SCIENZA E RICERCA

Prossima fermata, Venere

Probabilmente gli anni Venti e Trenta del 2000 verranno ricordati dalla storia come due decenni di intenso interesse per l’esplorazione spaziale: il piano è quello di creare una stazione sulla Luna, poi far sbarcare la donna e l’uomo su Marte e, infine, l’esplorazione di Venere. Proprio il pianeta gemello della Terra, tanto vicino quanto inospitale, è l’obiettivo delle future missioni di Nasa ed Esa, annunciate con un po’ di sorpresa a giugno 2021. Visti gli sforzi rivolti verso il pianeta rosso non era attesa l’apertura di una nuova frontiera verso Venere. Le missioni, tenendo conto gli annunci di entrambe le agenzie spaziali, saranno in tutto tre. Gli statunitensi hanno deciso di finanziare due progetti diversi ma complementari. Il primo, Davinci+ è composto da un orbiter che, una volta propriamente posizionato, farà scendere sulla superficie una sorta di sfera con paracadute. La sfera, una volta penetrata l’atmosfera venusiana, avrà a disposizione solo 60 minuti per planare sulla superficie e per arrivare agli obiettivi prefissati. Lo scopo di Davinci+ è quello di analizzare i gas presenti nell’atmosfera, nobili e traccia, con un grado di dettaglio che non è mai stato ottenuto in precedenza. “Inoltre” spiega il dottor Maurizio Pajola dell’Osservatorio Astronomico di Padova, “prenderà delle foto ad alta risoluzione della zona, chiamata la zona delle tessere, che sembrano essere dei continenti e che presuppongono una possibile teoria di movimento tettonico, come è avvenuto sulla Terra”. Quando arriverà sulla superficie la sfera completerà la missione, mentre l’orbiter di Davinci+ continuerà a osservare la superficie nell’ultravioletto e a delle specifiche lunghezze d’onda nell’infrarosso.

Da YouTube, il video ufficiale di presentazione della missione Davinci+ della Nasa

La seconda missione della Nasa si chiama Veritas ed è complementare a Davinci+. Grazie a dei radar particolari, che in gergo si chiamano Sar, la sonda potrà bucare l’atmosfera per osservare la superficie che sta sotto la coltre di nubi che copre costantemente il pianeta. Il Sar lavora a determinate lunghezze d’onda che permettono di ottenere delle immagini radar delle superfici, con una risoluzione globale attorno ai 250-300 metri. Lo scopo di Veritas è di scoprire non solo come è fatta la superficie, ma anche capire come è composta l’atmosfera, quali siano i profili di pressione e le temperature, quindi si potrà comprendere qual è la geologia della superficie, se ci sono stati dei movimenti tettonici o meno, se ci sono ancora dei vulcani attivi e datare quando sono avvenute le possibili eruzioni.

Da YouTube, il video ufficiale di lancio della missione Veritas della Nasa

La terza missione diretta verso Venere sarà targata European Space Agency. L’Esa ha messo in piedi quella che è la sua seconda missione verso la “prima stella della sera”: dopo Venus Express del 2006, è il momento di EnVision. Si tratta di una missione simile a Veritas, infatti a bordo troviamo lo stesso spettrometro che sarà montato dagli americani, e di fatto osserverà le stesse lunghezze ma da target differenti. Inoltre il Sar di EnVision potrebbe avere una risoluzione spaziale maggiore, di conseguenza sarà anche più preciso.

Da Youtube, video che illustra il funzionamento della sonda EnVision

Tutte e tre le missioni hanno obiettivi e strumenti scientifici diversi. Ma ognuna contribuirà ad affrontare la stessa domanda generale. Venere era come la Terra, era abitabile? Da quello che abbiamo potuto capire, grazie alle missioni passate, Venere è un pianeta inospitale, che allo stato attuale non potrebbe ospitare nessuna forma di vita, per lo meno per come la intendiamo noi. Questo però non significa che non possa esserlo stato in passato. 

