SCIENZA E RICERCA

Sonda Osiris-Rex, missione compiuta sull'asteroide

La sonda spaziale Nasa Osiris-Rex ha prelevato con successo un campione di materiale incontaminato dalla superficie dell’asteroide 101955  Bennu ed è pronta ora per riportarlo sulla Terra. Le operazioni di “toccata e fuga” - anche in gergo tecnico touch-and-go - si sono svolte senza intoppi, poco dopo la mezzanotte (ora italiana) e in silenzio, a circa trecento milioni di chilometri dalla Terra, segnando un’altra importante tappa dell’esplorazione spaziale. 

Vediamo qualche dettaglio in più sulla missione con i commenti di John Brucato, astrobiologo dell’INAF Osservatorio Astrofisico di Arcetri (Firenze) e membro del team di Osiris-Rex. 

Identikit del bersaglio

Bennu è un asteroide carbonaceo primitivo di tipo Apollo scoperto nel 1999, un oggetto near-Earth del diametro medio di circa 500 metri, scelto come target per la missione sample-return Osiris-Rex (Origins, Spectral Interpretations, Resource Identification, Security – Regolith EXplorer), lanciata nel 2016 e sviluppata dal Lunar and Planetary Laboratory dell’Università dell’Arizona, dal Goddard Space Flight Center della Nasa e dalla divisione spaziale della Lockheed Martin, con l'obiettivo di avere informazioni sulla sua composizione e in generale sulla nascita e sull’evoluzione del Sistema solare.

Gli asteroidi infatti, come le comete, sono residui del suo processo di formazione, e quello che si cerca di capire è se un asteroide come Bennu possa aver introdotto sulla Terra materiale contenente acqua e ricco di carbonio, contribuendo quindi anche alla nascita della vita.

Già dalle prime osservazioni ravvicinate della sua superficie, Bennu mostrava la presenza inaspettata di numerosi grandi massi mentre ci si aspettava una grana molto più fine del materiale di superficie. Il suo aspetto eterogeneo suggerisce la coesistenza di regioni risalenti a epoche diverse, alcune residue dal corpo progenitore e altre frutto di attività più recente. L’età stimata di Bennu si aggira tra i cento milioni e un miliardo di anni.

Bennu è l’unico asteroide osservato fino ad oggi in cui è stata rivelata sulla superficie la presenza di abbondanti silicati idrati diffusi, ovvero minerali che hanno subito una profonda alterazione dovuta alla presenza di acqua liquida. 

Osiris-Rex ha percorso oltre tre miliardi e mezzo di chilometri nel Sistema solare per essere pronta alla sua manovra cruciale: il touch-and-go. Numeri da capogiro, se pensiamo che in totale l’operazione è durata all’incirca dieci secondi. 

Tutto è andato come previsto

Tutte le manovre sono state meticolosamente pianificate dal team internazionale alla guida della missione e si sono svolte in modo completamente automatico, poiché è impossibile guidare in tempo reale da Terra il veicolo spaziale: considerata la distanza, un segnale impiega oltre diciotto minuti per raggiungere la sonda. 

Le operazioni di touch-and-go - toccata e fuga - sono iniziate con l’accensione dei propulsori che faranno uscire il veicolo spaziale dall’orbita intorno a Bennu a una quota di circa 770 metri dalla sua superficie dell’asteroide e lo condurranno con grande precisione verso il sito di atterraggio Nightingale (usignolo), uno dei quattro siti ritenuto idoneo al campionamento insieme a Sandpiper, Kingfisher e Osprey. Nightingale (nell’immagine) si trova all’interno di un piccolo cratere, a sua volta all’interno di un cratere più grande di 70 metri di raggio, vicino al polo nord di Bennu. Tra tutti i siti studiati, questo è quello caratterizzato dalla temperatura più bassa e dalle variazioni termiche minori, caratteristica che tende a preservare inalterato il materiale organico. 

Dopo aver viaggiato quattro ore su questa traiettoria discendente, la navicella spaziale ha eseguito la manovra checkpoint a un’altitudine approssimativa di 125 metri sopra il sito di raccolta, per regolare la posizione e la velocità e scendere ripidamente su una traiettoria sicura  verso la superficie. Circa undici minuti dopo, la navicella spaziale ha effettuato la manovra di matchpoint a circa 50 metri dal suolo: da questo momento in poi Osiris-Rex non ha più potuto correggere la sua traiettoria, proseguendo in caduta libera verso la superficie con una velocità verticale di 10 cm/s fino ad avvenuto contatto con il sito di raccolta (touchdown).

Poco prima del contatto, il veicolo ha confrontato le immagini della superficie in avvicinamento con una mappa dettagliata archiviata nella sua memoria (la cosiddetta “mappa dei rischi”), per poter fare un rapido dietrofront in caso di discesa verso un punto potenzialmente pericoloso.

Una volta prossima alla superficie, la sonda ha estratto il suo dispositivo di acquisizione dei campioni chiamato Tagsam (Touch-And-Go-Sample Acquisition Mechanism), agganciato all’estremità di un braccio lungo oltre tre metri.

Il momento clou della raccolta del materiale si è svolto in un’unica una manovra – chiamata appunto touch-and-go – durante la quale il contatto con la superficie di Bennu è durato meno di dieci secondi. Non appena la sonda ha rilevato l’avvenuto contatto con la superficie, ha attivato una delle tre bombole di azoto a bordo e, proprio come un grande aspirapolvere inverso, il materiale – regolite – è stato sollevato dalla superficie e catturato al suo interno.

