CULTURA

È stata la mano di Dio: amore, buio e ancora luce

Amore, buio e (ancora) luce. Qualcosa di questo percorso esistenziale rimane addosso a distanza di ore, di giorni. Dopo la visione, col pensiero, si torna lì, alle emozioni che attraversano la storia e che, per qualche motivo, sentiamo anche nostre: a un ricordo di famiglia, a un momento di felicità o di profondo dolore. Rapiti da un'immagine, dalle parole attentamente scelte, da un istante di intimità, euforia o sofferenza.

Ci sono attimi indimenticabili in È stata la mano di Dio: la famiglia Schisa - padre, madre e figlio - che raggiunge la casa di zia Patrizia in motorino, nella notte, vento in faccia, abbracci stretti; il fischio come un richiamo per uccellini tra due coniugi che hanno ideato una loro lingua; la tavola imbandita, affollata e rumorosa in un giorno d'estate, il giro in barca e un'inaspettata scandalosa nudità, la disperata e costante fuga di Patrizia dal mondo reale. E il dolore improvviso e lacerante per la perdita prematura dei genitori, la rabbia, lo sgomento, e poi la ricerca di un posto nel mondo; il dialogo tra Fabietto Schisa, il giovane Sorrentino, e il regista partenopeo Antonio Capuano che, a gran voce, di fronte al mare, gli domanda: "A tien' 'na cosa 'a raccuntà?", "Sì!" risponde Fabietto, "E dimmell'!", ma il ragazzo tace, ci chiede di avere fiducia, attenderlo. Noi, spettatori dal futuro, sappiamo che proprio a quella storia stiamo assistendo ora, seduti in sala. E ci sentiamo privilegiati. L'ha detto anche Toni Servillo, in conferenza stampa a Venezia, definendo quella scena "la sua preferita".

Nel film vincitore del Leone d'Argento, Gran Premio della Giuria della 78esima Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia c'è il primo atto della vita del regista. Nell'opera più intima del Premio Oscar Paolo Sorrentino (Il Divo, La grande bellezza, The Young Pope) c'è la sua giovinezza di luce e buio pesto: luminosa e piena d'amore, improvvisamente spezzata da un lutto inaccettabile. In oltre due ore di film si entra, ufficialmente invitati e calorosamente accolti, nel cuore di un racconto familiare che diverte e commuove. "Ho parlato della mia famiglia adesso perché forse ho meno pudori di qualche anno fa", ha spiegato Sorrentino presentando il film alla Mostra. "C'è stata una grande parte di amore nella mia vita da ragazzo e anche una parte molto dolorosa: mi è sembrato che tutto questo potesse essere declinato in un racconto cinematografico, indipendentemente dalle mie esigenze e dai miei bisogni".

La storia è già svelata ed è quella di Fabietto, nella Napoli degli anni Ottanta che si prepara ad accogliere un mito, Diego Armando Maradona. Il ragazzo ha sedici anni ed è circondato dall'amore del fratello (di una sorella che possiamo solo immaginare per quasi tutto il film), degli zii e soprattutto dei genitori, che perde tragicamente: muoiono avvelenati dal monossido di carbonio sprigionato da una stufa nella loro casa di villeggiatura di Roccaraso. Fabietto non è con loro perché ha ottenuto il permesso di restare a casa per vedere Maradona in trasferta con il Napoli, e così si salva. Un destino, il suo, che presto gli indicherà la strada per il futuro. 

A Venezia È stata la mano di Dio trova la sua consacrazione (anche se in parte, perché non vince il Leone D'Oro), ma il verdetto non stupisce: ricordiamo i nove lunghi minuti d'applausi in Sala Grande al Lido e l'entusiasmo della stampa internazionale che da giorni parla di Oscar (il film è stato visto anche al festival di Telluride). Prodotto da The Apartment, vanta un cast numeroso ed eccellente: tra tutti, il giovane e bravissimo Filippo Scotti (che ha vinto il Premio Marcello Mastroianni), Toni Servillo, Teresa Saponangelo, e poi Marlon Joubert, Luisa Ranieri, Renato Carpentieri, Massimiliano Gallo, Betti Pedrazzi, Biagio Manna, Ciro Capano, Enzo Decaro, Lino Musella, Sofya Gershevich. 

Dal 24 novembre in alcuni cinema selezionati e su Netflix dal 15 dicembre 2021. Quello di Sorrentino è un film bello, nel senso pieno e più autentico del termine, e si inserisce in un tempo cinematograficamente felice. Quest'anno i film italiani a Venezia sono piaciuti al pubblico e alla stampa e Il buco ha vinto il Premio speciale della Giuria. Il critico Gianni Canova ha definito quello di Venezia78 un "cinema italiano in stato di grazia".

"Dovete avere un po' di pazienza perché sono leggermente emozionato". Alla cerimonia di premiazione di ieri sera, 11 settembre, Paolo Sorrentino ha ringraziato, commosso fino alle lacrime, tra gli applausi: "Ringrazio i miei genitori, i miei fratelli, Maradona, mia moglie e i miei figli. E quando qualcuno mi dice: ma perché fai sempre i film con Toni Servillo? Io rispondo: guardate dove sono arrivato facendo i film con Toni Servillo".

E ha aggiunto: "Sembra una cosa triste ma non lo è: il giorno del funerale dei miei genitori il preside della mia scuola mandò solo quattro dei miei compagni di classe e io ci rimasi malissimo. Ma ora questo non ha più importanza, perché stasera è venuta tutta la classe: siete voi".


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