SCIENZA E RICERCA

I segreti del ritmo vocale dei cetacei

"Fino ad oggi la ricerca si è concentrata in gran parte su uccelli canori e primati. Qui presentiamo prove che i cetacei sono un pezzo mancante del puzzle per comprendere perché il ritmo si è evoluto nei sistemi di comunicazione vocale". I cetacei possono contribuire a formulare diverse ipotesi sulle origini evolutive delle caratteristiche del ritmo vocale. A spiegarlo è la perspective Cetaceans are the next frontier for vocal rhythm research pubblicata recentemente su Pnas che si prefigge un duplice obiettivo: mostrare quanto i cetacei possano contribuire alla comprensione dei ritmi vocali e illustrare l'approccio che i ricercatori che studiano diversi gruppi tassonomici possono utilizzare per facilitare la ricerca comparativa sui ritmi.

We define rhythm as a “pattern of time intervals demarcating a sequence of stimulus events”. This definition requires n ≥ 3 “events” (here, vocalizations), n – 1 intervals separating those events, and some repetition for a sequence to be considered rhythmic [Cetaceans are the next frontier for vocal rhythm research, Pnas]

"Viviamo in un mondo ritmico - spiegano i ricercatori -. Dai battiti cardiaci alle onde cerebrali, i ritmi orchestrano la vita. Il ritmo è anche una componente intrinseca di molti sistemi di comunicazione, tra cui il linguaggio e la musica, ma l'evoluzione e la funzione di tali modelli non sono chiare per la maggior parte delle specie. I cetacei sono modelli eccellenti per la ricerca sul ritmo vocale, ma sono sottoutilizzati. Molti cetacei producono vocalizzazioni ritmiche e mostrano comportamenti che sono stati collegati ai ritmi vocali negli esseri umani e in altre specie, fornendo informazioni utili a districare diverse ipotesi evolutive".  

I cetacei si dividono in misticeti (con fanoni) e odontoceti (con denti): ai primi appartengono le balene e balenottere, ai secondi i delfini, capodogli e orche. Si legge: "I cetacei sono filogeneticamente più vicini agli umani rispetto agli uccelli canori e possiedono un cervello da mammifero, il che ci consente di valutare meglio l'ascendenza comune e l'evoluzione convergente come fattori trainanti delle somiglianze ritmiche. Condividono anche diversi tratti con gli umani che sono rari nei primati, come la capacità di acquisire nuove vocalizzazioni o modificare quelle esistenti in base all'esperienza. I misticeti e gli odontoceti differiscono anche nei modi vocali e sociali chiave, il che può aiutare ad affrontare diverse questioni sull'evoluzione e la funzione dei ritmi vocali". Misticeti e odontoceti generano vocalizzazioni con caratteristiche diverse, la perspective di Pnas definisce queste differenze spiegando che i misticeti vocalizzano facendo vibrare le pieghe della laringe, come la maggior parte degli altri mammiferi, e le loro vocalizzazioni hanno generalmente una bassa frequenza, contengono armoniche e durano nell'ordine dei secondi. Molte specie combinano singole vocalizzazioni in lunghe esibizioni ripetitive e strutturate chiamate 'canti'. Il discorso cambia con gli odontoceti - i delfini, per esempio - che vocalizzano forzando l'aria attraverso strutture muscolari chiamate labbra foniche: le loro vocalizzazioni sono in genere a frequenza più alta rispetto a quelle dei misticeti e si dividono in clic (spesso utilizzati per l'ecolocalizzazione), suoni pulsatili e fischi. A differenza dei misticeti, gli odontoceti non producono canti ma emettono comunque vocalizzazioni legate alla corteggiamento e a scopi riproduttivi.

I ritmi orchestrano la vita

Sull'importanza di avviare una analisi approfondita sul ritmo e sul suo ruolo in diversi processi e comportamenti, tra cui memoria, attenzione, socialità e ricompensa, si legge ancora su Pnas: "Questi collegamenti sono meglio compresi negli esseri umani. La percezione del ritmo negli esseri umani emerge entro i due mesi di età e continua a svilupparsi in seguito. Questo 'istinto del ritmo' ci consente di percepire, interpretare e creare ritmo nella musica, nel linguaggio e nella danza. Nel dominio acustico, il ritmo migliora la nostra capacità di rilevare, reagire e confrontare segnali. Il ritmo ci consente anche di prevedere e indirizzare la nostra attenzione a punti specifici nel tempo, il che in ultima analisi consente a più individui di sincronizzare l'attenzione e il comportamento. Il ritmo è quindi fortemente implicato nella produzione e nella percezione del comportamento negli esseri umani, ma non si sa come noi e altre specie abbiamo acquisito abilità ritmiche avanzate. Esistono numerose ipotesi sulle origini evolutive del ritmo nella comunicazione vocale, la maggior parte delle quali si riferisce esplicitamente ai primati. Queste ipotesi mirano a diverse caratteristiche del ritmo, tra cui l'isocronia, la complessità e l'interazione uditivo-motoria, e potrebbero non essere reciprocamente esclusive. Mentre le future analisi del ritmo trarrebbero vantaggio dallo sviluppo di più ipotesi comparative, la ricerca tra specie ha già prodotto spunti sulle ipotesi esistenti". E il lavoro comparativo sui ritmi vocali è diventato sempre più comune, con approfondimenti su anuri, pesci, mammiferi e uccelli.

