SOCIETÀ

Gli Stati Uniti e la precarietà del diritto all’interruzione volontaria di gravidanza

Pro life vs. Pro choice: gli Stati Uniti sono al centro del dibattito sul diritto all’interruzione volontaria di gravidanza. Il presidente Trump, viste le varie restrizioni che gli stati federali stanno approvando, ha dichiarato con un tweet di essere “pro life”, cioè contro l’aborto, ad eccezione di tre casi: stupro, incesto e tutela della vita della madre. Grazie a questa mossa, Trump è riuscito a rassicurare i conservatori meno estremisti, preoccupati dopo le recenti svolte dell’Alabama (abolizione dell’aborto a qualsiasi stadio e anche nei casi di stupro o incesto) e del Missouri (il limite è stato spostato da 21 a 8 settimane).

La legislazione prima della storica sentenza Roe vs. Wade

Nel 19° secolo la legislazione degli Usa permetteva l’interruzione di gravidanza fino al “quickening”, cioè il momento in cui la donna sentiva o percepiva i movimenti fetali. Verso la metà del secolo, tuttavia, l’appena costituita American Medical Association iniziò una campagna per criminalizzare e rendere illegale l’aborto per motivi scientifici, morali e pratici. Scientificamente e secondo l’opinione dei medici dell’epoca, il “quickening” non era un parametro accettabile e che già dalla fecondazione si poteva parlare di una nuova vita umana. Nell’Ottocento le donne che terminavano una gravidanza erano principalmente sposate, bianche e borghesi: dal punto di vista morale, i medici dell’AMA sostenevano che questo intervento danneggiava il “patrimonio genetico americano”. Le donne più ricche avevano sicuramente meno figli rispetto alle donne più povere. Tuttavia, la questione intaccava anche il piano pratico-economico: l’associazione dei medici temeva che ostetriche e altri concorrenti potessero "rubare" loro i pazienti, essendo più inclini a praticare l’operazione. La campagna ebbe un successo tale che nel 1880 la maggior parte degli Stati aveva introdotto leggi per contrastare l’aborto illegale, fatta eccezione per quegli interventi atti a salvare la vita della donna.

Le leggi contro l’interruzione di gravidanza non venivano applicate in modo rigido e spesso la loro attuazione avveniva in maniera irregolare. Il dibattito sull’argomento si accese nuovamente negli anni Sessanta: il miglioramento delle cure in ambito ostetrico e ginecologico portò a chiedere un cambiamento delle leggi sull’aborto. Nel 1959, l’American Law Institute pubblicò un progetto per rendere legale l’interruzione di gravidanza nei casi di stupro, incesto, anormalità fetale oppure di rischio per la salute della gestante. La riforma fu appoggiata in primis dalle femministe, le quali chiedevano tuttavia un’abrogazione totale delle restrizioni, e i membri dei movimenti per il controllo della popolazione, già presenti nell’Ottocento ma sviluppatosi dopo la Seconda guerra mondiale. Allo stesso tempo, però, la Chiesa cattolica iniziò in tutti gli stati federali una campagna contro l’aborto, definendosi "difensori" del diritto alla vita e appellandosi alla Costituzione americana e alla Dichiarazione d’indipendenza.

Roe vs. Wade, la sentenza

22 gennaio 1973: la Corte Suprema degli Stati Uniti dichiara, grazie alla sentenza Roe vs. Wade, che l’accesso sicuro e legale all’interruzione di gravidanza è un diritto costituzionale. Norma McCorvey, una ragazza di 21 anni proveniente dalla contea di Dallas (Texas) presente negli atti con il nome di Jane Roe, era incinta del terzo figlio e la sua volontà era di non proseguire con la gravidanza. All’epoca, le amiche le consigliarono di mentire e dichiarare di essere stata stuprata, così da poter interrompere la gravidanza in modo legale ma non avendo un rapporto della polizia, la richiesta venne respinta. Linda Coffee e Sarah Weddington furono i due avvocati che sostennero la causa di Norma, riuscendo a vincere contro la Corte distrettuale. Lo stato del Texas presentò ricorso alla Corte Suprema: l’istituzione decise che le donne statunitensi avevano il diritto di scegliere di abortire e che il divieto dello stato federale era anticostituzionale. I giudici della Corte hanno tuttavia imposto degli spartiacque: fino al primo trimestre, la donna poteva interrompere la gravidanza per qualsiasi motivo e nel secondo trimestre, con l’aumento dei pericoli per la gestante e lo sviluppo del feto, l’interruzione doveva essere regolamentata ma non negata. Il punto cardine di questa sentenza, utilizzato poi dai difensori di Norma, è la difesa del diritto costituzionale “alla privacy”, secondo il quattordicesimo emendamento della Costituzione americana che sancisce  il diritto alla libertà di scelta di qualunque individuo su questioni riguardanti la sfera più intima, superando così anche gli interessi degli stati. 