Non è solo il passato a interessare gli studiosi, perché Venere potrebbe dare tante informazioni anche su un possibile scenario futuro della Terra. Spiega il dottor Pajola che Venere ha una dimensione comparabile a quella terrestre e per questo motivo viene spesso etichettato come il gemello “diabolico” del nostro pianeta. La sua sfortuna è stata di essersi formato un po’ troppo vicino al Sole, ai bordi di quella che viene chiamata “fascia abitabile”, cioè dove l’acqua può mantenersi liquida e dov’è c’è l’atmosfera. Forse Venere ancestrale possedeva degli oceani sulla superficie, ma grazie al flusso solare più intenso e le conseguenti temperature più alte, si è venuto a creare una sorta di effetto serra che ha fatto evaporare l’acqua rendendo l’atmosfera sempre più spessa, aumentando di conseguenza ancora di più le temperature. Quando tutta l’acqua degli oceani è evaporata, si è completata la formazione della coltre di nubi che oggi ci impedisce di osservare la superficie venusiana, senza l'ausilio dei radar. Attualmente le temperature di Venere oscillano tra i 400 e i 500 gradi e le precipitazioni che avvengono sono composte da acido solforico. Questa ipotesi potrebbe dare informazioni interessanti su cosa potrebbe succedere alla nostra Terra se non teniamo sotto controllo l’aumento delle temperature e l’effetto serra.

 

Intervista al dott. Pajola dell'Osservatorio Astronomico di Padova. Servizio e montaggio di Elisa Speronello

Venere però, spiega ancora il dottor Maurizio Pajola, è anche un corpo importantissimo da studiare per comprendere l’evoluzione planetaria: è interessante capire come la superficie è evoluta, se ci sono ancora dei vulcani attivi, se c’è un’attività tettonica residuale. Sono passati trent'anni dall’ultima missione statunitense (Magellan, 1994), dal punto di vista della tecnologia sono stati fatti degli enormi passi avanti, quindi si è deciso di andare su Venere “in maniera molto, molto importante, massimizzando il ritorno, non più della singola missione, che va a studiare un singolo aspetto, ma avendo una flotta di tre missioni, molto ben equipaggiate, è ovvio che il risultato poi è maggiore”.

Oltre alle già citate Magellan e Venus Express, ci sono state altre missioni che hanno portato l’umanità alla conquista di Venere. Non è una novità scoprire che i primi ad atterrare su Venere sono stati i russi: Venera 13 nel 1982 è riuscita nell’intento, ed è stata in grado persino di inviare sulla Terra alcune immagini incredibili della superficie venusiana, in cui si possono vedere dei ciottoli e delle chiazze chiare e scure, in fianco a quella che fu la zampa del lander che è atterrato. Venera 13 è atterrato, ha funzionato per qualche ora, prima di interrompere il segnale probabilmente a causa della pioggia acida che ha danneggiato il lander. Il pianeta poi ha visto l’arrivo degli americani con la missione Magellan, che montava a bordo una versione più antica del Sar. Grazie a questo radar si è potuto mappare la superficie, prima di perdere definitivamente il contatto nel 1994. Venus Express dell'Esa è stata invece una delle missioni di maggior successo, che aveva però come scopo quello di studiare l’atmosfera. Grazie alla missione si è capito come le nubi si spostino sulla superficie e si è potuto studiarne la composizione mineralogica e gassosa. Infine arriva la Jaxa, l’agenzia spaziale del Giappone con la sua Akatsuki: la missione è ancora attiva e sta orbitando attorno al pianeta e finora ha permesso di capire, osservando l’atmosfera a delle lunghezze d’onda che non erano state considerate in precedenza, che la grande nube si sposta dal polo nord al polo sud. Quindi ci sono state parecchie missioni che hanno avuto come obiettivo Venere, ma le missioni previste per gli anni Trenta promettono di raggiungere un grado di dettaglio maggiore rispetto a quanto visto finora.

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