SOCIETÀ

Pfas in Veneto. Orellana: “Violato il diritto alla salute delle comunità locali”

Nel dicembre 2021, il Relatore Speciale ONU per le sostanze tossiche e i diritti umani Marcos Orellana ha svolto un sopralluogo durato circa due settimane in alcune aree del territorio italianoin primis, il Veneto – per valutare i danni causati all’ambiente e alle persone dalla contaminazione da Pfas e aiutare le autorità locali a definire le misure di prevenzione necessarie a garantire la sicurezza e la salute dei cittadini e delle cittadine.

Le sostanze perfluoroalchiliche (o Pfas) sono molecole in cui la maggior parte degli atomi di idrogeno è stata sostituita da atomi di fluoro. Questi composti chimici sono largamente utilizzati per la produzione industriale di materiali idrorepellenti come tessuti, vernici, attrezzature antincendio, confezioni di alimenti, e molto altro. Purtroppo, però, tali sostanze sono altamente inquinanti per l’ambiente, perché tendono ad accumularsi e a contaminare il suolo, l’aria e, soprattutto, le acque, anche quelle potabili. I loro effetti nocivi sulla salute umana sono stati ampiamente documentati negli ultimi anni: l’esposizione prolungata agli PFAS è stata infatti associata all’insorgenza di tumori, malattie metaboliche, infertilità maschile e interferenze con la salute riproduttiva delle donne.

Il problema della contaminazione da Pfas in Veneto è stato rilevato in un’indagine condotta nel 2013 dal CNR, che ha immediatamente informato le autorità locali. Tuttavia, come sostengono alcuni gruppi di attivisti che riuniscono membri della società civile, è mancata una concreta presa in carico del problema da parte dei governi che non hanno informato adeguatamente i cittadini e le cittadine del disastro ambientale che da decenni si stava consumando nel territorio in cui vivono, lavorano e crescono i loro figli. La paura, l’indignazione e lo sconforto vissuto da queste “comunità contaminate” è stato raccontato anche nel volume Cattive acque, curato da Adriano Zamperini e Marialuisa Menegatto, che è possibile scaricare gratuitamente in formato digitale.


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Marcos Orellana consegnerà la relazione finale del suo viaggio in Italia al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite nel settembre 2022; nel frattempo, il professore di diritto internazionale è stato ospite del Centro di Ateneo “Antonio Papisca” per i diritti umani dell’università di Padova per partecipare al convegno Diritti umani, PFAS e salute: un tema transdisciplinare. Riflessioni che si è tenuto il 20 maggio 2022 e che rientra nel ciclo di appuntamenti organizzati per celebrare il quarantesimo anno dalla fondazione del Centro. In questa occasione, il problema della contaminazione da Pfas è stato approfondito da un punto di vista transdisciplinare, con una particolare attenzione al tema dei diritti umani.

“Oggi assistiamo a una sorta di “tensione” tra i continui tentativi di innovazione e il rispetto delle politiche internazionali per la protezione dagli effetti nocivi delle sostanze chimiche”, ha affermato Orellana nel suo intervento. “Quando tali intenzioni entrano in conflitto, il quadro dei diritti umani deve diventare la bussola per orientarsi.

Se gettiamo uno sguardo al passato, è innegabile che l’innovazione tecnologica abbia contrassegnato per secoli l’evoluzione e il progresso umano, permettendo a intere popolazioni di prosperare, difendersi e raggiungere l’autonomia. Lo stesso vale per la produzione di sostanze chimiche artificiali, come i Pfas. Non c’è dubbio che l’impiego industriale di tali composti sia di grande utilità. Tuttavia, la domanda che dovrebbe orientare la nostra riflessione (anche e soprattutto a livello di governance) dovrebbe essere un’altra: possiamo considerare tali sostanze – che sono sintetiche e in grado di interferire con i processi naturali – essenziali per la nostra società? Infatti, se pensiamo che la razza umana è stata in grado di vivere e prosperare per secoli senza il loro uso, è difficile sostenere che esse siano davvero essenziali per la nostra sopravvivenza.

La riflessione sugli usi essenziali delle sostanze chimiche – che è stata centrale nel dibattito scientifico internazionale relativo alla sottoscrizione del Protocollo di Montreal, nel 1989 – dovrebbe essere centrale anche nella valutazione dei rischi che derivano dal loro utilizzo. In questi contesti si cerca di stabilire quale sia l’uso controllato e perciò “sicuro” che se ne possa fare (che prevede, ad esempio, che l’esposizione sia limitata nel tempo o avvenga con le dovute precauzioni)”.

Ma esiste davvero un’esposizione sicura? La posizione di Orellana, a riguardo, è molto chiara: “Spesso si parte dal presupposto che un uso controllato e sicuro sia possibile, anche quando le prove scientifiche dimostrano il contrario. È questo il caso dei Pfas: tali sostanze sono incontrollabili e indistruttibili. Inoltre, per quante precauzioni sia possibile adottare, non dobbiamo dimenticare che ogni processo umano è fallibile. Gli incidenti possono sempre avvenire e sono imprevedibili. Ebbene, quando si ha a che fare con sostanze ultrapericolose, un incidente può avere effetti irreversibili e, in alcuni casi, fatali”.