Embed from Getty Images

Da Rode vs Wade alla situazione attuale

Dopo questa sentenza storica, che trasferì il dibattito sull’aborto dal livello statale a quello nazionale, il tema diventò presto centrale nella politica statunitense. In linea di massima, con alcune eccezioni, il diritto all’interruzione di gravidanza è difeso dai democratici, mentre i repubblicani si battono per la sua abrogazione. Dopo la vittoria di Ronald Regan alle elezioni presidenziali, i movimenti pro vita intensificarono la loro attività, pianificando anche elezioni di membri del partito repubblicano nella Corte Suprema al fine di ribaltare la sentenza Roe vs Wade. Il primo momento di scontro, tuttavia, arrivò circa 20 anni dopo con la sentenza Planned Parenthood vs. Casey: in questo caso, la Corte Suprema non abolì ciò che venne deciso nel processo precedente. Tuttavia, venne data la possibilità agli stati federali di gestire autonomamente le condizioni per interrompere la gravidanza, purché non intacchino il diritto di scelta della donna. I gruppi pro vita, però, non si accontentarono del verdetto e negli anni Novanta  continuarono la loro lotta contro l’aborto, bloccando fisicamente l’accesso alle cliniche e arrivando anche a aggredire i medici che eseguivano la procedura. 

Una delle più importanti riforme in materia di salute degli ultimi 20 anni, l’Affordable Care Act firmata dal presidente Barack Obama nel 2010, si proponeva di assicurare una copertura sanitaria a tutti gli statunitensi in modo universale e a ridurre i costi dei servizi. Uno dei punti deboli di questa legge riguarda i finanziamenti federali: anche dopo le diverse richieste dei movimenti pro-choice, l’Obama Care mantenne l’Hyde Amendment (approvato nel 1976) che vieta l’utilizzo di fondi federali per pagare le interruzioni di gravidanza, tranne nei casi di stupro, incesto e se la vita della madre è in pericolo. Questa scelta, secondo la stampa, fu presa per permettere alla legge di passare il voto alla Camera, assecondando la volontà dei movimenti pro-life. 

Fonte: Guttmacher Institute 

Il mandato di Donald Trump è iniziato con la riattivazione della Mexico City Policy, conosciuta come la "Regola del bavaglio globale": le organizzazioni al di fuori dei confini nazionali non possono ricevere fondi se coinvolte in azioni relative all’interruzione di gravidanza, dalla promozione all’intervento. Questa politica è stata introdotta nel 1985 da Ronald Regan e nel corso degli anni ha subito abolizioni (Clinton e Obama) e riattivazioni (Bush senior, Bush junior e Trump): diversi Democratici hanno affermato che reintrodurre questa legge possa far aumentare il numero di aborti clandestini. Questa è solo una delle azioni che la politica di Trump sta attuando per limitare o vietare il diritto all’interruzione di gravidanza: tra le prime c’è la nomina del giudice Brett Kavanaugh alla Corte Suprema, dopo un duro dibattito nella Camera e nel Senato. Proveniente dall’ala più conservatrice del partito Repubblicano, Kavanaugh è un convinto pro life e sostenitore del secondo emendamento (il diritto di possedere armi). Il giudice è stato accusato di presunte violenze sessuali e ha dimostrato un atteggiamento aggressivo durante le interrogazioni. Anche se i fantasmi del passato si sono fatti vivi, l’immagine di Kavanaugh non ne ha risentito

Un’altra mossa dal governo Trump è stata la proposta di nominare Andrew Bremberg rappresentate alle Nazioni Unite negli uffici di Ginevra. Promotore della “Regola del bavaglio globale”, le sue dichiarazioni sono state al centro di diverse proteste da parte dei movimenti pro choice: in un’intervista al Senato per la nomina, il politico statunitense ha dichiarato che l'interruzione di gravidanza non dovrebbe essere permessa alle donne vittime di stupro e violenza sessuale; inoltre, ha affermato che metterà il veto sulle risoluzioni riguardanti i conflitti armati in cui si fa riferimento all’accesso delle vittime all’assistenza sanitaria e riproduttiva. Diverse organizzazioni hanno firmato una lettera in cui si chiede al Senato degli Stati Uniti di respingere la nomina: il voto, previsto per il 23 luglio, è stato rimandato a data da destinarsi.

POTREBBE INTERESSARTI

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012