
Fino a pochi mesi fa le Big Tech statunitensi sembravano leader incontrastate nella corsa globale ai nuovi modelli di Intelligenza Artificiale (IA). A gennaio di quest’anno però un’azienda cinese ha rilasciato sul mercato Deep Seek, un’IA costruita su un Large Language Model (LLM) che si è dimostrato all’altezza dei concorrenti statunitensi, se non superiore, con il vantaggio di aver richiesto molta meno energia e molto meno potere computazionale in fase di addestramento.
La notizia ha scatenato un terremoto sui mercati azionari: non solo sono crollate aziende high tech come Nvidia, che fornisce gran parte dei chip per far funzionare i LLM, ma ha accusato il colpo anche il settore energetico, che ha fatto enormi investimenti per supportare la crescente domanda energetica che verrà trainata dai nuovi data center per le IA.
Anche sul fronte del puro dominio scientifico l’arrivo di Deep Seek è stato descritto da alcuni come una sorta di “momento Sputnik”, nome del primo satellite che l’Unione Sovietica mandò in orbita nel 1957, battendo sul tempo gli Stati Uniti.
In un mondo, quello del XXI secolo, ad altissimo contenuto tecnologico e scientifico, gli Stati Uniti non possono permettersi di cedere terreno ai concorrenti, la Cina su tutti. A parole sembrano esserne consapevoli anche i membri della Heritage Foundation, il think tank conservatore che già nel 2023 aveva pubblicato il rapporto di 900 pagine, Project 2025, che ora sta ispirando alcune delle più controverse politiche del secondo mandato presidenziale di Donald Trump.
Oltre a voler bandire l’aborto e smantellare gli organi federali, il testo del Project 2025 vorrebbe anche “assicurare il dominio scientifico degli Stati Uniti”. Andando però a vedere come viene articolato il raggiungimento di questo obiettivo, riporta Nature, si trovano per lo più tagli alla ricerca sulle energie rinnovabili e iniziative per impedire alla Cina di impossessarsi della scienza statunitense.
Già nel suo primo mandato presidenziale, Trump aveva messo in piedi la cosiddetta China initiative, che aveva portato all’arresto di diverse persone di origini cinesi, inclusi scienziati, per proteggere dallo spionaggio i laboratori statunitensi. Biden aveva posto fine all’iniziativa, che ora però potrebbe tornare in auge non solo con gli ordini esecutivi anti immigrazione firmati da Trump, ma anche semplicemente con controlli più rigidi su chi entra negli Stati Uniti: a metà marzo un ricercatore francese che doveva partecipare a una conferenza a Houston è stato espulso dal Paese dopo che nel suo telefono sono state trovate opinioni critiche nei confronti della nuova amministrazione statunitense.
Secondo la stessa Heritage Foundation, che pubblica documenti che intendono indirizzare le politiche del governo statunitense dagli anni ‘80, durante il suo primo mandato Trump si è attenuto per circa i due terzi (64%) alle indicazioni del think tank. Da quando è tornato alla Casa Bianca, ha firmato una serie di ordini esecutivi che hanno già tradotto in azione diversi indirizzi di policy contenuti nel Project 2025. Nature ha provato a mettere in fila alcune delle azioni che hanno avuto maggiori conseguenze per il mondo della ricerca.
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Ricerca di base e politiche di inclusione
Il recente congelamento di fondi a progetti di ricerca che contengono riferimenti anche solo linguistici alle politiche di diversità, equità e inclusione (acronimo DEI) trova un esplicito riferimento ideologico nel Project 2025: “sciogliere le politiche e le procedure che sono usate per avanzare iniziative radicali di genere, razziali e di equità sotto la bandiera della scienza”.
Due degli enti scientifici più colpiti sono stati la National Science Foundation, che finanzia tutta la ricerca di base statunitense, ad eccezione di quella biomedica, che è invece supportata dal National Institutes of Health.
Oltre ad aver firmato un ordine esecutivo contro le politiche DEI, Trump ne ha firmato un altro che intende “ripristinare la verità biologica” dell’esistenza di due soli sessi. In un discorso tenuto il 4 marzo di fronte al Congresso, Trump se l’era anche presa con il governo Biden per aver finanziato ricerche biomediche che utilizzavano “topi transgender”. Il dipartimento per l’efficienza governativa di Elon Musk aveva pertanto congelato 8 milioni di dollari destinati a progetti di ricerca che facevano ricorso a topi transgenici (non transgender), il cui genoma veniva modificato in laboratorio per studiare una serie di condizioni in cui la quantità di ormoni influenza patologie come il cancro o la risposta immunitaria.
Non solo progetti di ricerca, ma anche molte altre agenzie federali si sono viste bloccare fondi, in quanto non in linea con le nuove politiche anti-DEI.
