SOCIETÀ

Minerali critici e tecnologie green per un’industria europea più indipendente

Secondo lo studio sui minerali critici della Commissione Europea, aggiornato al 2023, il Vecchio Continente importa il 100% delle terre rare pesanti e il 97% del magnesio dalla Cina. Con questa premessa Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, giovedì 16 marzo ha annunciato due nuovi pacchetti normativi del Green Deal Industrial Plan, il piano europeo per un’industria sostenibile. Terre rare e magnesio sono due dei più di 30 minerali essenziali al sistema industriale europeo, per la produzione di magneti il primo, di alluminio, acciaio e diversi dispositivi elettronici il secondo. "La pandemia e la guerra ci hanno insegnato una lezione sulle dipendenze. Se vogliamo essere indipendenti, dobbiamo urgentemente rafforzare e diversificare le nostre catene di approvvigionamento con partner più stretti".

Net Zero Industry Act

Il primo pacchetto, il Net Zero Industry Act, mira a rafforzare l’industria delle tecnologie per la decarbonizzazione. In cima alla lista c’è la nuova filiera delle rinnovabili, quindi turbine eoliche, pannelli solari, pompe di calore, batterie, elettrolizzatori per produrre idrogeno. Ma ci sono anche soluzioni tradizionalmente care all’industria dei combustibili fossili, come i sistemi di stoccaggio dell’anidride carbonica (l’obiettivo è 50 Mt all’anno su suolo europeo, con un contributo obbligatorio dell’industria Oil&Gas) e i carburanti alternativi (dai biocarburanti agli e-fuels).

Ci sono poi i sistemi di efficientamento energetico, di miglioramento della rete elettrica e le tecnologie della filiera del nucleare, come gli small modular reactors (SMEs), oltre che una banca europea per l’idrogeno.

Procedure amministrative semplificate e investimenti nella formazione di figure professionali a supporto della transizione ecologica sosterranno l’adozione di queste soluzioni.

Soprattutto, la proposta della Commissione Europea fissa l’obiettivo ambizioso di produrre il 40% delle tecnologie green su suolo europeo entro il 2030. Per la produzione di batterie il target viene fissato addirittura al 90%.

Considerando che l’Europa oggi produce solo il 10% dei pannelli solari che installa importando il resto dalla Cina, dominatrice di questo mercato, l’asticella viene messa piuttosto in alto, tanto che il think tank Bruegel, commentando una bozza della proposta, aveva paventato il rischio di un eccessivo protezionismo e di un conseguente aumento dei costi della transizione.

La Cina detiene anche la gran parte delle capacità di lavorazione di molti dei materiali, o meglio dei minerali, alla base della filiera tecnologica da riprogettare in chiave di sostenibilità e circolarità.

L’inclusione di un elemento della tavola periodica nella lista dei minerali critici, aggiornata dalla Commissione ogni tre anni, dipende dalla sua importanza economica e dal grado di rischio associato alla sua fornitura, piuttosto che dalla sua abbondanza nella crosta terrestre. Criteri e valutazioni si possono trovare in uno studio approfondito allegato alla proposta della Commissione.

Critical Raw Materials Act

La seconda nuova proposta di regolamento della Commissione Europea, il Critical Raw Materials Act, aggiorna a 34 il numero di minerali critici presenti nella lista, individuando quelli ritenuti strategici. Tra questi sono inseriti anche minerali che al momento non superano la soglia di criticità ma che sono ugualmente ritenuti cruciali, come il rame, alla base di ogni rete elettrica, e il nickel, presente ad esempio nei poli delle batterie al litio.

Anche in questo caso, la proposta della Commissione fissa degli obiettivi e punta ad arrivare a estrarre dal vecchio continente, entro il 2030, almeno il 10% dei minerali critici di cui necessita, portando ad almeno il 40% la loro lavorazione. Il 15% del consumo europeo dovrà provenire da riciclo di quelli già estratti, e la soglia massima di importazione di ciascun minerale strategico da un singolo Paese è stata abbassata al 65% del consumo europeo.

