SOCIETÀ

La pandemia Covid-19: Pasqua, 25 aprile e 1° maggio 2020

Molti di noi erano abituati a festeggiare socialmente Pasqua, 25 aprile, Primo Maggio, in mezzo ad altri, parenti colleghi concittadini, spesso a prescindere da fede religiosa o politica, come umani di una nazione intrisa di sacro e orgogliosa della Liberazione. Sono alcuni fra gli appuntamenti generali previsti nelle prossime quattro settimane, in cui dovremo continuare a restare isolati dentro casa, fuori solo chi lavora per i servizi essenziali durante la pandemia Covid-19. O anche noi, magari, pochi minuti e con giustificate comprovate ragioni. Per compleanni e matrimoni sono state trovate soluzioni individuali, comunque niente spostamenti fuori città. Per altre attività comuni ci si organizza con chat o Instagram o fruizioni di gruppo.

Tuttavia, non tutti gli eventi pubblici sono privati, e non tutti quelli pubblici risultano procrastinabili o annullabili per l’edizione 2020. La situazione per i festival letterari, i teatri, le mostre e per le competizioni sportive è oggettivamente complicata fino all’estate, sconvolta forse pure dopo, nella programmazione e nelle forme. Dovremo scordarci a lungo gli assembramenti e i viaggi turistici. E, purtroppo o per fortuna, il meteo indica tempo soleggiato e mite nei prossimi giorni. Per Pasqua, Venticinque aprile, Primo maggio non possiamo rinviare a dopo che l’isolamento sarà finito, sono celebrazioni annuali, quel giorno e quel significato, tutti gli anni nelle condizioni date, felici o abbacchiati, pioggia o sole, in chiesa o in strada, in piazza o a casa, un’ora o più giorni, malattia individuale o generale che sia in circolo. La comunione spirituale è necessariamente di massa. Suoni e gesti sincronici, campane a basso volume e lumi accesi aiutano.

La situazione per i festival letterari, i teatri, le mostre e per le competizioni sportive è oggettivamente complicata

Molti di noi avranno occasione di festeggiare qualcosa. In vista della domenica di Pasqua 2020, di sabato 25 aprile e di venerdì Primo Maggio istituzioni religiose, civili, sindacali stanno proponendo come garantire una ritualità collettiva per quanto distanti, una vicinanza senza contatto corporale, forse più intima. Partecipiamo tutti con entusiasmo, rispetto e tolleranza, a ognuna e a tutte, ciascuno con la propria identità meticcia e la propria gioia riflessiva.

Virtuale è solo il contatto materiale. Ci servirà ad alleviare tensione fisica e disagi psichici, ci servirà a comprendere meglio la novità comunitaria planetaria di questa lunga emergenza critica.

Ogni religione sta adattando tempi e modi del pregare condiviso, consapevoli che in molti culti il soggetto celebrante è il popolo. In Italia, il periodo religioso pasquale è un evento che riguarda tutti i cittadini e, certo, papa Francesco è stato già capace di toccare pensieri e cuore di credenti e non credenti, in particolare quando è apparso in Piazza San Pietro solo, sotto la pioggia. Fra i cattolici credenti, è di sollievo leggere la Bibbia, Matteo 6, 5-8, sulle forme sostanziali della preghiera. La settimana santa ha avuto inizio con un passaggio di palme e di ramoscelli d’olivo sui social. Nei prossimi giorni la Chiesa Cattolica ha annullato le processioni cittadine o le benedizioni a domicilio e annunciato celebrazioni liturgiche senza pubblico, condivise nelle case tramite dirette televisive o streaming. Giusto così. Per le pulizie e le leccornie annualmente associate ai prossimi giorni (le stesse lezioni scolastiche a distanza vanno in vacanza) ormai stiamo divenendo tutti provetti domestici (io meno) e, magari, se prepariamo o compriamo qualcosa di speciale (normale a Pasqua), regaliamone in qualche modo anche a chi non può permetterselo.

Molti di noi pensano che pure la Festa della Liberazione riguarda tutti. In particolare, per il prossimo 25 aprile un ampio composito pluralista gruppo di personalità della cultura, dello spettacolo, della produzione e dell’associazionismo hanno suggerito di trovarci per via digitale e cantare tutti verso le 11 insieme a distanza la canzone simbolo dell’Italia che lotta, musica nota e apprezzata in tutto il mondo, “Bella ciao”, separatamente ma in coro, intonati e stonati, in sincronia o fuori tempo, con base musicale o senza, a bassa o alta voce che sia, nel cuore e in mano la Costituzione, bandiere tricolori alle finestre e sui balconi, almeno un milione nella piazza virtuale, di più se possibile, esponendo eventualmente anche simboli antifascisti fuori da ogni contesto chiuso.

Ecco il senso dell’appello: “Occorre porre fine a tutte le guerre fratricide per unirci tutti nell’unica lotta contro i tre nemici comuni: il virus, il riscaldamento del pianeta e le disuguaglianze socio-economiche. Stringiamoci intorno alle nostre comunità locali per ridare forza alla comunità nazionale e a quella planetaria”. Chi può visiti il sito, aderisca, diffonda: https://www.25aprile2020.it/. E tante strutture provinciali dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (ANPI) hanno pensato ad altre specifiche iniziative comuni per il settantacinquesimo anniversario della finale vittoriosa insurrezione della Resistenza italiana al nazifascismo, a esempio avviato raccolta di foto, testimonianze e interventi per rinsaldare la memoria collettiva di un momento fondante la successiva Repubblica costituzionale. Consideriamoli liberi doverosi appuntamenti belli e, nelle condizioni date per tutti, normali.