Clima
Il testo del Project 2025 fa anche riferimento al “fanatismo climatico dell’amministrazione Biden”. Tornato alla Casa Bianca, Trump ha fatto nuovamente uscire gli Stati Uniti dall’accordo di Parigi e ha firmato un ordine esecutivo intitolato “Liberare l’energia americana” (Unleashing American Energy), che oltre a promettere di tener fede allo slogan elettorale drill, baby, drill (trivella, trivella, trivella), tra le altre cose delegittima la validità di un indicatore socio-ambientale noto come SCC (Social Cost of Carbon) che intende quantificare, in dollari, il costo sociale ed economico delle emissioni di anidride carbonica.
Tra i tagli alla NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration), uno dei più clamorosi che finora sono stati annunciati è quello che andrebbe a colpire il Manua Loa Observatory delle Hawaii, che misura l’aumento della concentrazione dei gas climalteranti in atmosfera, dalla metà del secolo scorso.
Inoltre, andando contro a tutte le ammonizioni della comunità scientifica in tema di clima e ambiente, Trump ha dato mandato all’EPA, l’Agenzia di Protezione Ambientale, di allentare la maggior parte dei vincoli che limitano non solo nuove estrazioni di petrolio e gas, ma anche di quelli che impediscono alle attività produttive di inquinare.
Università e impiegati federali
L’attacco a università, college e centri di ricerca è arrivato sotto tante forme: ad alcune è stato chiesto di adeguarsi al contrasto all’ideologia gender, pena la perdita di finanziamenti, altre come la Columbia e Harvard sono state accusate di antisemitismo per aver lasciato esprimere cortei di studenti pro-Palestina all’indomani dell’attentato del 7 ottobre 2023, che ha innescato il conflitto a Gaza.
Un colpo più diretto, e non mediato da altre guerre culturali, è però arrivato tramite un taglio del 15%, da parte dell’NIH ad esempio, di tutti i costi indiretti: sotto questa voce di bilancio, essenziale per tutti i progetti di ricerca, finiscono ad esempio l’energia elettrica o la manutenzione degli strumenti di laboratorio.
Proprio il Project 2025 parla di “mettere un tetto ai costi indiretti pagati alle università” dal governo. Inoltre, al personale impiegato nelle agenzie federali, secondo il documento della Heritage Foundation, andrebbero applicati “sostanziali e permanenti riduzioni” e secondo le ultime stime, la scure del dipartimento per l’efficienza governativa ha già ridotto del 6% il personale dell’NIH e chiuso definitivamente diversi uffici della NASA. Allo stesso tempo, a più di 40 firmatari del documento della Heritage Foundation è stato assegnato un ruolo nella nuova amministrazione statunitense.
Attacchi futuri
Secondo Nature, leggendo il Project 2025, quelli elencati finora non sono che una parte degli attacchi alla scienza e alla libertà di ricerca che potrebbero arrivare nei prossimi mesi e anni. Durante il suo primo mandato Trump aveva già posto delle restrizioni all’uso di tessuti fetali per la ricerca. Biden aveva allentato questi vincoli, che ora potrebbero tornare, in quanto il dipartimento della salute “dovrebbe prontamente ripristinare un comitato etico per supervisionare la ricerca che utilizza tessuti fetali derivati dall’aborto e il Congresso dovrebbe proibire del tutto questa ricerca”, si legge nel documento.
A fine marzo, quasi 2.000 ricercatori hanno firmato una lettera aperta che partiva da una premessa tanto chiara quanto allarmante: “stiamo mandando un segnale di SOS che deve suonare come un avvertimento chiaro: l’impresa scientifica della nazione sta venendo decimata”.
“Per più di 80 anni gli investimenti del governo degli Stati Uniti hanno messo in piedi l’impresa scientifica facendone un’invidia per il resto del mondo” si legge nella lettera. “Sorprendentemente, l’amministrazione Trump sta destabilizzando quest’impresa tagliando fondi alla ricerca, licenziando migliaia di scienziati, togliendo accesso pubblico a dati scientifici e mettendo pressione ai ricercatori per far loro abbandonare il proprio lavoro su base ideologica”.
Secondo Benjamin F. Jones, economista della Northwestern University sentito dal New York Times, la ricerca è come un distributore automatico: “se metti un dollaro nella macchina ne ricevi 5 indietro. Da un punto di vista sociale, è un’attività con un ritorno incredibilmente alto, di cui già ci serviamo troppo poco”.
Naturalmente questi ritorni, soprattutto quando si parla di ricerca di base, sono sul lungo termine. Proprio per questo l’investimento pubblico non può venire sostituito da quello privato, che predilige guadagni più immediati.
Interrompere il supporto pubblico alla ricerca, secondo diversi economisti di diverso orientamento politico, potrebbe causare sul lungo periodo un danno economico agli Stati Uniti maggiore di quello che in questi giorni stanno generando i dazi imposti al commercio globale.