"Aftab mishavad (The sun will rise)" di Ayat Najafi
"In questo film vedrete solo piedi, mani, corpi in movimento. Mai i volti. Una scelta fatta per tutelare gli attori", spiega Gaia Furrer, direttrice artistica delle Giornate degli autori, presentando al pubblico in sala Aftab mishavad (The sun will rise), il film di Ayat Najafi, evento speciale di apertura della rassegna autonoma, proposta all’interno della Mostra del cinema di Venezia, sul modello della Quinzaine des Réalisateurs di Cannes, ideata da Citto Maselli, presieduta per anni da Andrea Purgatori e giunta quest'anno alla ventesima edizione.
"The sun will rise è stato girato in clandestinità - continua Furrer - e pone un importante quesito: ha senso fare arte quando una rivoluzione è in corso?". La risposta arriva lentamente, nel corso della proiezione. Non è facile rispondere, molte certezze crollano. Lo stesso regista si mette profondamente in discussione di fronte alla domanda di una attrice sopraffatta dal dolore: "Perché sei qui? Perché sei tornato a Teheran (Ayat Najafi vive da tempo a Berlino, ndr)? Per me, tu sei un turista. So che hai una figlia a cui sei molto legato, pensi che continueresti a riprendere se ti chiamassero da scuola per dirti che le hanno sparato in un occhio?". Najafi la ascolta, non taglia, offre allo spettatore questa immagine impietosa di sé, di un uomo tornato nel suo Paese ma ormai straniero per molti, accusato di non capire davvero quel che sta accadendo da chi invece è rimasto e vive quotidianamente nella paura.
Dopo questo film "non potrò più tornare in Iran - spiega al pubblico, al termine della proiezione del Lido -. Ho la sensazione che non ci sarà un lieto fine nel prossimo futuro, ma si continuerà a lottare finché il sole sorgerà".
“ Ha senso fare arte quando una rivoluzione è in corso?
"Aftab mishavad (The sun will rise)" di Ayat Najafi
Un anno fa, nel settembre del 2022, "mi sono recato in Iran - racconta -, mancavo da otto anni, per cercare attori per un film, che alla fine non si è fatto: i produttori mi dicevano di tornare a Berlino ma io sentivo di dover restare e ho iniziato a insegnare alla scuola di teatro, i miei studenti portavano in classe quello che vedevano per strada. In quel periodo ho anche iniziato a leggere Brecht, Camus e altre storie di resistenza. Un giorno, terminate le lezioni, mi sono trovato al centro di una manifestazione e ho avuto paura, non sapevo se sarei riuscito a uscirne vivo. La notte stessa ho iniziato a scrivere". E Najafi continua: "La morte di Mahsa Jina Amini ha segnato l'inizio di una nuova era. Molti l'hanno definita la prima rivoluzione femminista della storia moderna. Comunque sia, l'Iran di oggi e la sua giovane generazione sono a un punto di non ritorno".
Il film fotografa un preciso momento per raccontare il presente del popolo iraniano: è l’ottobre del 2022, in una sala prove di Teheran una compagnia sta lavorando all'allestimento della commedia greca Lisistrata di Aristofane, rappresentata nel 411 a.C. Durante una scena nella quale i vecchi stanno assaltando l'Acropoli conquistata dalle donne di Atene guidate, appunto, da Lisistrata, la compagnia apprende di essere circondata dalle forze anti-sommossa che stanno marciando intorno all'edificio per sedare una grande manifestazione. La violenza esterna fa arrivare tutto il suo frastuono all'interno. Nella sala crescono paura e rabbia: c'è chi vorrebbe abbandonare le prove per sostenere i manifestanti, chi vuole restare e nascondersi. Alcune riflessioni attraversano lo spazio apparentemente protetto: non è possibile lavorare sotto la censura e le regole del regime né pensare di fare uno spettacolo in tempo di rivoluzione. L'ingresso di quattro sconosciuti dalla strada trasporta la realtà esterna nella sala prove. Per tutta la notte, in una condizione irreale e sospesa, la compagnia improvvisa sulla base delle storie che accadono fuori. Il teatro diventa, così, una forma di disobbedienza civile: l'arte è un atto politico.
In occasione della proiezione veneziana è intervenuta anche Ileana Bello, direttrice generale di Amnesty International Italia: "Questo film porta con sé un messaggio potente. Continuate a parlare di quello che succede in Iran", dice, alla vigilia del primo anniversario della morte di Mahsa Amini, avvenuta dopo essere stata arrestata perché indossava male il velo, e la repressione delle proteste che ne sono seguite. Lo scorso 3 ottobre Amnesty International Italia ha lanciato un appello globale per chiedere alle autorità iraniane il rispetto del diritto di protesta pacifica. "Il 13 settembre 2022, la donna curda iraniana Mahsa Amini è stata arrestata a Teheran dalla cosiddetta polizia “morale” iraniana, che regolarmente sottopone donne e ragazze ad arresti e detenzioni arbitrarie, torture e altri maltrattamenti per non aver rispettato l’obbligo discriminatorio di indossare il velo. Secondo testimoni oculari, Mahsa Amini è stata picchiata violentemente mentre veniva trasferita con la forza nel centro di detenzione di Vozara a Teheran. In poche ore, è stata trasferita all’ospedale di Kasra dopo essere entrata in coma. È morta tre giorni dopo. Le autorità iraniane hanno annunciato indagini negando contemporaneamente qualsiasi illecito, ma questo non è bastato a fermare le numerose mobilitazioni della società civile dilagate su tutto il territorio nazionale. Chiediamo l’abolizione della legge che obbliga le donne a indossare il velo, la fine della repressione e dell’impunità".
"Tatami" di Guy Nattiv e Zar Amir Ebrahimi
Due storie e un filo rosso a unirle: la forza, il coraggio e la determinazione delle donne iraniane. Donna, vita, libertà. Oltre The sun will rise, un altro film arriva alla Mostra. Si intitola Tatami ed è in concorso nella sezione Orizzonti: è il primo lungometraggio co-diretto da un regista israeliano e un’attrice iraniana, Guy Nattiv e Zar Amir Ebrahimi, e ricostruisce l’autentica vicenda di una lottatrice di judo che le autorità iraniane vorrebbero costringere a ritirarsi dalla competizione per non dover combattere contro un’atleta israeliana.
Proprio nel giorno della proiezione di Tatami, la Biennale ha organizzato un'azione di solidarietà, alla luce della recente condanna a sei mesi di carcere del regista Saeed Roustaee dopo la presentazione del suo film Leila’s brothers al Festival di Cannes del 2022, in collaborazione con l'Associazione democratica degli Iraniani di Venezia. I cineasti e gli artisti presenti il 2 settembre al Lido sono invitate a partecipare, alle 18, a un flash-mob sul red carpet del Palazzo del cinema con lo scopo di sensibilizzare media, governi e le organizzazioni umanitarie internazionali sulla situazione del popolo iraniano.