Il rapporto tra pericolosità ed esposizione si ricollega anche ad altri temi, come quello della giustizia ambientale, quando si tratta di comprendere chi subisce i danni, rispetto a chi li ha causati. “Il discorso sul rischio si è trasformato in una trappola concettuale”, sottolinea Orellana. “Infatti, la definizione degli standard di tolleranza della società per il rischio causato da una sostanza chimica rispetto ai vantaggi che essa può apportare è diventata ormai una maschera per non vedere l’immoralità intrinseca di un sistema in cui gli utili economici sono raccolti solo da alcuni, mentre i rischi sono a danno di altri”.

La storica risoluzione ONU 48/13 dell’ottobre 2021 sancisce il diritto di ogni persona a godere di un ambiente pulito, sano e sostenibile. Calpestare tale diritto, come continuamente avviene, comporta necessariamente la violazione di altri diritti essenziali che sono indissolubilmente legati ad esso, a cominciare da quello alla salute.

Un ambiente sano, pulito e sostenibile è fondamentale per una vita dignitosa”, puntualizza Orellana. “Stando ai diritti umani, il corpo di ciascun individuo è meritevole di protezione; ogni abuso, quindi, è intollerabile. Per questo motivo non possiamo tollerare che un’intera comunità diventi una sorta di laboratorio di cavie dell’industria chimica. Purtroppo, però, nel momento in cui i danni causati sono irreversibili, il nostro approccio non può più essere preventivo, bensì reattivo”.


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Dopo la riflessione proposta da Marcos Orellana, nel corso della conferenza alcuni docenti dell’università di Padova hanno approfondito la questione a partire da diverse prospettive: il professor Davide Carraro, del Dipartimento di scienze chimiche, ha illustrato nel dettaglio la composizione chimica dei Pfas e i processi industriali in grado di depurare le acque da queste sostanze; il professor Paolo Fabbri, del Dipartimento di geoscienze, ha proposto un focus sugli acquiferi del Veneto dal punto di vista idrogeologico; il professor Alberto Lanzavecchia, del Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali “Marco Fanno” ha illustrato nel dettaglio la logica finanziaria assunta dalle aziende che mirano a massimizzare i profitti a scapito dell’ambiente; la professoressa Paola Degani, del Dipartimento di scienze politiche, giuridiche e studi Internazionali ha approfondito il problema della violazione dei diritti umani dei cittadini e delle cittadine a partire dalla definizione di salute delineata dall’OMS; il professor Roberto De Vogli, del Dipartimento di psicologia generale, ha ripercorso la storia e i motivi per cui la prevenzione dall’inquinamento da Pfas in Veneto non è stata adeguata. La chiusura dei lavori è stata affidata ad Alberto Peruffo, coordinatore del movimento Pfas.land, che ha illustrato le principali attività di cittadinanza scientifica organizzate per monitorare la presenza di Pfas nell’ambiente e diffondere tra la popolazione civile una corretta informazione scientifica a riguardo.

L’evento completo “Diritti umani, Pfas e salute: un tema transdisciplinare. Riflessioni” organizzato dal Centro per i diritti umani “Antonio Papisca” il 20 maggio 2022

Il professor Orellana riconduce le cause dei ritardi delle risposte normative al problema della logica liberista, per cui la libertà economica non incontra quasi mai delle restrizioni imposte da parte delle istituzioni pubbliche.

Infatti, come ha spiegato anche il professor Lanzavecchia nel suo intervento, per le aziende è conveniente generare profitti a scapito dell’ambiente, finché non vengono scoperte. “Si tratta di un ragionamento del tutto logico e razionale dal punto di vista finanziario che si basa sul calcolo della probabilità di essere scoperti e sulla quantità di denaro che sarebbe necessario pagare se ciò avvenisse”, specifica il professore. Eppure, agire secondo questa forma mentis ha un effetto sbilanciato in termini di costi e benefici: i profitti ottenuti sono temporanei e riservati a pochi, mentre i danni ambientali che vengono causati sono irreversibili e a svantaggio dell’intera società.

L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. […] Art. 41 della Costituzione italiana

Per uscire da questa trappola, avverte Orellana, è necessario definire un paradigma alternativo di normative relative all’uso delle sostanze chimiche che deve essere esplorato e applicato con un approccio improntato sul rispetto dei diritti umani, compreso quello alla scienza, secondo il quale tutte le persone hanno il diritto di trarre beneficio dal progresso scientifico. “È necessario creare un allineamento tra politiche, regolamenti e la migliore scienza disponibile per superare la triplice crisi (cambiamenti climatici, inquinamento da sostanze tossiche e perdita di biodiversità) che il pianeta sta attraversando”.

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