MONDO SALUTE
In Salute. Depressione. Riconoscerla è difficile, ma la guarigione è possibile
La depressione non è sempre facilmente riconoscibile da parte della persona che ne soffre, dei suoi cari, o addirittura del medico. I sintomi che accompagnano questo disturbo sono piuttosto vari e talvolta vengono confusi con semplici manifestazioni di tristezza o malumore. Inoltre, sono ancora diffusi molti pregiudizi sia nei confronti del paziente che soffre di depressione, che talvolta viene ancora guardato con sospetto, sia verso la malattia in sé. Eppure, la depressione è una patologia vera e propria che non bisogna sottovalutare, di cui non c'è ragione di vergognarsi e dalla quale – ricordiamolo – si può guarire.
Abbiamo approfondito il discorso insieme alla professoressa Daniela Palomba, direttrice del Centro di Ateneo dei Servizi clinici universitari psicologici dell'università di Padova.
L'intervista completa alla professoressa Palomba. Montaggio di Elisa Speronello
Esistono diverse forme di depressione. Una prima distinzione importante può essere fatta tra depressione endogena, che ha forti basi genetiche e biologiche, e quella reattiva, che nasce spesso come conseguenza a un evento traumatico. Questa differenziazione è importante anche perché ci ricorda che nell'insorgenza di questa malattia possono giocare un ruolo chiave i fattori genetici.
“Sarebbe più corretto parlare di depressioni, piuttosto che di depressione. Non si tratta infatti di una sindrome monolitica ma di un disturbo caratterizzato da diverse sfaccettature”, spiega la professoressa Palomba. “Si può parlare di depressione anche riferendoci a quelle alterazioni transitorie del tono dell'umore che possono verificarsi in determinati momenti o a quelle forme di depressione stagionali in alcune persone che risentono maggiormente di questi cambiamenti d'umore in certi periodi dell'anno. Esistono poi delle forme di questo disturbo caratterizzate da un persistente umore instabile. Si tratta di una condizione cronica diversa da quella della depressione maggiore - la forma più seria, caratterizzata da umore gravemente deflesso, e anche più complessa, le cui cause non sono ancora del tutto note - ma altrettanto persistente e invalidante e con il rischio di non essere ben interpretata nella sua occorrenza”.
Come ci ricorda la professoressa Palomba, poco meno di 10 anni fa l'OMS già prevedeva che entro il 2020 la depressione sarebbe stata la seconda malattia più diffusa dopo le patologie cardiovascolari. “E la situazione non è destinata a migliorare. Sembra che entro il 2030 questa sarà non solo la malattia più diffusa a livello globale, ma anche quella che peserà di più sul sistema sanitario internazionale, con un grosso impatto, quindi, anche dal punto di vista socio-economico. In effetti, neanche l'Italia è così lontana da questa situazione”, aggiunge la professoressa Palomba. “Nel nostro paese ci sono più di 3 milioni di persone con diagnosi di depressione, considerando l'insieme di questi quadri appena descritti. Inoltre, nelle donne la depressione ha un'incidenza doppia rispetto agli uomini, sia quando queste sono pazienti, sia quando sono care giver di persone che soffrono di questo disturbo. Inoltre, un dato allarmante è quello che riguarda la depressione giovanile, che compare nell'infanzia o nella adolescenza. Nella fascia d'età compresa tra i 14 e i 29 questo disturbo è meno riconoscibile, ma allo stesso tempo sembra essere la seconda causa di rischio suicidario”.
A maggior ragione, quindi, è importante capire come si manifesta questa malattia negli adulti, nei più giovani e anche negli anziani. “Si tende spesso a considerare come sintomi principali della depressione il malumore e la tendenza a esperire ogni cosa in maniera negativa. Eppure, forse la sintomatologia prevalente è piuttosto l'incapacità ad esperire emozioni positive, che non è semplicemente il contrario di quanto appena detto. Le caratteristiche più tipiche di questo disturbo sono l'apatia e l'incapacità a provare emozioni e a confidare che le proprie azioni possano avere un risultato positivo. Questa apatia spesso si manifesta anche in un abbigliamento trasandato, nel non volersi curare né alzarsi la mattina. Senza considerare poi altri sintomi come insonnia, cali e aumenti di peso eccessivi e repentini e dolori cronici. Mal di testa, dolori lombari o mal di schiena cronici sono sintomi che possono riflettere una condizione di depressione.
Nei bambini e negli adolescenti, poi, il riconoscimento della malattia può essere un problema ancora più grosso. Il nuovo Manuale statistico per i disturbi alimentari ha prestato particolare attenzione alla depressione infantile, che può manifestarsi con forme di isolamento ma anche, a volte, con manifestazioni di rabbia e irritabilità. Si tratta di un aspetto importante non solo perché viene finalmente riconosciuto il fatto che anche un bambino possa essere depresso, cosa che fino a poco tempo fa non si pensava neanche, ma anche perché vengono indicati i modi in cui la depressione si può manifestare.
L'adolescenza è un periodo della vita in cui per definizione il tono dell'umore può essere oscillante. Se queste oscillazioni si sommano a fattori di rischio come uso di alcol e droghe o frequentazioni di ambienti a rischio, possono emergere più facilmente dei sintomi depressivi, che si manifestano spesso in maniera criptica. Talvolta si traducono in forme di isolamento, comportamenti aggressivi o autolesionisti oppure in disturbi del comportamento alimentare, che possono nascondere o intrecciarsi con forme di depressione. Dobbiamo certamente evitare di pensare che si tratti di un “mal di crescenza” destinato a scomparire da solo. Certo, molti disturbi e alterazioni emozionali si stabilizzano durante lo sviluppo, ma alcuni casi possono essere particolarmente rischiosi. E per questo non c’è niente di più sbagliato, come purtroppo ancora accade, che pensare che sia possibile risolvere questa condizione con “un po’ di buona volontà” da parte di chi ne soffre. Al contrario, un intervento precoce può “invertire la rotta” di una pericolosa strada in discesa verso un quadro molto più grave”.