Per approfondire l'argomento e analizzare i risultati forniti dalla perspective di Pnas, che apre nuovi scenari di indagine, abbiamo intervistato Marta Picciulin, esperta di bioacustica marina, consulente per Cnr/Ismar Venezia. Con lei continueremo a occuparci di ritmo vocale: a questo primo articolo dedicato ai cetacei, infatti, ne seguirà un altro dedicato ai pesci. "La comunicazione vocale negli organismi marini è funzionale alle caratteristiche del mondo in cui vivono. Grandi cetacei, come i misticeti, ma anche molti odontoceti, hanno bisogno di muoversi in profondità: in questo contesto l'utilizzo del canale visivo, per trasferire informazioni per comunicare, è limitato semplicemente perché non riescono a vedersi e aggiungiamo che, in aree costiere, si possono riscontrare anche problemi di torbidità", spiega Picciulin. "Se il segnale visivo è limitato nello spazio, di contro, il segnale acustico si propaga a grandi distanze e molto velocemente: la densità dell'acqua è superiore a quella dell'aria e quindi il segnale acustico viaggia più veloce e più lontano rispetto al segnale visivo, diventando preferenziale per la comunicazione. In ambiente marino, dunque, la comunicazione diventa più efficace ed efficiente attraverso il canale acustico. Questa è la prima cosa che dobbiamo tener presente".

Perché i cetacei comunicano, quali sono le loro necessità? "La comunicazione avviene in contesti comportamentali significativi come riproduzione, aggressività legata al mantenimento del territorio, strategie di ricerca del cibo, ovvero la caccia, che nei cetacei è un fenomeno sociale. Queste sono le macroaree fondamentali, vi è poi un'altra area più sviluppata nei cetacei, in quanto mammiferi, ed è quella della coesione sociale: le relazioni madre-piccolo o quelle di appartenenza a un determinato gruppo. Le prime tre macroaree esistono anche nei pesci, mentre questo ultimo aspetto nei pesci è molto limitato. All'interno di questo sistema elaborato, un segnale acustico è caratterizzato da un segnale che si sviluppa nel tempo, uno che sviluppa nelle frequenze, dove intendiamo frequenza acustica, quello che noi possiamo chiamare tono, e poi c'è un terzo parametro che è la modulazione nel tempo. I segnali possono  presentarsi come dei tocchi, pulsatili, oppure come un fischio, pensiamo ai quelli emessi dal delfino. I primi tre parametri sono stati per oltre vent'anni alla base della bioacustica: con la maggior parte dei lavori ci si è concentrati sull'analisi di frequenza, durata, presenza di modulazioni".

Quando iniziamo a parlare di ritmo il focus cambia, perché ci interessa capire cosa accade tra un suono e l'altro Marta Picciulin

Cosa succede quando iniziamo a parlare di ritmo? "Il focus cambia perché ci interessa capire cosa accade tra un suono e l'altro, più precisamente nel silenzio tra un suono e l'altro. Quella di Pnas è la prima review di questo tipo dedicata ai cetacei. In ambiente terrestre questa analisi è stata applicata ai pipistrelli, agli anuri, ai primati: è una metodologia già nota in ambiente terrestre che, invece, deve ancora essere esplorata in ambiente marino. Uno degli autori dello studio di Pnas è Andrea Ravignani e sta spingendo proprio per ampliare i taxa su cui si lavora".

