SOCIETÀ

Religione e politica al tempo di Francesco

Che influenza hanno le parole del Papa e dei leader politici sui fedeli cattolici?

Nel momento in cui si riscontrano delle discrepanze tra le dichiarazioni dell'autorità ecclesiastica e di quella politica su temi apparentemente inerenti alla sfera religiosa, l'effetto è una certa perplessità da parte dei fedeli. Un leader carismatico, per quanto non sia un ecclesiastico, oltre ad appellarsi ai valori religiosi per rivalutare la propria immagine personale, può avere un'influenza tale da porsi addirittura in contrasto con le parole del pontefice.

È questo ciò che sta succedendo in Italia, dove la questione che sembra preoccupare maggiormente i cittadini sembra essere quella dell'accoglienza dei migranti. Si tratta di un dilemma etico e politico che però chiama in causa anche il credo religioso nel momento in cui, per difendere la propria tesi, i capi politici si appellano ai valori cattolici.

Se però papa Francesco, con riferimento ai migranti, ha espresso chiaramente l'invito ad aiutare chi si trova in difficoltà, perché allora buona parte dei credenti si ostina a dare retta non a lui, ma a un capo politico che fa appello a valori religiosi? Qualcosa di simile succede poi in altri ambiti, come per esempio nel dibattito sulla “famiglia naturale”, accesosi a fine marzo.

Certamente non si dovrebbero utilizzare riferimenti religiosi come parola magica per manipolare l'opinione pubblica, per quanto non sia una novità. Ma la domanda è: perché buona parte dei credenti si ostina a dare retta non a Francesco, ma a chi strumentalizza la fede per ottenere consensi? La campagna politica, infatti, ha fatto sì che il Papa venisse ignorato o addirittura fischiato da buona parte dei suoi fedeli.

Viene perciò da pensare che si stia creando una certa frattura all'interno dei cattolici tra coloro che sembrano più “conservatori” e coloro che abbracciano un'ideologia più “progressista”. Una conclusione del genere, però, appare forse fin troppo affrettata. Sembra infatti più giusto mettere tali termini tra virgolette, essendoci alcuni contenuti del messaggio cattolico, come l'invito ad aiutare il prossimo, che non si possono certo considerare innovativi.

Giuseppe Giordan, professore di sociologia della religione all'università di Padova, commenta: “la trovata della divisione tra conservatori e progressisti può essere efficace dal punto di vista giornalistico, ma non molto reale se andiamo ad analizzare quello che succede all'interno del campo cattolico. Da sempre ci sono posizioni più legate alla tradizione e più legate all'innovazione, e la forza del cattolicesimo è sempre stata proprio quella di riuscire a tenere insieme questa sensibilità diversa”.

Ma se la frattura non è tra conservatori e progressisti, cos'è, allora, che sembra dividere i fedeli tra l'invito del Papa e la linea politica attuale? “Ciò che sta succedendo ora all'interno del campo politico ha portato queste due posizioni a collocarsi in maniera contrapposta”, spiega il professor Giordan. “Apparentemente, sembra che non possano coesistere, in realtà convivono perfettamente. Si possono condividere le decisioni dei politici nei confronti dei migranti, ma allo stesso tempo essere dalla parte di papa Francesco per quanto riguarda, per esempio, le tematiche dell'ambiente o le riforme all'interno della curia romana”.

Insomma, non è che si possa tipizzare in maniera contrapposta i cattolici all'interno del campo religioso, è vero però che sembra esserci una certa incoerenza nel modo in cui i leader politici, pur servendosi di riferimenti religiosi, assumono posizioni in netto contrasto con le parole del Papa, causando una certa confusione tra i credenti.

“Quello che sta succedendo è nuovo perché ci sono posizioni che apertamente criticano il Papa non solo per le sue posizioni in campo cattolico, ma anche per il suo invito all'accoglienza nei confronti del diverso, per il suo modo di approcciare il dialogo inter-religioso, e per aver rinunciato alla battaglia sui cosiddetti valori “non negoziabili”, come la protezione della vita in ogni suo momento e la difesa della “famiglia naturale”. Papa Francesco, infatti, ha preso una certa distanza da alcuni temi di discussione quali l'aborto, il discorso contro le unioni omosessuali, o i gender issues; ciò ha portato, come sottolinea il professor Giordan, a un senso di disorientamento da parte dei fedeli.

