SCIENZA E RICERCA

Il regno planetario dei funghi ci fermenta bene

I funghi sono vitali e fanno evolvere la vita del pianeta Terra da molto prima di noi. Come noto, si tratta di “organismi” eucarioti, unicellulari o pluricellulari, spesso microscopici, comunque con dimensioni da venti a cinquanta volte superiori a quelle della cellula batterica, perlopiù provvisti di una parete rigida composta da chitina. I funghi sono uno dei regni della vita, una categoria vasta e affollata quanto quella degli altri regni, degli animali e delle piante. Specie di funghi si sono adattate a tutte le temperature, a tutti i climi e a tutti i cicli glaciali da centinaia di milioni di anni. Sono ovunque ma è facile non notarli. Talora li confondiamo con le parti visibili, i corpi fruttiferi, gustose ma solo appendici utili a riprodursi dal loro punto di vista. Spesso sono microscopici, oppure il loro reticolo (la rete fungina) si trova sotto terra. Il numero delle specie viventi non è noto, né tanto meno esiste una classificazione completa. Le stime variano, da poco meno di un milione a 3,5 milioni di specie di funghi.

I funghi sono vitali e fanno evolvere la vita del pianeta Terra da molto prima di noi

Negli ultimi decenni è un poco cresciuta la consapevolezza diffusa dei ruoli quantitativo e qualitativo del regno vegetale per la sopravvivenza e la riproduzione in ogni ecosistema, anche umane. Non sempre viene sottolineato abbastanza che oggi il novanta per cento delle piante dipende da specie di funghi micorrizici in grado di connettere gli alberi in reti comuni.  Non è mai stata trovata nessuna pianta cresciuta in condizioni naturali priva di funghi, che ne sono una parte costitutiva quanto le foglie e le radici, cruciali per capire il funzionamento degli ecosistemi. E ulteriori specie di funghi fanno molte altre cose essenziali, alcune da milioni di anni. Mangiano le rocce, generano il terreno, creano ecosistemi nuovi, digeriscono le sostanze inquinanti, sopravvivono nello spazio, inducono allucinazioni, producono cibo e medicine, influenzano la composizione dell’atmosfera terrestre, manipolano il comportamento animale.

I funghi, soprattutto, ingannano i preconcetti maturati in millenni dai sapiens, è ora di riconoscerlo. Il giovanissimo biologo, pianista, micologo e fermentatore inglese Merlin Sheldrake (1991), ricercatore presso lo Smithsonian Tropical Research Institute, dopo tanti articoli scientifici, ha dato alle stampe un volume corposo, interessante e letterariamente godibile, dedicato ai funghi “da cui ho imparato, con gratitudine”. Si tratta di un testo recente anche nell’edizione originale: Merlin Sheldrake, L’ordine nascosto. La vita segreta dei funghi, (trad. Anita Taroni e Stefano Travagli), Marsilio Venezia 2020 (orig. 2020 Entangled Life. How Fungi Make Our World, Change Our Minds and Shape Our Futures), pag. 377 euro 20. L’autore sottolinea con forza due urgenti indispensabili innovazioni per noi antropocentrici e prende come esempi due campi fondamentali di ricerca della biologia contemporanea per ribadire che: anche gli organismi privi di cervello sviluppano comportamenti sofisticati di problem solving (ciò ci impone di arricchire le tradizionali definizioni scientifiche di cultura e di intelligenza); la simbiosi è una caratteristica costante della vita, di ogni relazione tra forme di vita (ciò ci impone di correggere i concetti dati per scontati di individuo e indipendenza, identità e autonomia).

Noi animali, più o meno umani, più o meno sapienti, non possiamo essere definiti solo su basi anatomiche, perché condividiamo il nostro corpo con i microbi: siamo composti di cellule microbiche più che da “nostre” cellule. A un certo punto della nostra storia evolutiva, i partner microbici si sono insinuati in modo permanente nelle cellule del loro ospite: i nostri mitocondri hanno il proprio genoma esattamente come i cloroplasti delle piante, e almeno l’ottanta per cento del genoma umano è originario da virus. Lo stesso sistema immunitario gestisce i rapporti con i microbi al nostro interno esattamente come combatte gli attacchi esterni, e sembra si sia evoluto per favorire la colonizzazione da parte dei microbi più che prevenirla. Così, alcuni ricercatori usano il termine “olobionte” per riferirsi all’insieme di organismi diversi che si comportano come un tutto, utile anche per evitare di descrivere gli individui con precisi confini autonomi Di olobionte qui si è parlato in relazione proprio al microbioma e al microbiota. Sheldrake lo considera utile anche in relazione ai funghi: la collaborazione è sempre una miscela di competizione e cooperazione, siamo tutti organismi simbiotici e, in molti casi, è possibile che gli interessi dei simbionti non siano allineati. E, conseguentemente, molto narra e spiega dei funghi licheni. Del resto, anche le muffe sono funghi. Non c’è da aver paura dei funghi. Al contrario.