Questo comporterà necessariamente una revisione delle quote di importazione da alcuni Paesi. Il 100% delle terre rare pesanti (un gruppo di una decina di elementi) arriva infatti all’Europa dalla Cina, mentre dalla Turchia arriva il 99% dei borati, utilizzati per produrre sia vetro sia fertilizzanti, ma anche airbag. Il Sud Africa fornisce all’Europa il 71% del platino e percentuali ancora maggiori di metalli del gruppo del platino (PRMs) come iridio, rodio e rutenio.

“L’Europa non sarà mai del tutto auto-sufficiente” ammette la Commissione. Pertanto deve stringere rapporti con partner affidabili in quello che definisce un Club dei minerali critici. L’Unione Europea ha già ad esempio un accordo commerciale con il Cile, che abbonda di riserve di litio, e ne sta sviluppando altri con Australia e Indonesia, vitali per il rifornimento rispettivamente di terre rare e nickel. Altre partnership verranno strette invece in termini bilaterali con il Canada (per materiali impiegati nelle batterie quali litio, nickel e cobalto) e con l’Ucraina che può fornire all’Europa una ventina di minerali critici tra cui il titanio.

In ogni caso, sia la produzione interna sia le importazioni dovranno prestare attenzione al rispetto dei diritti umani e alla tutela dell’ambiente, si legge nel testo della Comunicazione della Commissione.

La realizzazione degli obiettivi delineati dalla proposta di regolamento sarà coordinata da un’agenzia dedicata, lo European Critical Raw Materials Board, che si occuperà anche di velocizzare l’accesso ai permessi di siti estrattivi considerati strategici. La Commissione prevede inoltre un sistema congiunto di acquisto dei materiali critici sui mercati globali sulla base di una domanda aggregata dei Paesi membri dell’UE.

Gli Stati membri dovranno anche impegnarsi a sviluppare programmi per l’esplorazione delle risorse nazionali. Secondo quanto però dichiarato da Fiorenzo Fumanti, geologo e ricercatore ISPRA, la ricerca mineraria italiana è ferma da almeno 20 anni.

Altri obiettivi

Oltre alle due proposte di regolamento presentate giovedì 16 marzo, la Commissione ne aveva presentata un’altra due giorni prima, martedì 14 marzo, a proposito della riforma del mercato elettrico. Anche in quel caso erano stati ricordati degli obiettivi: entro il 2030 l’Unione Europea mira ad avere quasi 600 GW di capacità solare e 510 GW di eolico. Così il 70% dell’elettricità europea sarà rinnovabile. Per arrivarci vanno aggiunti ogni anno 48 GW di solare e 36 GW di eolico.

Il testo del documento del Net Zero Industry Act si lega proprio a questi obiettivi e riporta che la capacità manifatturiera del vecchio continente deve tradursi entro il 2030 in almeno 30 GW per i pannelli solari (equivalente alla copertura di circa la metà della domanda annua al 2030), almeno 36 GW per l’eolico (l’85% della domanda) e almeno 31 GW per le pompe di calore (il 60% della domanda). Per la produzione di batterie si parla invece di 550 GWh annui (il 90% della domanda europea annua), mentre per i 10 milioni di idrogeno verde che si mira a produrre in Europa entro il 2030 serviranno elettrolizzatori (25 GW) interamente fabbricati in Europa.

Un altro documento della Commissione Europea pubblicato giovedì 23 marzo stima anche che serviranno circa 90 miliardi di euro nei prossimi 7 anni per realizzare questi obiettivi, la maggior parte dei quali (68 miliardi) da investire nel solo settore delle batterie. In uno scenario in cui l’Europa arriva a produrre il 100% di queste tecnologie in casa propria l’investimento salirebbe a quasi 120 miliardi di euro.

Prima della definitiva adozione le tre proposte della Commissione su industria, minerali e mercato elettrico dovranno venire discusse e votate dal Parlamento Europeo e dal Consiglio dell’Unione Europea.

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