SCIENZA E RICERCA

Crisi della dispersione di semi in Europa: la relazione fragile tra piante e animali

La dispersione dei semi è un servizio fondamentale per la persistenza degli ecosistemi, ma oggi la defaunazione - termine che, come scrive l'Accademia della Crusca, si è diffuso grazie a Rodolfo Dirzo della Stanford University e al suo lavoro Defaunation in the Anthropocene (Science, 2014) - potrebbe compromettere i risultati di una efficace disseminazione attraverso gli animali. "Il paesaggio europeo ha subito grandi trasformazioni, diventando il continente più frammentato della Terra. La frammentazione dell'habitat dovuta alle reti di trasporto, all'urbanizzazione e all'agricoltura pone molteplici barriere fisiche alla dispersione dei semi delle piante". Gli autori dello studio Evidence of a European seed dispersal crisis, condotto dal Centre for Functional Ecology - Science for People & the Planet (CFE) dell'Università di Coimbra, pubblicato recentemente su Science, hanno raccolto e analizzato i dati di piante e animali impegnati nella dispersione dei semi a livello europeo e ha definito ciascuna interazione di specie come di bassa, alta o altissima preoccupazione in base allo stato di conservazione e alle traiettorie della popolazione. Sono state raccolte informazioni da 1843 lavori, in 26 lingue e da 38 Paesi, relativi alla dispersione dei semi e agli animali coinvolti in questo processo in Europa.

"Nonostante gli sforzi per tutelare le specie europee, la conservazione delle interazioni che le uniscono ha ricevuto relativamente poca attenzione [...] L'estinzione delle interazioni spesso anticipa quella delle specie. L'analisi delle reti ecologiche fornisce un quadro critico per valutare come la perdita di specie e interazioni influisca sul funzionamento e sulla resilienza delle comunità". E ancora: "Il declino degli animali che disperdono semi potrebbe trasformare i paesaggi europei in foreste vuote". La crisi in corso risulta particolarmente preoccupante: le piante devono adattarsi ai rapidi cambiamenti climatici in un continente colpito dalla frammentazione degli habitat. "Il nostro studio fornisce prove convincenti della necessità di dare priorità alla ricerca e alla conservazione delle interazioni per la dispersione dei semi su cui le piante, e anche gli esseri umani, fanno affidamento".

I risultati riferiscono che il 30% delle specie vegetali europee è in pericolo perché la maggior parte degli animali che trasportano i loro semi sono minacciati o in declino. "Questo studio dimostra chiaramente che esiste una crisi in tutti i biomi europei - spiega Sara Mendes, ricercatrice del CFE e prima autrice dello studio -. Tuttavia, rivela anche che conosciamo solo gli animali dispersori del 26% delle specie vegetali che producono frutti carnosi in Europa, il che evidenzia l'urgente necessità di saperne di più su quali animali possano aiutare le piante selvatiche a sopravvivere agli effetti del cambiamento climatico e della desertificazione, soprattutto nell'Europa meridionale".

Mendes e colleghi hanno compilato un elenco di 592 specie di piante autoctone, con adattamenti per incoraggiare gli animali a diffondere i loro semi, e 398 specie di animali che trasportano quei semi. Molti di questi animali mangiano i semi di più piante quindi, incrociando i dati, i ricercatori si sono ritrovati con un set che includeva oltre 5000 interazioni tra le piante e i loro animali dispersori. Pur non descrivendo nel dettaglio come la crisi stia influenzando gli ecosistemi, lo studio rivela come, in tutta Europa, numerose specie animali che disperdono semi siano classificate come minacciate dall'Unione internazionale per la Conservazione della natura (IUCN) o, comunque, siano in declino: la parula (Sylvia borin), per esempio, comune uccello migratore che diffonde i semi di circa 60 specie di piante, sta diminuendo in tutta Europa. Lo stesso vale per il tordo sassello (Turdus iliacus), un uccello fondamentale per la dispersione dei semi su lunghe distanze: alcune popolazioni, infatti, migrano per migliaia di chilometri. 

Alcune piante sembrano essere più in difficoltà di altre. I dispersori più importanti includono mammiferi come il cervo nobile (Cervus elaphus, 119 piante), il cinghiale (Sus scrofa, 115 piante), la volpe rossa (Vulpes vulpes, 100 piante), le pecore (Ovis aries, 99 piante) e uccelli come il merlo (Turdus merula, 105 piante), la gazza eurasiatica (Pica pica, 96 piante) e la capinera (Sylvia atricapilla, 95 piante). Lo studio definisce "molto preoccupanti" una ottantina di interazioni, quei casi in cui sia la pianta che l'animale risultano minacciati o in declino: un esempio è quello della palma nana (Chamaerops humilis), che può impiegare decenni per riprodursi e fa affidamento sui servizi di dispersione di 10 specie tra cui il coniglio selvatico europeo (Oryctolagus cuniculus), segnalato dall'IUCN come "in pericolo" in Spagna e Portogallo. Dunque, spiegano i ricercatori, quando si valuta come aiutare le specie vegetali in difficoltà è necessario considerare e prendersi cura degli animali che stanno facendo gran parte del lavoro. Tra i misteri non ancora svelati restano quelli relativi alle piante rare e ai loro animali di riferimento: tuttavia, anche per specie comuni, conosciute e studiate, non è sempre chiaro quali siano i dispersori più importanti e, ancora, quali altre specie potrebbero prendere il sopravvento se dovessero scomparire.

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