SCIENZA E RICERCA

Salvare Zaporizhzhia

La guerra in Ucraina riapre il dibattito sulla sicurezza delle centrali nucleari, proprio mentre l’impennata dei prezzi dei combustibili fossili – in particolare del gas – rilanciano il ruolo dell’energia ottenuta dalla fissione. Il riferimento è ovviamente alla centrale di Zaporizhzhia, la più grande in Europa e una delle più importanti al mondo, teatro nei giorni scorsi di combattimenti tra le forze armate ucraine e gli invasori russi.

Nonostante Kiev abbia chiesto in un primo momento di lasciare l’impianto al di fuori delle operazioni, in modo da creare attorno ad esso una fascia di sicurezza di 30 chilometri, questo è stato in seguito occupato dall’esercito russo, che lo avrebbe anche usato come postazione per operazioni belliche. Putin punterebbe inoltre a sganciarlo dalla rete elettrica ucraina per connetterlo a quello della Federazioni Russa: operazione questa estremamente rischiosa dal punto di vista della sicurezza, e che inoltre priverebbe di elettricità milioni di case e di aziende.

Il risultato è che nelle ultime settimane l’installazione è stata addirittura coinvolta in bombardamenti ed esplosioni che potrebbero aver danneggiato i sistemi di protezione e di approvvigionamento dell’energia. Una situazione che ha suscitato l’allarme delle Nazioni Unite e dell’Aiea, la quale è finalmente riuscita a mandare i propri ispettori. Intanto però, con l’annunciata controffensiva ucraina, sono in molti a temere un nuovo disastro a 36 anni da quello di Chernobyl.

Chernobyl fu causata da una serie di errori e di azioni improprie: una situazione certamente diversa da quella attuale”, spiega Marco Casolino, esperto di radiazioni e primo ricercatore presso l’Infn, oltre che collaboratore del centro di ricerca giapponese Riken. “A Zaporizhzhia i reattori sono molto diversi da vecchi RBMK a grafite presenti a Chernobyl, molto più soggetti a reazioni chimiche di tipo esplosivo. Se però la domanda è se c’è il rischio di dispersione di radiazioni, la risposta ovviamente è sì. Attualmente la centrale è presidiata dai russi ma è mandata avanti dal personale ucraino, che lavora con le armi puntate addosso e turni massacranti. In quelle condizioni sono possibili errori, che però dovrebbero portare al massimo allo spegnimento dei reattori”. Altro discorso sono i bombardamenti: “Gli involucri sono progettati per resistere all’impatto di un aereo, ma un missile è un’altra cosa. Il rischio maggiore è che siano colpiti i reattori o la piscina dove si stanno raffreddando le barre di combustibile esausto, posta in un edificio meno protetto”.

Un’eventuale fuga di radiazioni dovrebbe essere limitata ma comunque preoccupante – continua il fisico –. Naturalmente russi e ucraini si rimpallano le responsabilità, ma è importante che questo elemento critico venga riconosciuto e tenuto sotto controllo. Fare terra bruciata non converrebbe a nessuno, anche perché non si sa mai dove soffia il vento: le radiazioni potrebbero finire anche in Russia o nei territori da essa controllati. Mosca inoltre è una potenza nucleare di suo, ha a disposizione testate strategiche e tattiche, non dovrebbe aver bisogno di un incidente o del sabotaggio di una centrale come strumento di dissuasione. Per questo al momento mi sento di esprimere un moderato ottimismo: l’ispezione dell’Aiea è un ottimo segnale del fatto che non si vogliono passare certe linee, dalle quali sarebbe difficile tornare indietro”.

Il nucleare, con tutti i suoi problemi, resta fondamentale contro il global warming

Al di là di tutto la guerra rischia di restituire l’immagine di un settore nucleare problematico e pericoloso, oltre ineluttabilmente legato agli armamenti, come sembrano dimostrare anche le recenti notizie sull’arricchimento dell’uranio in Iran.  Casolino però non è d’accordo e ricorre all’immagine delle rette ortogonali, che hanno in comune l’origine per non toccarsi mai più. “Se anche chiudessimo tutte le centrali del mondo le armi nucleari rimarrebbero, e viceversa – puntualizza –. In un reattore ogni sforzo è diretto a controllare e a contenere l’energia, per una bomba è l’esatto contrario. Certo una centrale può essere utilizzata anche per produrre gli isotopi necessari per il nucleare militare, ma è un discorso che vale per tutto: anche da petrolio e idrogeno si possono ottenere sia carburanti che esplosivi. La scienza e la tecnologia rimangono le stesse, sono le persone a decidere cosa farne”.

L’energia nucleare può essere la risposta ai problemi che stiamo attraversando con le fonti di energia fossile? “Per costruire una centrale nucleare ci vogliono 10 anni: è chiaro che non inizi per far fronte a una guerra, mentre ha senso per il global warming. Del resto il costo dell’energia aveva già iniziato a salire l’anno scorso. Il tempo sta dimostrando che tutto quello che si diceva del riscaldamento globale era vero: è antropogenico ed è legato principalmente alle fonti fossili di energia; oggi inoltre esso colpisce già intere popolazioni facendo più morti della stessa guerra in Ucraina, e in futuro sarà probabilmente ancora peggio. Per questo il nucleare, con tutti i suoi problemi, è ancora una delle soluzioni migliori e più pulite; essa sfrutta infatti la forza nucleare forte, milioni di volte più intensa delle altre forze chimiche e fisiche che utilizziamo per produrre energia”. Persino il governo tedesco potrebbe tornare sui suoi passi e tenere aperti i suoi reattori: “Se è discutibile la scelta italiana di abbandonare la fissione, ancor più criticabile è la Germania, che ha deciso di dismettere il nucleare non per l’energia pulita ma per importare ancora più gas dalla Russia – conclude Casolino –. Anche il Giappone dopo Fukushima aveva sospeso l’attività delle centrali nucleare ma adesso le sta riattivando, anche se nel frattempo è stato dato una grande impulso anche alle rinnovabili. A mio avviso al momento il nucleare, sempre affiancato dalle rinnovabili, resta l’unica soluzione sul fronte ecologico. Senza sarà davvero difficile”.

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