Andrea Zanzotto, un'immagine tratta dal documentario di Denis Brotto
"La poesia, in generale, opera in ambienti piuttosto oscuri e carsici, in grotte, è molto cavernicola. Oppure in luoghi appartati, in deserti o vette in cima all'Elicona o al Parnaso". Ascoltiamo le parole di Andrea Zanzotto ed entriamo subito in un altro mondo: naturale, ancestrale e al tempo stesso abitato, dalla poesia, appunto. Nel centenario della nascita, il documentario Logos Zanzotto ripercorre l'opera poetica di Andrea Zanzotto (1921-2011), svelandone il valore profondo e le suggestioni visive, ma soprattutto restituendoci la sua voce, il logos capace di definire il paesaggio. Da locus amoenus a spazio visivo segnato dai pericoli della modernità e dell’inquinamento, il paesaggio è al centro dell’opera del poeta di Pieve di Soligo: stimola la sua voce criptica e al contempo armoniosa, autentica e potente, legata strettamente a una terra natale mai abbandonata, capace di rivelare l’intera esistenza delle cose in natura, passando dal locale all'universale, dai luoghi dell'intimità "piccola" al mondo intero, sconfinato. Il 3 settembre il documentario verrà presentato alla 78esima Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia come evento speciale delle Giornate degli Autori/Edipo Re. A firmare la regia è Denis Brotto, docente all'ateneo di Padova, che si è occupato anche della sceneggiatura, partendo da un soggetto ideato con Giorgio Tinazzi e Giovanni Zanzotto, e del montaggio, in collaborazione con un'eccellenza del mestiere come Paolo Cottignola.
Montaggio: Elisa Speronello
"Il senso di questo lavoro va cercato in quello che la poesia di Zanzotto mi ha sempre suggerito: è un mondo poetico fatto di parole, simboli, suoni che restituiscono un universo particolarmente composito - spiega Brotto a Il Bo Live -. La sua è una poesia non ovvia, che ci restituisce un mondo complesso e pieno di stupore. Ho pensato che, per realizzare un lavoro su di lui, fosse necessario partire da uno studio sulla sua opera e le connessioni tra la sua poesia e le immagini: chi conosce Zanzotto sa che l'immagine è per lui un referente costante, non solo perché è talvolta presente all'interno delle sue opere poetiche ma anche perché esiste un continuo rivolgersi, da una parte, a un'immagine ideale, al paesaggio, all'idea di locus amoenus, e, dall'altra, all'immagine ben diversa che ci restituisce invece la realtà. Dallo studio, poi, siamo passati a creare le condizioni per poter realizzare un vero e proprio documentario, partendo da una domanda: che cosa può fare il cinema oggi per esprimere appieno il senso della poesia di Zanzotto? Abbiamo cercato quindi di capire come restituire le tante influenze presenti nella sua opera, che si è formata in decenni attraverso saperi, linguaggi diversi e una visione del senso del linguaggio stesso che è andata modificandosi e intensificandosi nel corso del tempo".
“ Siamo partiti da una sfida, filmare qualcosa di invisibile, o quasi: la poesia. Denis Brotto
Per realizzare questo documentario è stato fatto un importante lavoro di ricerca di materiali d’archivio. Come si è svolta questa fase del lavoro e quanto tempo ha richiesto? "La parte di studio e ricerca è iniziata sette anni fa, nel 2014. In occasione di un convegno dedicato proprio a Zanzotto, io, Giorgio Tinazzi e il figlio del poeta Giovanni Zanzotto abbiamo iniziato a pensare a come creare e sviluppare questo progetto. Un ruolo fondamentale l'ha avuto il dipartimento di Studi linguistici e letterari presso cui lavoro che, insieme ad AViLab, che ha prodotto il documentario, è stato costante referente. Siamo partiti da una sfida, ovvero filmare qualcosa di invisibile, o quasi: la poesia, ciò che per sua natura non si può vedere. E in questo senso, i materiali d'archivio potevano venirci in aiuto: abbiamo cercato di mettere assieme un piccolo patrimonio di reperti, circa 100, e 200 ore di materiali, per ritrovare tracce e suggestioni del pensiero e della voce di Zanzotto. Abbiamo trovato dialoghi con altri poeti e intellettuali: quello degli anni Settanta con Balduino, che fu docente all'università di Padova, e quello con Nelo Risi, avvenuto trent'anni più tardi. Penso poi ai materiali non ufficiali, come il lavoro di Margot Galante Garrone in cui vediamo Zanzotto nascondersi dietro gli alberi della pieve di San Pietro di Feletto, creando un curioso gioco: diceva che la poesia trapunge il reale e in quelle immagini è lui stesso a trapungere la realtà, palesandosi e poi celandosi. Ed è molto significativo il materiale realizzato da Luciano Zaccaria con Giuliano Scabia in dialogo con Zanzotto. Di tutto questo patrimonio il documentario mostra alcuni elementi selezionati, sempre rivolti alla voce di Zanzotto, ma conto che tutti questi reperti possano essere visti e studiati presso il nostro dipartimento all'università di Padova".