Ma non sono veri credenti solo coloro che conoscono il contenuto della loro religione e non si lasciano traviare da chi usa la fede come strumento o almeno chi non assume posizioni esplicitamente in contrasto con le parole del Papa?

“Il magistero ufficiale della chiesa si pone sempre come aspirazione alla quale i credenti devono puntare, ma la diversità di opinioni tra quanto dice il leader cattolico e la pratica concreta quotidiana c'è sempre stata, soprattutto in ambiti come quello dell'etica sessuale, per il quale ormai non si pone più neanche la questione. Non ci sono state prese di posizione nette contro le decisioni della politica perché molti dei praticanti si trovano d'accordo con tali provvedimenti. È comprensibile che questa possa essere una posizione anche dell'episcopato e dei preti. Tuttavia, sarebbe un controsenso se si ponessero apertamente contro il Papa. Si pongono piuttosto contro una certa posizione da lui promossa, cioè quella che riguarda l'accoglienza di migranti. Per cui non radicalizzerei questa contrapposizione. Su alcuni temi non sono d'accordo. Ma solo su alcuni temi. Ci sono molti elementi di criticità nei rapporti tra i fedeli e la gerarchia già da diversi decenni. Questo scollamento, evidente a partire dalle questioni sulle humanae vitae ai referendum sul divorzio e poi sull'aborto, è reso oggi ancora più visibile per la mediatizzazione della contrapposizione che è più spendibile dal punto di vista politico”, continua Giordan. “Il leader politico, con grande abilità, sta utilizzando l'elemento religioso per fare campagna elettorale, ma non c'è niente di innovativo in questo. In Ungheria e in Polonia, rispettivamente da parte di Viktor Orbán e Jarosław Kaczyński, è successa esattamente la stessa cosa”.

Tutto ciò sposta il centro della riflessione a un altro ambito. C'è infatti un grande equivoco su questo utilizzo della religione. “Per i politici la religione è un elemento di carattere culturale, che serve a ricollegarsi al passato, a fondare le radici. Non è una questione di fede né di etica, semplicemente si tratta di ridurre il cristianesimo a un elemento folkloristico che non ha nulla a che fare con la pratica religiosa, ma che serve a salvaguardare i confini dell'identità”, chiarisce Giordan. “Il Papa utilizza la religione in modo alquanto diverso: non come rifermento al passato, ma come luce per il presente, cioè come criterio interpretativo che aiuta a cogliere come l'incontro con il vangelo possa essere di riferimento per comprendere il presente e costruire il futuro”.

Nel contesto contemporaneo, così complesso, in cui le migrazioni sembrano essere il problema (anche se non sono l'unico problema), la religione si presta quindi a questo utilizzo duplice: guida verso un nuovo futuro per i religiosi e costruzione identitaria per i politici.

Che si tratti di una strumentalizzazione è un dato di fatto”, aggiunge Giordan. “Che faccia presa su alcuni cattolici è altrettanto evidente. Si tratta di fedeli che probabilmente non sono ingenui, ma un po' disorientanti per il fatto che papa Francesco ha scelto di cambiare strategia nel rapporto tra chiesa e politica rispetto ai pontefici precedenti, facendo sì che la chiesa non entri direttamente in politica. Il Papa non ha preso una posizione netta per quanto riguarda alcune questioni. Ciò ha lasciato nel disorientamento molti cattolici. Per questo motivo, chi si fa difensore dei “valori non negoziabili” non è più l'istituzione cattolica ma sembra essere il partito politico, nella cui agenda sono entrate le tematiche della famiglia fondata sull'unione di uomo e donna e l'allerta sul discorso sul gender. La scelta di papa Francesco, invece, è diversa: è quella di formare le coscienze, cosa che richiede tempi più lunghi”.

Il professor Giordan ricorda infatti la lettera di alcune suore di clausura, le quali si dichiarano disponibili ad accogliere i rifugiati nei monasteri. Il Papa fece un appello a riguardo il 6 settembre del 2015, chiedendo a tutti i santuari e monasteri in Europa di accogliere le famiglie dei rifugiati. Fu un invito che ebbe un livello di significatività percentuale quasi nulla, ma che, a quanto pare, non è stato completamente dimenticato.

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