La professoressa Palomba accenna poi anche alla categoria degli anziani. “Anche in questi casi, la depressone può essere difficile da riconoscere perché a volte si tendono a confonderne i sintomi con quelli di altre patologie più tipiche della senilità. Però non bisogna dimenticare anche che chi è depresso ha una possibilità più alta di sviluppare patologie cardiovascolari o cardio-ischemiche”.
Un'altra difficoltà che incontra spesso il paziente che soffre di depressione, oltre al riconoscimento della malattia, consiste nell'individuazione dello specialista più adatto a cui rivolgersi.
“In Italia, la prima persona a cui si rivolge il malato o il parente del paziente è solitamente il medico di base”, spiega la professoressa Palomba. “In alcuni paesi all'estero, invece, esistono già dei centri specialistici dedicati a questo tipo di disturbi.
Il confronto con il medico molto spesso è difficile non solo per il paziente che non riconosce la sua patologia e non sa a chi rivolgersi, ma anche per il medico che si trova a dovere distinguere tra una serie di sintomi che sono sono sempre chiaramente dei sintomi depressivi.
Per questo motivo è molto importante che sia il medico che il paziente siano informati. L'informazione è lo strumento più importante per consentire al medico di dare le informazioni giuste e al paziente di capire cosa deve fare. Non c'è dubbio che l'unica possibilità per un approccio corretto alla depressione è la consapevolezza che esistono trattamenti psicologici efficaci, strutturati e definiti con una loro manualizzazione precisa, ma anche che in molti casi non si può prescindere da una terapia farmacologica. Molto spesso, quindi, non può agire lo psichiatria da solo, né il medico, né lo psicologo, ma la soluzione deriva proprio da un intervento sinergico di queste figure”.
Purtroppo, comunque, esiste molta difficoltà nell'effettuare una diagnosi precoce. Come sottolinea la professoressa Palomba, infatti, “non esiste al momento un marcatore precoce sicuro, e questa è la sfida della ricerca clinica psicologica. Comunque ci stiamo avvicinando a questo obiettivo perché siamo in grado di identificare dei marcatori a volte comportamentali, a volte psico-biologici. Non dimentichiamoci, infatti, che la depressione ha una componente biologica molto consistente e un'elevata familiarità, che è una condizione di rischio. Per questo l'identificazione precoce può essere effettuata grazie a forme di screening su popolazioni selettive, come quella che facciamo nel nostro centro clinico, dove cerchiamo di identificare la malattia per fasce di rischio. Una di queste comprende gli studenti, soprattutto a causa della loro età, e quella dei dipendenti esposti a particolari condizioni di stress”.
Infine, un'altra questione importante da affrontare quando si parla di depressione riguarda purtroppo lo stigma nei confronti del malato e della malattia. “Lo stigma si sovrappone e si mescola con la mancanza di informazione”, specifica la professoressa Palomba. “Nelle malattie mentali come la schizofrenia è molto più evidente la paura verso il malato. Nel caso della depressione, invece, c'è ancora tanta difficoltà a capire che questa è una malattia e non una transitoria modificazione dell'umore. Inoltre, non bisogna sottovalutare il carico emotivo sulle spalle delle comunità e delle famiglie che prestano assistenza a un coniuge, un collega o un figlio depresso.
A tutto questo, si aggiunge il fatto che il trattamento di questi disturbi sembra spesso indefinito, di lunga durata e dall'esito incerto. Prendendo ispirazione dallll’esperienza inglese nota come Improving Access to Psychological Therapies, che al momento garantisce ad un milione di cittadini britannici di poter accedere alla psicoterapia per ansia e depressione con metodi strutturati, ben definiti, in un contesto privo di stigma e in maniera gratuita, a Padova si è formata una consensus conference, grazie all'iniziativa del professor Ezio Sanavio.
Si tratta di un gruppo di lavoro permanente che include accademici, professionisti, operatori del Servizio sanitario nazionale e di altri enti sanitari con lo scopo di definire come sia necessario agire per promuovere l'accesso ai trattamenti più efficaci per ansia e depressione. Un secondo obiettivo del consensus è quello di fornire in maniera semplice e accessibile delle informazioni chiare che abbiano una base scientifica. La divulgazione scientifica dovrebbe cercare di essere in grado di comunicare in maniera chiara e accessibile anche concetti e dati piuttosto complessi. Se questo accade, come ci auguriamo, avremo due nuovi armi in mano per combattere la depressione: facilitare la diagnosi permettendo ai medici di base di sapere dove indirizzare il paziente e informare il paziente sui sintomi ai quali deve stare attento e sulle terapie accessibili ed efficaci. Se questo poi si coniuga con una buona ricerca clinica sugli indicatori precoci si potrebbe riuscire davvero a ridurre l'impatto non solo della depressione conclamata ma anche delle sue conseguenze più gravi, prima di tutte il suicidio. È importante saper riconoscere la malattia, che non vuol dire vederla dappertutto, ma saper riconoscere quando si presenta”.