Lo studio sul ritmo vocale dei cetacei che nuovi scenari può aprire? "Quando parliamo di comunicazione il ritmo è informativo, ci racconta qualcosa. I ritmi si possono dividere in due grandi classi: isocrono ed eterocrono. Questa review si chiede che tipo di pattern è predominante nel mondo animale e che tipo di informazioni vengono veicolate? A cosa serve questo? La review va a prendere tutta una serie di specie per vedere se esiste effettivamente una ritmicità. Esiste un ritmo è che tipo di ritmo? Nei cetacei c'è un pattern isocrono predominante, con contesti soprattutto di tipo riproduttivo. Ora a cosa serve un pattern isocrono? Perché può essere vantaggioso? Perché è prevedibile e quindi più facile da seguire. Se io voglio veicolare un determinato segnale, renderlo stereotipato, ridondante e facile da seguire è perfetto. Inoltre, non solo è più facile da percepire da un ricevente, ma è anche meno degradabile dal rumore di fondo. Esiste poi un motivo che forse è ancora più vicino alla musica. L'isocronia, molto spesso correlata alla riproduzione, è un evento che sia in terra che in mare prevede un'alta sincronia tra i partner. In nessun sistema animale la sincronia è istantanea: nel corteggiamento i rituali hanno come scopo ultimo quello di permettere la sincronizzazione dell'atto riproduttivo vero e proprio. I segnali isocroni favoriscono la sincronizzazione: per arrivare alla riproduzione ho bisogno di sincronia".

Isochrony and heterochrony are the building blocks of rhythm. Quantifying when, where, and how often they occur in vocalizations is key to identifying promising species for vocal rhythm research and facilitating subsequent investigations of more complex rhythmic phenomena [Cetaceans are the next frontier for vocal rhythm research, Pnas]

"Questa review è una richiesta di studi", conclude Picciulin. "Esiste una metodologia legata all'analisi del ritmo, che è molto recente, ma i lavori qui citati nascono con altre finalità e da questi gli autori hanno inferito l'esistenza di un ritmo e la tipologia del ritmo. Si invita, dunque, a considerare questo nuovo asse, quello del ritmo, entrandoci in maniera più strutturata, quantitativa, puntuale. C'è un grande spazio di indagine nel mondo dei cetacei - e io aggiungo, nel mondo degli organismi marini, in generale - per capire come funziona il ritmo. La review dice: è molto probabile che vi sia un certo tipo di pattern, quindi studiatelo. A latere, l'altro grande capitolo è legato alle neuroscienze, alla produzione e alla decodifica del ritmo: il ritmo prevede un senso del tempo, un controllo neuronale che può risultare molto interessante. C'è tutta un'area legata alla neuroscienze che riverbera sul nostro interesse per un certo tipo di musica tribale, altamente ritmica. Quindi, questo paper possiamo leggerlo anche come una storia della musica, se preferiamo uno sguardo antropocentrico, oppure una storia della comunicazione. E infine possiamo chiederci quali siano, per esempio, gli effetti dell'antropofonia su questo tipo di comunicazione, quali sono gli ambiti neuronali di produzione e ricezione".

Di suoni dei cetacei si occupa il progetto CETI. E a un vero e proprio alfabeto dei capodogli si riferisce lo studio, pubblicato su NatureContextual and combinatorial structure in sperm whale vocalisations: la comunicazione del capodoglio ha una struttura sia contestuale che combinatoria mai osservata in precedenza nella comunicazione delle balene. "I capodogli comunicano principalmente utilizzando sequenze di brevi raffiche di clic con intervalli inter-clic variabili, note come code. L'articolo riporta variazioni non descritte in precedenza nella struttura della coda che sono sensibili al contesto conversazionale in cui si verificano".

"Indagando un set di dati raccolto in oltre un decennio di quasi 9.000 code dalle famiglie di capodogli del clan dei Caraibi orientali, i nostri risultati mostrano che queste balene hanno un sistema di comunicazione combinatoria più complesso che dimostra rubato e ornamentazione, in cui le balene effettuano aggiustamenti in meno di un secondo per adattarsi l'una all'altra mentre conversano e aggiungono clic extra ai tipi di coda noti a seconda del contesto all'interno delle loro conversazioni. Nonostante il loro lignaggio evolutivo drammaticamente divergente, i capodogli hanno aspetti nel loro sistema di comunicazione tipicamente riservati agli umani", ha affermato Shane Gero, responsabile della biologia del progetto CETI, scienziato della Carleton University e fondatore del Dominica Sperm Whale Project.


Infine, Il Post ha prodotto un audio documentario che si occupa del suono e dell’ascolto: un nuovo podcast in cinque episodi che, "partendo dallo studio e dalla comprensione delle balene prova a capire come i suoni creino la realtà e le società, per gli animali umani e per quelli non umani". Si intitola Sonar, è scritto e condotto da Nicolò Porcelluzzi e "contiene interviste a scienziati che studiano i capodogli e altri animali, dal mare dei Caraibi ai canyon sottomarini al largo delle coste della Liguria". Potete ascoltarlo sull’app del Post e sulle principali piattaforme, come Apple Podcasts e Spotify. A noi è piaciuto.

 

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