SCIENZA E RICERCA
Le misure restrittive in Italia hanno evitato 200.000 ospedalizzazioni
Si avvicina la data del 4 maggio, termine per cui è stata fissato il graduale rilascio delle misure restrittive. La speranza nell’imminente riapertura si mescola con l’insofferenza alla reclusione e con la necessità di riprendere le attività lavorative. Non sarà un liberi tutti, ma un ritorno alla normalità per tappe, che non esclude il ritorno del lockdown laddove gli indicatori epidemici dovessero riavvicinarsi alle soglie critiche. Intanto il numero dei morti per CoVid-19 in Italia è già superiore a 26.000. Ma sarebbe potuta andare anche peggio.
Uno studio pubblicato su Pnas il 23 aprile e diretto da Andrea Rinaldo, professore di costruzioni idrauliche all’università di Padova e direttore del Laboratory of Ecohydrology dell’Ecole Polytechnique Federale di Losanna (EPFL), esamina l’efficacia degli interventi di contenimento introdotti in Italia a febbraio, con l’istituzione della zona rossa nel lodigiano e a Vo’ Euganeo, e a marzo, con il blocco dell’intero Paese tra l’8 e l’11 marzo. I risultati suggeriscono che le restrizioni imposte alla mobilità e il distanziamento sociale tra persone hanno ridotto la trasmissione del contagio del 45%.
Il risultato più saliente dello studio è quello mostrato dai due scenari, ottenuti dal modello di diffusione dell’epidemia elaborato dai ricercatori. Il primo scenario mostra cosa sarebbe successo se non ci fosse stato il lockdown di marzo, ma la sola istituzione a febbraio della zona rossa nel lodigiano e a Vo’ Euganeo. Il secondo scenario mostra invece come e quanto si sarebbe diffusa l’epidemia in Italia senza alcun blocco, né a febbraio né a marzo. “Abbiamo stimato che il numero di ospedalizzazioni evitate grazie alle misure restrittive è nell’ordine delle 200.000” commenta Andrea Rinaldo. “È stato evitato il collasso del sistema sanitario nazionale”.
Guarda l'intervista completa a Andrea Rinaldo, professore di costruzioni idrauliche all’università di Padova che ha diretto lo studio pubblicato su Pnas. Montaggio di Elisa Speronello
Nello studio, firmato a primo nome da Marino Gatto del Politecnico di Milano, sono state considerate 107 tra province e aree metropolitane, connesse tra loro dalla rete di mobilità, in un periodo compreso tra il 21 febbraio e il 25 marzo.
Il gruppo di ricercatori (sparsi tra l'università Ca' Foscari di Venezia, l'università di Zurigo, il Politecnico di Milano, il Politecnico federale di Losanna e l'Università di Padova) ha sfruttato la lunga esperienza accumulata a lavorare sui modelli che descrivono l’ecologia dei patogeni il cui ciclo vitale ha a che fare con l’acqua e che descrivono la diffusione epidemica di queste waterborne diseases, come il colera. “In questi casi si dice che il modello è esplicito spazialmente" spiega Rinaldo, “cioè descrive fedelmente dove sono e come sono collegate tramite reti di mobilità le comunità umane”.
I nodi di questa rete di connettività sono le comunità di persone e i flussi in entrata e in uscita vengono stabiliti in base ai dati disponibili di suscettibili, esposti, infetti (pre-sintomatici e asintomatici) e guariti. “Le stime e i dati sono necessariamente imperfetti, il numero dei contagi riportati ogni giorno è con ogni probabilità una sottostima, ma i modelli aiutano proprio a stimare l’incertezza e a tenere l'errore sotto controllo”, spiega Rinaldo.
I dati della mobilità delle persone, suscettibili o infetti non sintomatici, sono quelli registrati dai flussi di traffico e dalla telefonia mobile (ogni telefono mobile ha un GPS).
“Queste caratteristiche, che coinvolgono problemi computazionali di ordini di grandezza superiori rispetto ai modelli spazialmente impliciti, e richiedono competenze che non si mettono in piedi dalla sera alla mattina, consentono al modello di non trattare il numero di riproduzione del virus, il famoso R0 di cui parlano anche i telegiornali, in modo semplicistico” commenta Rinaldo. Il valore iniziale (a febbraio) di R0 individuato dai ricercatori è stato stimato essere intorno a 3,6, in accordo con diverse stime indipendenti, mentre è stato visto scendere sotto la soglia critica di 1 al 25 marzo.
Anche un recente studio dell’università San Raffaele ha utilizzato i dati di mobilità per mostrare che il virus con ogni probabilità si è spostato lungo l’autostrada A21 da Brescia a Torino. Il lavoro diretto da Rinaldo invece è servito a generare due scenari controfattuali che simulano come il virus si sarebbe diffuso senza interventi restrittivi. “Ora abbiamo evidenze per poter dire che le misure restrittive sono state efficaci, soprattutto nell’evitare il collasso del sistema sanitario nazionale”, conclude Rinaldo, che invita anche alla cautela sulle riaperture: “se dovessimo semplicemente tornare alle condizioni di esposizione al contagio dei giorni di febbraio saremmo ancora in tempo per una catastrofe. Il numero di suscettibili è quasi ovunque intorno al 95% nella popolazione. Cautela e massicci interventi di campionamento sono la soluzione che tiene insieme sia i costi sia i benefici delle politiche locali e nazionali”.