Stringiamoci intorno alle nostre comunità locali per ridare forza alla comunità nazionale

Molti di noi tendono a considerare normalità i nostri propri usi e costumi. Oggi restiamo a casa quasi 24 ore al giorno. Altri debbono lavorare, alcuni devono necessariamente stare ore al volante, pochissimi rispetto ai soliti quotidiani intasamenti. Gli autotrasportatori rimpiangeranno queste settimane e mesi: autostrade e strade extraurbane vuote, scarso rischio di multe e incidenti; colleghi più tranquilli e affettuosi; strade metropolitane e urbane mai intasate, poche bicilette e pedoni; parcheggi facili proprio laddove si deve scaricare; chi è in attesa della consegna sempre pronto ad accoglierla, a distanza congrua, spesso con mascherina e guanti.

E ci fanno un servizio essenziale, sia tramite i negozi che direttamente, del quale siamo talora espressamente grati, consapevoli della loro importanza, più ora che nell’ormai antica distratta normalità. Chi lavora in luoghi sociali oggi è una minoranza e percepisce chiaramente la propria utilità. Probabilmente però la maggioranza di coloro che siamo costretti a casa non rimpiangerà divieti e limiti, isolamento e lontananza, per quanto siamo riusciti a occupare diversamente bene il troppo tempo e il poco spazio.

Molti ne stanno subendo un gravissimo danno di reddito, per il quale certo le istituzioni costituzionali si stanno adoperando, in oggettivo affanno e ritardo. Non tutto quel che non riusciamo a fare e produrre può essere recuperato, ci sono effetti irreversibili, economici e psicologici. E mancati introiti e affetti forse non facilmente recuperabili successivamente. Per questo è importante “celebrare” insieme Pasqua e Liberazione, quanti più possibile. Poi anche la festa del lavoro, il primo maggio, vedremo presto come.

Molti di noi festeggeranno un poco, dunque. Celebrare una ritualità generale (a giugno ci sarà il 2) avvicina misure ed effetti, che oggi ci sembrano troppo lontani nel tempo. Che accadrà fra 2, 4, 6, 8 settimane, come si organizzerà la cosiddetta fase 2? Molti o forse tutti abbiamo ascoltato o letto almeno una volta l’affermazione secondo cui fra le misure di contenimento del contagio e gli effetti di miglioramento del quadro sanitario trascorrono mediamente quindici giorni. Si tratta di un concetto essenziale per capire il fenomeno diacronico della pandemia Covid-19 in corso, tuttavia i 15 giorni non sono una quantità precisa, sempre e ovunque valida, assoluta, indicano un principio non un valore scientificamente valido. Siamo in attesa presto di generali cure certificate, più in là del vaccino (quando ci sarà i sapiens avranno davvero imparato a con-“vivere” con Sars-CoV-2). Intanto, fra misure normative e sanitarie e guarigioni o calo dei decessi ci vuole più di un mese (pochi lo ricordano) e la definitività della guarigione e le concause dei decessi sono variabili ulteriori, in parte ancora sconosciute.

Certo, l’intervallo di tempo decresce, da molte settimane a pochi giorni, rispetto a ricoveri nelle terapie intensive, diagnosi di polmonite respiratoria scompensata, cure farmacologiche più o meno sperimentate ed efficaci, ricoveri o assistenza medica, diagnosi di Covid-19, contagi sintomatici, contagi asintomatici. Si riduce lo scarto temporale e aumenta il numero degli individui interessati, forse già nella prima metà di aprile ci sono (siamo?) milioni di italiani e italiane infettati dal virus (almeno sei milioni, pare). La pandemia è unica, la curva analoga, il concreto andamento in ogni luogo di umane misure ed effetti differente. Gli stessi rigorosi provvedimenti istituzionali sono stati giustamente presi in tre successivi progressivi momenti (almeno in Italia) e possono essere risultati più o meno rispettati, comunque non da tutti e in ogni regione, subito o allo stesso modo. Varrà anche per la graduale ripresa delle attività.

Molti di noi cercano anche oggi una metafora appropriata per quanto sta accadendo. Rifiutando motivatamente il linguaggio militare dell’essere armati in prima linea, uno spunto costituisce riflettere sul rapporto fra terre e mari, sull’essere in pericolo nel bagnasciuga. Abbiamo subito le infezioni e le malattie, il possibile contagio e la pandemia, come uno tsunami con acque altissime e violente che hanno travolto il territorio in profondità, ben oltre le coste. Poi è arrivato su porti, spiagge, grotte e falesie di tutti i mari e gli oceani del pianeta, magari a distanza di giorni, settimane, mesi.

Ogni ecosistema umano ne è stato travolto (salvo qualche isola piccola, antica peculiarità evoluzionistica). Dovevamo in ogni modo impedire che le persistenti continue ubique ondate sommergessero rapidamente tutto il territorio, consentire che noi mammiferi bipedi restassimo a respirare su quante più terre emerse possibile. Abbiamo atteso il picco del livello, stiamo sopravvivendo (in Italia) sull’altopiano, la discesa è iniziata ma ardita. Poi lentamente dovremo riconquistare pezzi di terra al mare, impedire che facciano danni altre mareggiate o risalite o maree, vedere se sotto è restato deserto o limo, ricominciare a frequentare più ampi spazi e altre terreferme. Lì ci sono ora e ci saranno ancora altri umani meticci come noi, altri ecosistemi terrestri indispensabili alla vita (non solo nostra) sul pianeta. Tante terresante per Resurrezione, Liberazione, Lavoro. Buona Pasqua!

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