Intervista all’astrobiologo

«Io mi occupo di spettroscopia e dell’analisi del materiale. Da quando Osiris-Rex è arrivata a orbitare intorno a Bennu (2018) ho analizzato i dati inviati dagli strumenti a bordo, in particolare i dati ottenute dagli spettrometri che indagano nel visibile, nel vicino infrarosso e nell’infrarosso termico. Attraverso un confronto con gli spettri ottenuti in laboratorio siamo riusciti a comprendere la mineralogia e la composizione chimica dell’asteroide» racconta Brucato a Il Bo Live.

Com’è andato l’atterraggio?

«È stato un momento emozionante assistere a questa discesa verso l’asteroide che ha permesso la raccolta di campioni di cui nei prossimi giorni verrà misurata la massa. È stato un atterraggio perfetto, tenendo conto che l’asteroide ruota e lo stesso satellite deve seguire questa rotazione. È stato utilizzato un sistema di atterraggio abbastanza innovativo, ovvero sono state la distribuzione superficiale dei massi e l'irregolarità della superficie a fare da punti di riferimento per le manovre, senza utilizzare riferimenti artificiali come ha fatto per esempio la missione giapponese Hayabusa 2 (Jaxa) l’anno scorso, che ha mandato sulla superficie dell’asteroide Ryugu alcuni riflettori per il tracking. Con questo sistema, l’incertezza sull’atterraggio è stata solo di 50 centimetri».

Adesso cosa succede?

«Adesso il satellite è in una configurazione di sicurezza in orbita intorno all’asteroide, ha catturato immagini ed effettuato misure spettroscopiche durante tutta la fase di atterraggio. A breve effettuerà le operazioni di misura della massa del campione raccolto attraverso il momento di inerzia del satellite, misura che sarà fondamentale per capire se il prelievo del campione ha soddisfatto i requisiti ed è pronto per il rientro».. 

Perchè investire cosí tanto nelle missioni sample-return?  

«Riportare i campioni di materiale sulla Terra significa poterli analizzare con gli strumenti più sofisticati che abbiamo a disposizione. Miniaturizzare uno strumento e mandarlo nello spazio a bordo di una missione è un’operazione molto complessa, a discapito della precisione. Inoltre, tenere i campioni all’interno di una facility terrestre fa in modo che tra alcuni decenni, quando gli strumenti si saranno ulteriormente evoluti, si potranno fare ulteriori indagini. Studiare questi campioni significa capire la storia del nostro Sistema solare, si tratta di una sorta di Dna con tutte le informazioni sulle nostre origini, ci permettono di andare nel passato. Per esempio, oggi continuiamo ad analizzare i campioni lunari di cinquant’anni fa con metodi sempre più sofisticati, per ottenere ulteriori informazioni».

Su che tipo di asteroide siamo atterrati?

«La missione ha già dimostrato che Bennu è fatto di materiale incoerente, di massi messi insieme a seguito di urti, processi di frammentazione e accumulo avvenuti in epoche passate. Questo tipo di asteroidi è pericoloso perché la sua orbita sfiora l’orbita terrestre, e studiare come sono fatti è utile per capire come deviare una loro possibile rotta di collisione con la Terra. Lo studio di Bennu è importante quindi anche in un’ottica di protezione planetaria.

Prelevare il campione è un’operazione così complicata o la parte più difficile è stata arrivare così lontano?

 «Quella del touch-and-go è un’impresa estremamente difficile per diversi motivi. In primo luogo, questa operazione è compiuta in maniera completamente autonoma e poi perché questi oggetti sono un‘incognita fintanto che la sonda non arriva a destinazione. La procedura per definire come atterrare in mezzo ai grandi massi di Bennu è stata molto più lunga del previsto, e si è trattato di atterrare - o meglio sostare pochissimi secondi -, prelevare velocemente i campioni e ripartire immediatamente».

Cosa vi aspettate di trovare?

«Ci aspettiamo di trovare materia organica, materiale costituito dai mattoni che formano la vita, e ci aspettiamo di capire se questi asteroidi possano aver contribuito in qualche modo alla nascita della vita sulla Terra. Dallo studio dei materiali di cui questo asteroide è fatto possiamo anche capire la storia del nostro Sistema solare, i fenomeni e i processi che sono avvenuti a partire dalla sua formazione.

E se il campione prelevato non andasse bene?

«Se il campione dovesse essere inferiore a sessanta grammi il touch-and-go verrà ripetuto: questo è il limite minimo sotto il quale la Nasa insieme al team scientifico deciderà se accontentarsi e tornare indietro. In questo caso, verrà effettuato un altro tentativo a gennaio 2021 ma in un sito differente perchè il satellite, nel momento in cui cerca di raccogliere il campione, smuove il materiale depositato sulla superficie e sarebbe necessario fare un nuovo studio per capire se sarebbe ancora idoneo all’atterraggio. Poiché sono già stati stati individuati altri siti adatti per la raccolta del campione, Osiris-Rex atterrerebbe su Ospray in un'altra zona dell’asteroide. 

Attendiamo quindi la luce verde per il rientro a casa: a quel punto la capsula con il prezioso materiale verrà sigillata e riportata a Terra: arrivo previsto nel 2023

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012