CULTURA

Siamo tutti parenti

La curiosità e l'irrequietezza sono caratteristiche che contraddistinguono l’uomo di oggi, ma anche quello di ieri. Fin dalle sue origini l’uomo, o da quando si può definire la nascita di questa specie, ha dimostrato quanto queste caratteristiche siano alla base della sua evoluzione, e del suo “successo”. L’uomo è un animale migratore, e lo è sempre stato. La sua storia, come specie, è costellata di grandi e lunghe migrazioni. A dimostrarlo una lunga serie di ricerche scientifiche che, approfittando dei progressi nel campo della genetica e della possibilità di sequenziare anche i DNA antichi, sono raccolte nel libro Il giro del mondo in sei milioni di anni, di Guido Barbujani e Andrea Brunelli. Il libro, scritto a quattro mani dal genetista e dal biologo, è finalista del Premio Galileo 2020, la cui premiazione è in programma per il prossimo 18 ottobre.

Brunelli, giovane biologo e dottorando, e Barbujani, già autore del fortunato L'invenzione delle razze, tornano sull’argomento in modo indiretto, cioè compiendo, questa volta, un vero e proprio viaggio nel tempo e nello spazio, ricostruendo la storia della specie homo al ritmo di scoperte scientifiche, recenti o meno. E come ogni viaggio che si rispetti, c’è una guida esperta a introdurre ogni tappa fondamentale del viaggio. Si tratta "dell’immortale" Esumim (Esseri umani in movimento), una sorta di Virgilio che racconta ogni cambiamento avvenuto alla specie con il punto di vista che avrebbe avuto uno spettatore oculare. Dagli ominini all’homo sapiens, dalle prime migrazioni alle più recenti, per i suoi racconti Esumim attinge dalle conoscenze più antiche sui primi uomini, alle ultime scoperte scientifiche. In ogni capitolo Esumim, e il suo tono scanzonato e colloquiale, lasciano poi il passo ai due autori che illustrano le ricerche scientifiche, presentate non in ordine di scoperta ma in modo da ripercorrere la storia dell’uomo. 

Sei milioni di anni è quel tempo che separa l’essere umano di oggi dal suo antenato comune con lo scimpanzé. Lo scimpanzé è la scimmia che più ci somiglia, quindi è legittimo pensare a un avo condiviso, sebbene non ne sia mai stato ritrovato alcun fossile. Da sei milioni di anni fa, da quell’unica popolazione, inizia una storia che è separata da quella degli scimpanzé, cominciano delle migrazioni a cui seguiranno tante altre immigrazioni. E di queste migrazioni possiamo trovare tracce nei nostri dna odierni e nei dna degli uomini antichi che sono giunti fino a noi. Altre tracce del peregrinare della nostra specie però, possono essere rintracciate nelle lingue, antiche e moderne, a cui i due autori dedicano un intero capitolo. Uno dei maggiori pregi di questo libro viaggio, ma anche di tesi, è il fatto che gli autori tengono sempre conto degli studi fondamentali del passato, in varie discipline, li confrontano e li aggiornano con altre ricerche più recenti, sottolineando se esistono altre teorie, ipotesi, e ricordando a più riprese che, con l’avanzare delle scoperte scientifiche, anche ciò che loro hanno scritto nel libro potrebbe non essere più valido.  

Homo erectus veniva dall’Africa, come tutti. Vale la pena di ricordare che, senza conoscere alcun fossile se non Neandertal, Darwin già aveva proposto un’origine umana in Africa, perché è lì che vivono i nostri parenti più stretti, scimpanzé e gorilla.

Già Charles Darwin aveva ipotizzato che l’umanità abbia avuto origine in Africa, dato che i suoi parenti più prossimi, scimpanzé e gorilla, si trovano lì ancora oggi, ma oggi gli studi genetici possono confermarlo. Dall’Africa la specie umana si è avventurata in altri continenti, e quelli che sono rimasti si sono evoluti, si sono manifestate altre specie umane, qualche altra si è estinta, altre specie sono rientrate in Africa, altre ne sono uscite, una, due o più volte. Queste specie hanno tracciato percorsi e incroci che sono tutt’ora in via di ricostruzione, ma comunque, generazione dopo generazione, la nostra specie ha raggiunto tutti gli angoli del pianeta.

La prima, primissima migrazione però, e probabilmente la più fondamentale per il futuro della specie, è stata quella dall’alto al basso, cioè dagli alberi alla terra, che ha portato all’utilizzo della stazione eretta. Il poggiarsi sui due piedi ha permesso di avere due arti liberi da utilizzare in altri modi, una grande novità che ha portato i nostri antenati a scoprirsi creativi e a svolgere azioni che prima di allora non erano concepibili. Da questo deriverebbe lo sviluppo del cervello, e quindi, nel corso del tempo, del linguaggio. Poi le migrazioni, le ibridazioni, i cambiamenti del clima, i cambiamenti introdotti con l’agricoltura, e così via, hanno contribuito a mescolare i geni e far portare avanti quelle mutazioni che hanno funzionato meglio, perché “l’evoluzione non trova soluzioni ottimali, ma soluzioni che funzionano”.

Il giro del mondo in sei milioni di anni si muove nel tempo e tra i continenti in modo veloce, a volte molto veloce, e questo se vogliamo può essere la critica di chi non è abituato a questo tipo di dislocazioni e balzi temporali, ma il quadro che dipinge risulta chiaro: l’uomo continua a rispondere ai problemi di carestia, di clima e di opportunità, facendo la stessa scelta che hanno fatto i suoi, i nostri antenati per secoli: migra verso luoghi migliori.

PREMIO GALILEO 2020

La cinquina finalista

A Giulio Cossu con “La trama della vita” il Premio Galileo 2020

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