"Se noi volessimo trasformare il poeta in un elemento definito all'interno del quadro sociale e storico, noi verremmo a togliere alla poesia la sua prima caratteristica, cioè quella di essere un momento in fuga". Andrea Zanzotto
Il documentario accoglie molte voci per ritrovarne una. Chi sono i protagonisti e cosa ci dicono del poeta? "La terza componente essenziale in questo lavoro, dopo il paesaggio e i materiali d'archivio, sono proprio le voci di coloro che hanno conosciuto Andrea Zanzotto, da vicino: poeti, studiosi, critici della sua opera. Con loro abbiamo cercato di capire perché la sua voce risulti così unica, originale, personale. Pur parlando di un poeta che per la maggior parte della sua vita è rimasto in un solo luogo, i colli di Pieve di Soligo. Eppure partendo da quel luogo, così circoscritto, la sua voce è riuscita a imporsi con una sorta di universalità". Così, nel documentario, incontriamo il poeta Luciano Cecchinel, il critico Andrea Cortellessa, Stefano Dal Bianco e Gian Mario Villalta, "l'artista Giosetta Fioroni che, negli anni trascorsi insieme a Goffredo Parise a Salgareda, fu spesso in dialogo con Andrea Zanzotto, realizzando anche opere visive sulla sua poesia". E ancora, Marzio Breda, Massimo Cacciari, Francesco Carbognin, il musicologo Paolo Cattelan, Giorgio Tinazzi, coautore del soggetto del documentario e prezioso esploratore del cinema e delle connessioni tra l'opera di Zanzotto e quella di Fellini. Infine, "Emanuele Zinato, critico letterario che ci ha permesso di capire il senso della tesi di laurea di Zanzotto su Grazia Deledda".
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Cosa ci ha lasciato Andrea Zanzotto, quale la sua lezione? E come possiamo leggere la sua opera oggi? "Forse potremmo lasciare un tentativo di risposta proprio al documentario, che cerca di ridare il senso della grandezza dell'opera di Zanzotto e la sua visione per certi versi profetica: oggi siamo immersi nelle problematiche del paesaggio ma nel pensiero e nella poesia di Zanzotto ci sono segnali fortissimi già a partire dagli anni Sessanta, quando ancora non esisteva la coscienza ecologica che c'è invece oggi, e quando anzi, al contrario, l'orientamento era verso un progresso di costruzioni e di ampliamento delle cementificazioni, che sembrava essere la nuova panacea della società. Ma alcune voci, singole e isolate, avevano compreso i rischi: tra queste, spicca la voce di Andrea Zanzotto, che l'ha fatto in una chiave poetica".
L'altra sua lezione è legata al "logos, a una lingua costantemente in fase di creazione, che non ha strettamente connessioni con la scrittura e la grammatica ma si reinventa, si rinnova continuamente. E questo è un invito, anche per noi, a ripensare costantemente la realtà".
LOGOS ZANZOTTO
ITA, 2021, 74’
Una produzione AViLab, in collaborazione con Dipartimento di Studi Linguistici e Letterari - Università degli Studi di Padova e con Gooliver Associazione Culturale
Regia di Denis Brotto
Con Marzio Breda, Massimo Cacciari, Francesco Carbognin, Paolo Cattelan, Luciano Cecchinel, Andrea Cortellessa, Stefano Dal Bianco, Giosetta Fioroni, Giorgio Tinazzi, Gian Mario Villalta, Emanuele Zinato
Prodotto da Federico Massa
Soggetto: Denis Brotto, Giorgio Tinazzi, Giovanni Zanzotto
Sceneggiatura: Denis Brotto
Direzione della fotografia: Federico Massa
Riprese: Tommaso Brugin
Assistenti alle riprese: Federico Sillo, Luca Zantomio
Montaggio: Denis Brotto, Paolo Cottignola
Suono in presa diretta: Marco Zambrano, Enrico Lenarduzzi
Audio Post Production & Sound Design: Riccardo Menegon
Ricerca e selezione materiali d’archivio: Monica Bortolami, MariaFiorina Cicero, Deborah Osto Grafica e titolazioni: Elia Favorido
Materiale tecnico: AViRENT