CULTURA

Le interviste per il premio Strega 2021: Antonella Lattanzi

Da un paio d’anni le regole per l’ammissione allo Strega, il premio letterario italiano in grado di muovere un discreto numero di migliaia di copie del libro vincitore, sono state semplificate: è sufficiente la candidatura da parte di un solo amico della domenica ed è fatta, il romanzo parte per il suo viaggio.

È per questo che nella prima fase i libri che rientrano nella rosa del premio sono molti, e molto diversi tra loro, segnalati nella homepage a mano a mano che vengono candidati.

Chi vincerà? Se lo chiedono gli addetti ai lavori, in primis gli editori che decidono di investire su un titolo “spingendo” perché questo si posizioni bene, ma se lo chiedono anche i librai, i giornalisti che ne scrivono, i lettori stessi, seguendo le diverse fasi con curioso appassionamento, anche perché l’esito non è mai scontato. Per esempio l’anno scorso vinse per la seconda volta Sandro Veronesi (con Il colibrì, La Nave di Teseo, dopo Caos calmo, Bompiani, nel 2006), e prima che a lui era successo solo a Volponi nel 1991 (in entrambi i casi non con romanzi “consecutivi”); quest’anno si era mormorato che potesse gareggiare l’ultima fatica di Nicola Lagioia, La città dei vivi (Einaudi), il quale già era stato vincitore con il precedente La ferocia (pubblicato sempre dall’editore di via Biancamano), ma – chissà – forse anche l’esito della scorsa edizione ha inciso sulla decisione dello scrittore di non partecipare (è necessario una tacito assenso dell’autore perché il libro entri in gara anche quando segnalato). Rumors di quest’anno danno tra i favoriti Teresa Ciabatti con Sembrava bellezza (Mondadori), molto conosciuta dal grande pubblico per l’autobiografico La più amata su cui Segrate nel 2017 aveva scommesso e che però allo Strega arrivò solo secondo, dietro a Le otto montagne di Paolo Cognetti (Einaudi).

Nulla può mai essere detto, dunque (c’è chi parla di rapporti di forza tra le case editrici, ma è indubbio che i vincitori del Premio Strega siano pressoché sempre romanzi che meritano), e, se è possibile “farsi un’idea dell’annata” leggendo i libri in dozzina, in questa fase non è realistico pensare di entrar dentro tutti i libri candidati.

Facciamo anche noi quindi le nostre scommesse, a partire dal nuovo romanzo di Antonella Lattanzi, Questo giorno che incombe (HarperCollins), scrittrice sul panorama letterario da più di dieci anni, quando esordì per Einaudi con Devozione. Da allora – era il 2010 – Lattanzi è tornata in libreria con altri due romanzi (senza contare l’ultimo), Prima che tu mi tradisca (Einaudi) e Una storia nera (Mondadori), dimostrando ogni volta di essere un’autrice che non disdegna la trama, tutt’altro. Questa nuova prova probabilmente risente anche dell’attività di sceneggiatrice di Lattanzi (suoi Fiore, 2night, Il campione), infatti Questo giorno che incombe è decisamente ricco di colpi di scena e, come il romanzo precedente, entra nelle pieghe di un inventato caso di cronaca, una bambina scomparsa da un condominio alla periferia di Roma, mostrando come i fatti si ripercuotano sulle anime in modo imprevisto e come spesso la corda cui il destino di ciascuno è appeso sia sempre sfilacciata.

Il punto di forza della narrazione tutta sta nell’invenzione di una voce, quella della casa che accoglie la protagonista e la sua famiglia: Francesca lascia tutto per seguire la carriera del marito e cercare per sé e per le sue figlie piccole quella pace interiore che le permetterà di illustrare un libro che da tempo ha in mente. Invece non succede. La pace si rivela vuoto, riempito da un intreccio ossessivo e non voluto di parole e di eventi quotidiani (e poi dalla tragedia) che lei non cerca ma la raggiungono. Vengono dai vicini di casa e dalla vita di condominio, e, per gestirli, Francesca ascolta una voce che la guida. A parlarle è l’appartamento stesso e quasi sempre all’imperativo, richiamando alla mente del lettore – inevitabilmente – l’influenza imponderabile dei luoghi chiusi, così come la abbiamo conosciuta leggendo Rosemary’s baby di Ira Levin (e guardandola sullo schermo per la regia di Polanski).

A tratti sembra un incubo, a tratti è vita, perché, per citare l’incipit di Questo giorno che incombe: “Nessuno può restare incolume sotto gli attacchi implacabili della realtà”.

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