerte oltraggiose”. La procura di Firenze ha aperto un'indagine per estorsione, dato che l'opera appartiene allo Stato italiano e perciò non è alienabile né acquistabile.

“A causa di questa vicenda che intacca il patrimonio delle Gallerie degli Uffizi, le ferite della seconda Guerra Mondiale e del terrore nazista non sono ancora rimarginate. La Germania dovrebbe abolire la prescrizione per le opere rubate durante il conflitto e fare in modo che esse possano tornare ai loro legittimi proprietari”, osserva Schmidt, sottolineando che “per la Germania esiste comunque un dovere morale di restituire quest'opera al nostro museo: e mi auguro che lo Stato tedesco possa farlo quanto prima, insieme, ovviamente, ad ogni opera d'arte depredata dall'esercito nazista”.

Il governo tedesco ha fatto sapere, attraverso il ministro degli esteri Michael Roth, che sostiene la richiesta, auspicando una restituzione volontaria dell'opera. Il problema principale è che non spetta al governo centrale accettare l'ammissibilità del sequestro su richiesta di un ente di giustizia avanzata da un altro stato: il compito, infatti, ricade sugli enti di giustizia dei singoli Lander.

Aspettando gli sviluppi della vicenda, sono ancora molte le opere d'arte rubate durante il secondo conflitto e non ancora restituite ai legittimi proprietari. Nella conferenza internazionale, tenutasi a Berlino nel novembre 2018 sul tema del saccheggio nazista, il ministro per la cultura tedesco Monika Gruetters ha rinnovato l'impegno della Germania a continuare la ricerca e la restituzione delle opere trafugate durante il Terzo Reich. Quasi 600mila opere d'arte sarebbero state sottratte a privati, musei, chiese e gallerie; circa 100mila, tuttavia, non sono ancora state ritrovate.

via GIPHY

Fonte: Victoria & Albert Museum - Alcune pagine degli inventari delle opere sottratte dai nazisti, si leggono i nomi di artisti come Chagall, Van Gogh, Nolde, Kandinsky e Munch

Joseph Goebbels, ministro della Propaganda durante il regime nazista, iniziò nel 1933 una ferrea censura sull'arte, indicando quali artisti potevano produrre e che cosa si poteva rappresentare. Coloro che non seguivano l'estetica hitleriana furono inseriti nel programma di epurazione artistica: le opere confiscate, in particolare a mercanti e collezionisti di origine ebraica, furono vendute per finanziare il governo con alcune eccezioni.

Embed from Getty Images

Diversi capolavori furono inseriti nella mostra del 1937 Entartete Kunst, Arte degenerata, diventata poi simbolo di tutte quelle forme d'arte contrarie ai valori nazisti. Il termine, tuttavia, non è nuovo: già nel 1892 Max Nordau aveva utilizzato questo concetto per indicare un periodo di degenerazione dell'umanità in cui l'arte era tra i principali responsabili.

Tele torturate. Degrado mentale. Fantasie malate. Incompetenti malati di mente. Prodotti e produttori di un’“arte” premiata dalle cricche degli ebrei ed apprezzata dai letterati Traduzione del volantino della mostra "Entartete Kunst", 1937

Una prima soluzione per salvare le opere d'arte è stata ideata dal presidente Roosvelt: nel 1943, infatti, viene fondato il programma Monuments, Fine Arts, and Archives, una task force formata da professionisti dell'arte, provenienti da 13 nazioni, per proteggere i beni culturali e le opere nelle zone di guerra durante il secondo conflitto mondiale. Il loro impegno, raccontato nel film Monuments men del 2014, si è concluso nel 1951 quando l'ultimo superstite della task force lasciò l'Europa: si stima che siano state recuperati circa 5 milioni di beni culturali, di cui 4 milioni erano stati rubati.

Embed from Getty Images

Anche se viviamo in un'epoca in cui la trasmissione delle informazioni e la comunicazione sono tempestive, ci sono ancora diversi ostacoli che impediscono il recupero e la restituzione delle opere d'arte saccheggiate. In primo luogo c'è la rintracciabilità dei beni culturali: come nel caso della Galleria degli Uffizi, le opere disperse possono essere oggi in mano a privati, enti pubblici, collezioni oppure semplicemente perdute. Una volta ritrovata, si associa il problema di identificare l'opera: autore, anno, titolo ma anche se il manufatto è originale oppure no. A queste difficoltà si aggiungono anche tutte le limitazioni burocratiche e il problema di rintracciare i legittimi proprietari o eredi.

Dopo la conclusione della guerra, infatti, non c'è stata una chiara politica generale in materia di beni culturali confiscati. Il primo importante passo in avanti è stato nel 1998 con la conferenza di Washington, dopo quasi 50 anni dalla fine del conflitto. L'obiettivo di questo appuntamento era quello di mettere nero su bianco dei principi non vincolanti per i 44 paesi partecipanti con l'obiettivo di favorire la risoluzione delle questioni riguardanti le opere d'arte confiscate dal regime nazista dal 1933 al 1945. Gli 11 principi individuati dispongono:

  • l'identificazione delle opere confiscate dal regime nazista e non restituite;

  • l'accessibilità a ricercatori ai dati e archivi rilevanti;

  • la collaborazione di risorse e personale per facilitare l'identificazione;

  • la considerazione di inevitabili lacune o ambiguità inerenti alla provenienza delle opere, considerato il tempo trascorso e le circostanze legate all'Olocausto;

  • la pubblicazione delle opere affinché i proprietari dell'anteguerra o i loro eredi possano farsi avanti;

  • l'elaborazione di un registro centrale d'informazioni;

  • incoraggiare i proprietari dell'anteguerra o i loro eredi a rivendicare le opere;

  • tenendo conto la specificità di ogni caso, intraprendere delle misure adeguate a una soluzione giusta ed equa;

  • comporre delle commissioni o altri organi per le questioni inerenti al diritto di proprietà;

  • sollecitare le nazioni a elaborare processi nazionali per l'attuazione di questi principi.

La conferenza di Vilnius, che si è tenuta nel 2000 con lo scopo di tracciare un bilancio dopo l'emanazione dei principi di Washington, approfondisce alcuni aspetti come il concetto di identificazione delle opere, la necessità di centralizzare le informazioni e il riconoscimento della particolarità di ogni caso (non esiste, infatti, un modello unico per trattare le richieste). A potenziare ulteriormente i principi del 1998, c'è la Dichiarazione di Terezin (firmata da 46 paesi nel 2009) in cui si fa leva sull'obbligo morale di restituzione delle opere; inoltre nella dichiarazione viene messa in rilievo l'importanza della memoria storica, focalizzandosi anche sulla situazione sociale dei sopravvissuti.

A livello mondiale sono stati istituiti diversi centri per il controllo e la ricerca di queste opere, tra cui una guida, redatta dall'International Council of museums, in materia di spoliazione di beni culturali ebraici e non solo durante la Seconda guerra mondiale: all'interno sono presenti le legislazioni relative a ogni paese, i database internazionali e i progetti di ricerca dei singoli musei.

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012