SCIENZA E RICERCA

Maldive, il paradiso terrestre invaso dalle microplastiche

Mare cristallino dalle mille sfumature d’azzurro, spiagge di sabbia finissima e barriere coralline. Le Maldive sono considerate un vero “paradiso terrestre”, eppure la concentrazione di microplastiche nelle acque di questi atolli è una delle più alte al mondo: oltre 1.000 particelle per chilo di sabbia analizzata. A dirlo è un team di biologi marini della Flinders University, in Australia, che lancia l’allarme su Science of the Total Environment: la microplastica minaccia la salute delle barriere coralline maldiviane e delle comunità insulari che vivono di pesca e di turismo.

Il gruppo guidato da Karen Burke de Silva e Toby Patti si è concentrato sull’inquinamento provocato dalle insidiose microplastiche. Ovvero tutti quei minuscoli frammenti di plastica che misurano meno di 5 millimetri di lunghezza (ma più di 330 micrometri), prodotti appositamente in formati così piccoli – per esempio negli scrub – o che derivano dalla frantumazione e degradazione di oggetti di plastica più grandi, compreso le vernici delle imbarcazioni e le fibre tessili sintetiche.

Stavolta il team ha preso in considerazione Naifaru, la terza isola più popolosa di tutte le Maldive, a circa 140 km dalla capitale Malé. E per determinare la quantità di microplastica presente nelle sue acque ha raccolto ed esaminato 66 campioni provenienti da 22 siti distribuiti sulla costa di Naifaru, tra spiagge, barriera corallina interna (reef flat) ed esterna (fore reef). Ma l’indagine ha fatto emergere nuove amare verità. 

Le microplastiche sono onnipresenti a Naifaru: tutti i 66 campioni contenevano in media 300 microframmenti per chilo, con un massimo di 1015 particelle per chilo nel sito di campionamento più a sud dell’isola (Reef flat 1), e un minimo di 180 per chilo nel sito di campionamento a ovest (Reef flat 3). In particolare la barriera corallina interna è risultato essere l’ambiente con la più alta concentrazione totale di microplastiche per chilo di sedimenti raccolti, mentre le spiagge sono risultate essere le più “pulite”. 

Purtroppo questo paradiso non è nuovo a dati del genere. Studi precedenti avevano riscontrato una concentrazione simile (197-822 particelle/kg) di microplastiche anche in altri atolli maldiviani. Ma con questo nuovo record, le Maldive entrano definitivamente nella triste classifica delle aree più inquinate al mondo dalle microplastiche. Basti pensare che nello stato indiano di Tamil Nadu, altro sito problematico, si trovano “solo” fino a 611 microplastiche per chilo.

I ricercatori hanno poi valutato la composizione chimica e il diametro delle microplastiche rinvenute, scoprendo che il 49% di queste era costituito da filamenti, come fibre tessili, e il 51% da frammenti. Mentre i polimeri più diffusi sono risultati essere il polietilene, il polipropilene e il polistirene. Infine tutte le microplastiche avevano dimensioni comprese tra i 3 e gli 0,01 millimetri: in particolare quelle con dimensioni inferiori agli 0,4 millimetri costituivano il 64,4% del totale. 

«La maggior parte dei frammenti trovati nel nostro studio avevano una larghezza inferiore a 0,4 mm» ha spiegato Toby Patti, primo autore dello studio. «Un formato particolarmente preoccupante perché facilmente ingeribile da parte degli organismi marini, soprattutto invertebrati, come i coralli sclerattinie, meglio conosciuti come madrepore, che sembrano avere una predilezione per questo tipo di particelle». E come se non bastasse «il 66% delle microplastiche era di colore rosso o blu, un altro fattore che le fa somigliare a delle prede e incide sulla loro probabilità di essere ingerite. Una ricerca sul contenuto dello stomaco dei pesci, per esempio, ha rilevato proprio un’elevata preferenza alimentare di questi animali per le microplastiche colorate di blu e di rosso». Le conseguenze di questo inquinamento potrebbero quindi essere gravissime, influire sulla dieta dei coralli e dei pesci maldiviani e ripercuotersi poi sugli stessi isolani.

Ma da dove arrivano tutte queste microplastiche? Probabilmente la maggior parte arriva alle Maldive trasportata dalle correnti oceaniche e proviene dai paesi – molto più grandi e popolosi – che si affacciano sull’Oceano Indiano, come l’India. Ma anche i Maldiviani e i turisti hanno la loro quota di responsabilità, a partire dall’abbandono dei rifiuti e da una pessima gestione di quelli che vengono raccolti, fino alla rete fognaria e ai sistemi di raccolta e depurazione delle acque reflue che lasciano a desiderare.

«Nell’ultimo decennio, alle Maldive, la produzione di rifiuti pro capite è aumentata del 58%. Ma le attuali pratiche di gestione dei rifiuti non riescono a tenere il passo con la crescita della popolazione e il suo ritmo di sviluppo» ha spiegato Karen Burke de Silva, tra le autrici della ricerca. «Senza una riduzione della produzione di rifiuti e rapidi miglioramenti nella loro gestione, le piccole comunità insulari continueranno a contribuire all’inquinamento da microplastica negli ambienti marini, con un potenziale impatto negativo sulla salute dell’ecosistema e degli organismi marini, che infine si ripercuoterà sulle stesse popolazioni locali che vivono di turismo e di pesca».

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