Ha vinto lo Strega, il più prestigioso premio letterario italiano, è piaciuto molto ma è stato anche molto criticato. Parliamo ovviamente di M. Il figlio del secolo (Bompiani 2018), che fin dalla copertina si dichiara un romanzo, per poi subito specificare all’interno che i “Fatti e personaggi non sono frutto della fantasia dell’autore”, e che anzi “ogni singolo accadimento, personaggio, dialogo o discorso qui narrato è storicamente documentato e/o autorevolmente testimoniato da più di una fonte”.
Una pluralità di piani di lettura, o se vogliamo un’ambiguità, che si riflette anche nella forma e nella stessa struttura del libro, in cui i capitoli non sono legati tra loro da un evidente filo narrativo ma si giustappongono quasi come una sorta di documentatissimi tableaux vivants, disposti dall’autore con la maestria di uno scenografo e di uno sceneggiatore. Capitoli che spesso si alternano a estratti di discorsi, articoli di giornale, lettere e memorie, che hanno al tempo stesso la funzione di fonti documentarie e di note a piè di pagina: senza che peraltro la struttura narrativa ne risulti indebolita, anzi.
Guarda l'intervista ad Antonio Scurati. Servizio di Daniele Mont D'Arpizio, riprese e montaggio di Elisa Speronello
Una ricetta che l’autore sintetizza nella formula di ‘romanzo documentario’, in cui il rigore dello storiografo dovrebbe intersecarsi con gli strumenti narrativi propri del narratore: “Quello che ho ricercato è una nuova forma di romanzo, che stabilisse con il pubblico un diverso rapporto di comunicazione della storia nazionale”, spiega Antonio Scurati prima dell’incontro tenutosi a Palazzo Luzzato Dina nell’ambito dei seminari organizzati dal Centro Interuniversitario di Storia Culturale. E aggiunge: “Credo che la letteratura sia una forma di conoscenza, non solo di intrattenimento, e che con la saggistica possa costituire due forme di conoscenza specifiche, ciascuna con le proprie peculiarità e capacità e quindi assolutamente complementari”.
Il risultato di questa complessa operazione evidentemente funziona, stando al responso del pubblico sovrano: 300.000 le copie vendute finora solo in Italia con 21 edizioni, mentre sono in corso le traduzioni per 37 Paesi. “Ci sono centinaia di migliaia di italiani, e io sento molto la responsabilità di questo, che conosceranno la storia del Fascismo attraverso un'opera letteraria e non attraverso studi storici – dice l'autore nella sua intervista a Il Bo Live –. Magari solo in prima battuta, perché uno dei miei auspici è che questo libro induca poi molti lettori ad approfondire”.
“ Romanzo e saggistica sono due forme di conoscenza, ciascuna con le proprie peculiarità e capacità e quindi assolutamente complementari
Un successo che induce a interrogarsi non solo sulle qualità del volume, ma anche sulle ragioni dell’interesse suscitato: “Non vi è dubbio che M sia un romanzo sul Fascismo e gli accadimenti di 100 anni fa, ma anche sull'Italia e l'Europa del 2018”, continua Scurati. “Io non mi lusingo e non mi illudo pensando che tutte queste persone abbiano letto M soltanto perché ne apprezzavano la qualità letteraria: so che una motivazione che ha spinto tanti lettori ad accostarsi a questo libro è la volontà di comprendere ciò che accadde 100 anni fa, per capirsi e per capire ciò che accade oggi”.
Ma l’opera di Scurati è soprattutto un libro sul potere della parola, sulla sua capacità di incidere nella storia e di cambiarla. La parola comburente dei discorsi di Gabriele D’Annunzio, per certi versi coprotagonista del libro come lo fu del periodo storico in cui esso è ambientato, ma anche quella stampata nelle decine, poi centinaia di migliaia di copie del Popolo d’Italia, il giornale che fu tassello fondamentale nell’ascesa del fascismo e di Mussolini. Sangue, onore, nazione, orgoglio… Le stesse parole che, sempre più minacciose, tornano ad aleggiare nel mondo di oggi.