SOCIETÀ

Ratzinger e Francesco: due modelli di Chiesa?

L’allarme, dopo la recente pubblicazione del volume da parte cardinale Sarah e del papa emerito Benedetto su un tema scottante come il celibato dei sacerdoti, sembra rientrato. Il conflitto però rimane latente sullo sfondo, e continua a catalizzare l’attenzione di credenti e non, come vediamo anche dalla mole di articoli, libri, film (come "I due papi", diretto da Fernando Meirelles) e persino serie televisive sul tema. Come possono convivere due papi in Vaticano, senza che questo porti confusione nella Chiesa? Lo abbiamo chiesto a Vittorio Berti, storico del cristianesimo e delle chiese presso l’università di Padova, specializzato in particolare sulle chiese orientali e quelle assire.

Professor Berti, crede che il conflitto tra Francesco e Benedetto sia reale oppure gonfiato dai media?

“Non credo che il contrasto sia tra Francesco e il suo predecessore ma tra due modelli di chiesa. Un papa, al di là delle qualità personali, viene eletto anche per portare avanti un’agenda. Quella di Benedetto XVI, in parziale continuità con Wojtyła, consisteva fondamentalmente nel tentativo di recuperare l’Europa alla cristianità, come indicava la stessa scelta del nome. Nel caso di Francesco l’impressione è che l’elezione parta dal presupposto per cui l’Europa abbia ormai dato quello che doveva e che non ci sia possibilità di recupero per una regione che non sembra più di tanto vitale: se si guardano i numeri oggi la crescita del cattolicesimo avviene soprattutto nei Paesi del Global South, il sud globale. In questo senso la contrapposizione tra i due papi è soprattutto ecclesiologica e solo parzialmente teologica: più che la dottrina oggi è in discussione soprattutto un’idea di chiesa, una geografia ecclesiale. Anche perché Francesco su alcuni temi è sicuramente un progressista, ma per altri è un conservatore”.

La contrapposizione tra i due papi è soprattutto ecclesiologica e solo parzialmente teologica

Ci fa un esempio?

“La morale sessuale, o la visione della famiglia. Certamente Francesco ha un approccio e un linguaggio diverso rispetto a quelli a cui eravamo abituati, anche per le sue radici culturali e la formazione gesuitica. Nella tradizione tomistica romana si tende a legare il caso concreto a una legge immutabile, mentre Francesco preferisce spezzare la normativa nei singoli casi, guardando soprattutto alle persone con un approccio empatico fondato sulla misericordia. Senza che però questo venga a intaccare i contenuti di fondo, ovvero ciò che è corretto o meno secondo la prospettiva cattolica. Secondo Francesco inoltre a minacciare il cristianesimo non è solo il nichilismo ma anche il consumismo, con la cosificazione dell’altro e la cultura dello scarto che questo comporta, sia a livello ambientale che umano. Tiene sicuramente all’ecologia, che però è anche un’ecologia umana e coinvolge culture, famiglie e persone”.

Una differenza soprattutto nella forma e nella strategia quindi, più che nella sostanza.

“Del resto non esistono due papi uguali: anche tra Benedetto e Giovanni Paolo II ci sono molte più differenze di quanto non si ammetta di solito. Ad esempio nell’atteggiamento verso i movimenti ecclesiali, molto più aperto in Wojtyła di quanto non lo sia stato in Ratzinger”.

Il problema è forse che entrambi stanno in Vaticano… ed entrambi parlano.

“Si tratta di un fatto assolutamente nuovo e peculiare in tutta la storia del cattolicesimo: i precedenti a cui di solito ci si richiama non sono comparabili per importanza e caratteristiche. In più quella del papa emerito al momento è una non-istituzione, nel senso che non c’è ancora una legge canonica che la regoli. Attenzione: la libertà di espressione è sacrosanta, ma qui non parliamo di una persona qualsiasi, l’opinione di Benedetto ha un impatto che va ben al di là della semplice parresia (= la ‘libertà di dire tutto’, tipica del credente fin dal cristianesimo primitivo, ndr) di un fedele o di un vescovo. Qui parliamo di uno che è stato papa”.

Non lo è tutt’ora? Lui si definisce papa emerito, ha smesso mozzetta e scarpe rosse ma non l’abito bianco. Sembra che di fatto conservi una parte del suo carisma, ma abbia in qualche modo rinunciato al suo esercizio.

“È un grosso problema. Non è previsto che ci siano due vescovi per una stessa diocesi, perché questo contraddice tutti i concili della Chiesa, e forse non è un caso che Francesco fin dalla prima volta si sia presentato come vescovo di Roma. Certo abbiamo i vescovi emeriti: quello che Benedetto sicuramente non ha perso è la sua dignità vescovile. Restano comunque aperte molte questioni: che succede se per esempio un emerito sopravvive a un papa regnante? E che ruolo giocherebbe in un eventuale conclave? Me lo chiedo anche perché credo che in futuro ci saranno altri papi emeriti”.

Quella del papa emerito al momento è una non-istituzione, nel senso che non c’è ancora una legge canonica che la regoli

Un tema dibattuto degli ultimi anni nella chiesa è stata la comunione ai risposati, sulla quale il pontefice è intervenuto con l’esortazione apostolica Amoris Laetitia, mentre oggi si parla soprattutto di preti sposati e dell’ordinazione delle donne. Su questi temi secondo lei Francesco vuole veramente cambiare il magistero della Chiesa?

“Non credo voglia cambiarlo, anche perché ad esempio il celibato dei preti attiene a una prassi piuttosto che al magistero. Il sacerdozio uxorato esiste già nella Chiesa cattolica, nelle chiese orientali in comunione con Roma, comunità spesso molto vivaci che hanno affrontato nella loro storia problemi grossi e persecuzioni, e negli anglicani rientrati in unità con Pietro proprio per disposizione di Benedetto XVI. In generale mi pare di capire che Francesco non sia tendenzialmente favorevole a toccare il celibato. Qui bisogna stare attenti alle parole: la questione non è consentire ai preti di sposarsi, ma agli sposati di prendere gli ordini sacri, come accade nelle chiese orientali. Se non capisco male un’eventuale apertura riguarderebbe, in assenza di ministri eucaristici, solo i diaconi permanenti sposati. Che sono già presenti anche nella chiesa latina e comunque hanno già ricevuto il sacramento dell’ordine”.

Pensa che le forti divisioni scoppiate tra conservatori e riformisti, scoppiate soprattutto dopo la fine del lungo pontificato di Giovanni Paolo II, possano portare a uno scisma?

“La possibilità c’è sempre ma nella storia recente, vale a dire almeno negli ultimi due secoli, gli scismi si sono sempre verificati in relazione a concili della Chiesa. E a breve non vedo concili, a meno che papa Francesco ci faccia uno ‘scherzetto’. Quello che sicuramente si continuerà a fare è discutere tra le varie parti della comunità ecclesiale, cercando di tirare per la sottana il papa verso una posizione o l’altra. Del resto si tratta della normale dialettica all’interno della comunità cristiana: è sempre stato così, dai dibattiti nei concili ecumenici dei primi secoli ai conflitti nel quindicesimo secolo tra conciliaristi e anticonciliaristi, fino al Vaticano II”.

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