SCIENZA E RICERCA

Scoperta una relazione tra cambiamenti climatici e disuguaglianze sociali nel Neolitico

I cambiamenti climatici possono avere un impatto considerevole sulle dinamiche demografiche e sociali di una popolazione. Questo vale oggi come cinquemila anni fa, tra la fine del Neolitico e la prima età del Bronzo. Lo dimostra uno studio pubblicato su Plos One con la prima firma di Ralph Großmann, ricercatore in preistoria e protostoria all’Università di Kiel. Attraverso un confronto tra dati paleoclimatici e archeologici, Großmann e coautori hanno indagato le risposte delle società umane che abitavano l’Europa centrosettentrionale ai mutamenti del clima, rilevando delle correlazioni tra le fluttuazioni climatiche e alcune dinamiche di popolazione.

Il lavoro di Großmann e coautori si concentra in particolare su tre territori dell’Europa centrale: la regione di Circumharz (nella Germania centrale), l’area compresa tra la Repubblica Ceca e l’Austria meridionale e la zona prealpina settentrionale della Germania meridionale per il periodo compreso tra il 3500 e il 1550 a.C., che copre il tardo Neolitico e la prima età del Bronzo. I dati archeologici sono stati tratti da analisi al radiocarbonio effettuate nei siti di scavo presenti nelle aree considerate, mentre quelli paleoclimatici sono stati ottenuti analizzando alcune formazioni calcaree (stalattiti e stalagmiti) conservate in grotte e caverne. Queste concrezioni possono raccontare molto delle condizioni ambientali in cui versavano queste aree migliaia di anni fa, fornendo informazioni sul livello di umidità, sulla quantità di precipitazioni e sulle temperature medie nelle diverse stagioni.

I ricercatori hanno scoperto che durante i periodi in cui il clima era caldo e umido (nei seguenti momenti: 2900-2700, 2550-2250 e 2050-1950 a.C.), le popolazioni crescevano, i commerci prosperavano, i raccolti rendevano bene e nuovi sistemi sociali nascevano e si consolidavano. Al contrario, nei periodi caratterizzati da climi più rigidi e aridi (ovvero: 3050-2950, 2250-2150 e 1950-1600 a.C.) i raccolti peggioravano, le organizzazioni sociali entravano in crisi, le società sperimentavano alti livelli di disuguaglianza sociale e i trend demografici erano in declino.

Mentre durante il tardo Neolitico e il Neolitico finale in tutte e tre le regioni considerate erano osservabili le stesse dinamiche demografiche in risposta alle medesime oscillazioni climatiche, la situazione sembra cambiare nella prima età del bronzo. Attorno al 2050 a.C., in un momento di miglioramento delle condizioni ambientali, gli autori hanno rilevato una crescita demografica solo nelle regioni della Bassa Austria/Repubblica ceca e nella Germania meridionale. Nell’area di Circumharz, al contrario, la popolazione continuò a decrescere e vennero esacerbate le disuguaglianze sociali.

In generale, il concetto di disuguaglianza indica un accesso disomogeneo a risorse e opportunità; tali disparità si manifestano però in modo differente a seconda dei contesti e delle epoche, e altrettanto diversificate sono le tracce che si lasciano alle spalle. Durante l’età del Bronzo, ad esempio, è possibile individuare alcune forme di disuguaglianza tramite l’indagine delle pratiche funerarie, che variavano in base alle caratteristiche (come genere, età e ceto sociale) delle persone sepolte. Proprio durante la fase di declino demografico descritta poc’anzi vennero erette nell’area di Circumharz delle tombe principesche destinate ai membri più importanti della società, l’ultima e la più grande delle quali fu costruita intorno al 1850 a.C.

Gli autori hanno provato ad avanzare qualche ipotesi per spiegare il disallineamento della regione di Circumharz rispetto alle altre due e la comparsa delle imponenti strutture funerarie. È possibile che le popolazioni che vivevano in questi luoghi conducessero uno stile di vita insostenibile dal punto di vista ambientale, per cui lo sfruttamento eccessivo delle risorse e degli ecosistemi naturali potrebbe aver prodotto una crisi ecologica e sociale che avrebbe causato la concentrazione dei pochi mezzi rimasti – e quindi anche del potere – nelle mani di una minoranza, con un conseguente incremento delle disuguaglianze. Tale ipotesi spiegherebbe sia l’anomalo trend demografico in calo, sia la comparsa delle tombe principesche. Le élite della regione di Circumharz potrebbero aver inoltre costruito una rete di scambi commerciali con le popolazioni delle regioni circostanti – che invece stavano attraversando un momento di sviluppo economico e culturale – provocando così un allargamento della forbice delle disuguaglianze.

In ogni caso, a partire dal 1900 a.C., un nuovo inasprimento e inaridimento del clima fu causa di ulteriori crisi demografiche e sociali tra le popolazioni in tutte le regioni di studio. La situazione però si stabilizzò più o meno ovunque intorno al 1600 a.C. grazie alle strategie di resilienza messe in atto dalle popolazioni che vivevano in queste aree, le quali impararono a selezionare i cereali che meglio si adattavano a crescere a temperature più rigide e a costruire case, stalle e reti stradali e commerciali migliori.

I risultati di Großmann e coautori confermano quindi come i cambiamenti climatici possano influenzare la storia delle popolazioni umane sin dai tempi più remoti. Per quanto questa relazione sia oggi bidirezionale – il nostro impatto sull’ambiente naturale non è infatti neanche paragonabile a quello delle popolazioni antiche – l’analisi dei modelli demografici del passato in relazione ai cambiamenti climatici può mettere in luce alcune analogie tra il passato e il presente, permettendoci di comprendere quanto sia complesso, profondo e antico il legame tra ambiente e società.

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