Le ricerche e gli esperimenti di Sheldrake si sono concentrate sul complesso rapporto tra funghi e piante, nel volume ricostruisce l’ampia letteratura in materia. Sembra che né la pianta né il fungo abbiano il controllo totale della relazione. Raggiungono compromessi, stringono accordi e mettono in campo scambi chimici e sofisticate strategie commerciali. Specie diverse hanno diversi atteggiamenti simbiotici. Non sappiamo molto sul funzionamento di questi meccanismi, ma è chiaro che in ogni singolo istante piante e funghi si trovano davanti numerose opzioni, a loro modo scelgono e risolvono problemi. Piante e funghi ereditano la tendenza ad associarsi, ma portano avanti relazioni aperte. Così, la velocità di migrazione degli alberi potrebbe dipendere dalla loro propensione a formare micorrize. Però, i funghi non sono presenti nei semi: piante e funghi devono dunque costantemente rimodellare le proprie relazioni. Ne sappiamo poco ma sarebbe essenziale saperne di più (e molti studi sono in corso, anche a Padova come qui si testimonia a esempio), visto che le piante restano il punto d’accesso più semplice per l’irruzione dei funghi nella vita umana di tutti i giorni. Fra l’altro sia gli animali che i funghi per nutrirsi “sfruttiamo” proprio le piante, loro capaci di autonutrimento tramite fotosintesi, diciamo così. Mangiando una pianta, assaggiamo il prodotto di una relazione micorrizica. Se la coltiviamo, anche noi coltiviamo relazioni micorriziche. Poi abbiamo moltissimi modi per vedere i funghi in azione: quando prepariamo una zuppa o la mangiamo; quando andiamo a cercarli o a comprarli; quando facciamo fermentare l’alcol o beviamo; quando, semplicemente, affondiamo le nostre mani nella terra. 

In fondo al volume di Sheldrake troviamo un ricco apparato di note, una consistente bibliografia e un utile indice analitico di personalità citate e di argomenti intrecciati. Fra prologo, introduzione ed epilogo (compost) la monografia scorre lungo otto capitoli: attrazione; labirinti viventi; intimità tra sconosciuti; menti miceliari; prima delle radici; world wide web: la rete degli alberi; micologia radicale; dare un senso ai funghi. Non quindi un’enciclopedia di voci o una trattazione sistematica (sui funghi stanno uscendo vari significativi testi scientifici, anche funghipedie, questo è un’altra cosa), piuttosto l’esame sorprendente e divertente delle sfaccettature del regno di molte reti di cellule (ramificate e connesse) che s’alimentano introducendo il loro corpo nel cibo. Ognuno cerchi la sua disorientante lente d’ingrandimento, si passa di continuo dalla biologia all’ecologia, l’autore biologo considera l’ecologia una scienza cruciale, ovvero lo studio delle vitali relazioni tra gli esseri viventi.

Sono vari i riferimenti al fenomeno migratorio composito di specie, anche radicate, con un parallelismo tra i semi delle piante e le spore dei corpi fruttiferi fungini (migliaia di lanci ogni giorno, inevitabilmente il 99,9% non in un posto dove possano germogliare). A qualcuno possono particolarmente incuriosire i funghi lieviti che sono gli involucri più semplici di vita eucariote e condividono la storia più intima con gli esseri umani. I lieviti ci addomesticarono e indussero alla vita stanziale durante la lunga transizione neolitica: appena entrano in contatto con una soluzione zuccherina tiepida la fanno “fermentare” e dallo zucchero arriva l’ebbrezza dell’alcol (s’iniziò dal miele delle api e dal mosto dell’orzo per i primi prodotti alcolici), oppure “danno vita” ai pani sempre attraverso la fermentazione. Il loro potere trasformativo è stato a lungo personificato come energia divina, furono il motore della sedentarizzazione. Oggi sono diventati strumenti biotecnologici, messi a punto per produrre farmaci come l’insulina oppure i vaccini.

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