SOCIETÀ

I nativi americani e il rapporto con la politica e la futura amministrazione Biden

Con l’inizio di dicembre si è concluso il Native American Heritage Month, il mese dedicato alle tribù native americane, per onorare e riconoscere il loro contributo alla formazione degli Stati Uniti ma anche per celebrare la loro storia e la loro cultura. Nel territorio statunitense sono presenti circa 5,7 milioni di nativi americani, secondo l’ultimo censimento del 2010: un dato decisivo, soprattutto alla luce delle ultime elezioni Usa. Joe Biden sta ricevendo numerose pressioni da diversi fronti per eleggere come segretario dell’Interno Debra Haaland, una delle due native americane ad essere elette per la prima volta al Congresso.

Dai rappresentanti democratici della Camera ai leader delle tribù, sono molti a vedere l’elezione di Haaland come un passo fondamentale per tornare a discutere del tema delle popolazioni indigene americane. Il segretario dell’Interno, tra le varie mansioni, si occupa anche della gestione dei rapporti tra tribù e governo ma questa nomina potrebbe stravolgere anche altri ambiti. 

Il segretario dell’Interno ha tra i vari compiti anche quello di gestire le risorse naturali della nazione: l’attivismo progressista e ambientale sostenuto dai nativi americani, soprattutto delle nuove generazione, potrebbe portare il governo a prendere in considerazione l’utilizzo sempre più significativo di energie rinnovabili, soprattutto nei territori appartenenti alle popolazione indigene, garantendo così la salvaguardia delle risorse e aiutando lo sviluppo economico delle tribù. Obiettivi che l’amministrazione Trump non ha perseguito: il presidente uscente, infatti, sta facendo pressioni per concedere al più presto alle compagnie petrolifere di perforare un’area di 600 mila ettari in Alaska, nell’area protetta Arctic National Wildlife Refugee. Da 30 anni questa zona è rimasta inviolata, rifugio sicuro per numerose specie animali e per gli Gwich’in, una tribù indigena locale.

Questo è uno dei tanti disastri che il governo Biden dovrà risolvere se vuole mantenere gli obiettivi lanciati durante la campagna elettorale che includono un’assistenza sanitaria affidabile, finanziamenti per l’istruzione e i giovani, opportunità economiche e di sviluppo oltre alle questioni territoriali e sociali. Il rapporto tra tribù e governo è un nodo che si è sciolto solo parzialmente nei decenni precedenti: numerose iniziative, come il Native American Heritage Month, hanno lo scopo di aumentare la consapevolezza del grande pubblico sulle sfide che i nativi americani affrontano ogni giorno.

Chi sono i nativi americani? 

Il termine Native American è utilizzato principalmente per indicare le popolazioni indigene nel territorio del Nord America, suddivise in American Indian e Alaska Native. In totale sono state identificate a livello federale 574 tribù: tuttavia, rimangono ancora un centinaio non riconosciute o coinvolte nell’iter per il riconoscimento. La suddivisione più comune è per aree culturali, cioè zone in cui determinati tratti culturali si sono generati contemporaneamente come ad esempio la tipologia di organizzazione sociale gerarchica oppure la pesca al salmone. Le aree si dividono in Artico, Subartico, Costa nord occidentale, Altopiano, Gran Bacino, California, Pianure, Foreste orientali, Sudest e Sudovest.

Questa distribuzione, tuttavia, è frutto dell’arrivo degli europei e dei successivi dislocamenti e cambiamenti per le tribù. Pianificazioni, inganni, fame, malattie, scontri e genocidi hanno caratterizzato la storia dei popoli nativi durante l’Ottocento e il Novecento quando gli Stati Uniti erano una nazione in piena espansione. Fino alla fine del diciannovesimo secolo ci furono scontri tra i nativi e i soldati americani, con pochi gratificazioni da parte del governo: il riconoscimento come cittadini avvenne solo nel 1924. Ogni tribù venne trattata singolarmente dal governo, come un’entità nazionale, un rapporto definito come “da governo a governo” che viene utilizzato ancora oggi: le tribù non sono subordinate ai singoli Stati, anche se ci sono delle eccezioni, ma gestite alla pari. 

Come detto in precedenza, sono più di 570 le tribù riconosciute a livello federale; questo significa che ci sono responsabilità, poteri, limiti e obblighi da entrambe le parti. Queste tribù sono idonee anche ai finanziamenti e hanno diritto a benefici, servizi e protezioni federali. Sono stati pubblicati nel 1978 alcuni regolamenti per delineare il processo di riconoscimento che si conclude, in linea generale, attraverso atti del Congresso, procedure amministrative e decisioni dei tribunali federali.

Tuttavia, il rapporto tra il governo e i nativi americani è tutt’oggi complesso sotto diversi punti di vista, in particolare quello legato all’utilizzo delle terre e delle risorse naturali. Per quanto riguarda il primo punto, esistono due tipologie di possesso: la prima è il trust land in cui il governo federale detiene il titolo legale ma i benefici dall'utilizzo del terreno rimango alle tribù. La seconda opzione, invece, è che la tribù possiede anche il titolo legale. Negli Stati Uniti prevale, con un totale di più di 2 milioni di ettari, la prima forma e questo è il motivo delle numerose proteste dei nativi americani nei confronti del governo. Lo stesso trattamento avviene per le proprietà sulle risorse naturali: se le risorse si trovano su un’area dei nativi, il loro utilizzo è affidato alla tribù, mentre nel caso dei trust land le popolazioni indigene non possono usufruire e sviluppare le risorse senza il consenso del governo.

Il problema legato alla terra inizia nell’Ottocento, privando da allora i nativi del loro potenziale sviluppo economico, culturale e umano. Nel 1887 viene approvato il General Allotment Act, un procedimento per integrare i nativi americani: attraverso la distribuzione delle terre tra i singoli membri e non all’intera tribù, permise al governo di insediare gli europei nelle parti vuote di questo enorme schema a scacchiera tra trust land, terre di proprietà e a pagamento. Questa decisione, tuttavia, divenne una barriera per le tribù: non fu possibile infatti proseguire le attività economiche con ampio uso di terra come l’agricoltura o l’allevamento, divenne un ostacolo anche raggiungere la propria terra, oltre alle numerose controversie giudiziarie tra coloni e nativi americani.

La situazione peggiorò anche a causa del problema dell’eredità: alla morte del proprietario, infatti, il possedimento non venne diviso fisicamente ma viene frazionato il titolo per il numero di eredi; così facendo per un piccolo pezzo di terra esistono un gran numero di proprietari, rendendola così inutilizzabile. Come detto in precedenza, la presenza delle persone non native americane fu un problema anche dal punto di vista culturale: l’accesso ai luoghi sacri fu spesso negato, mettendo così a rischio la conoscenza della propria cultura alle nuove generazioni di nativi.

La gestione della terra è ancora un grave problema per i nativi americani ed è per questo che un segretario dell’Interno appartenente a una tribù può sicuramente intraprendere nuove strade, focalizzate sulla conservazione dell’ambiente, sulla lotta ai cambiamenti climatici e sulla valorizzazione delle diversità culturali. Attendiamo quindi di scoprire, con un po' di apprensione, se Deb Halland diventerà o no la prima nativa americana segretario dell’Interno

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