Un rapporto dell’Istat presenta alcuni dati sull’istruzione in Italia: per una volta ne usciamo perfettamente in media con gli altri paesi europei (almeno in parte). Purtroppo questa indagine non ci allinea per livello d’istruzione medio o accesso ai corsi universitari né per virtuosa corrispondenza fra tasse e servizi in campo accademico. Ciò che ci accomuna al resto d'Europa in tema di istruzione non sono le buone pratiche, bensì le disparità e, in particolare, il gap d’istruzione fra cittadini e immigrati.
In Italia come in Europa questo divario premia i primi rispetto agli stranieri: nel nostro Paese, ad esempio, mentre neanche metà degli immigrati è in possesso almeno del titolo secondario superiore, il 62,5% degli italiani (che pur è poco) ha invece in tasca il diploma. Più pesanti ancora sono le situazioni in Francia e in Germania, dove il gap si trasforma in un baratro profondo anche 20 punti percentuali. Ma c’è anche la straordinaria eccezione britannica che vede la situazione invertita, con i sudditi di Sua Maestà in difetto rispetto agli immigrati (tanto temuti dai brexiters). Buona anche la preparazione scolastica degli stranieri in terra spagnola, del tutto simile a quella dei locali. Il resto del panorama assomiglia a quello italiano, ovviamente con le dovute particolari inevitabili distinzioni.
Popolazione 25-64 anni con almeno un titolo di studio secondario superiore in Italia e nella media Ue, anno 2017, valori percentuali
Infogram
Rispetto a diversi altri paesi, infatti, qui da noi il divario è andato sempre più accentuandosi negli ultimi nove anni. Nel 2008 il numero di stranieri con almeno un titolo secondario superiore era maggiore, e minore era quello degli italiani; questa dinamica di fatto equilibrava le due componenti della popolazione. Allo stesso tempo è rimasto stabile il numero di chi, fra gli stranieri, ha un titolo terziario, mentre è aumentata invece la percentuale degli italiani laureati. Considerando un intervallo di età ristretto, quello fra i 30 e i 34 anni, solo tre italiani su 10 sono laureati, ma sono ancor meno gli stranieri, poco più di 1 su 10. Il gap nei livelli di istruzione tra immigrati e italiani si accentua muovendosi dalle classi più mature, nelle quali il livello di istruzione è simile, verso quelle più giovani, in cui invece le differenze si fanno più marcate, con un netto vantaggio d’istruzione degli italiani.
Si è inoltre mediamente abbassato il grado di scolarità di chi è immigrato in Italia negli ultimi anni, mentre chi vi risiede da più tempo sembra più istruito. “Inoltre, - sottolinea il rapporto Istat - poiché si stima che la quasi totalità dei cittadini stranieri di 25-64 anni è arrivata a un’età superiore ai 15 anni (e tra coloro con al più un titolo secondario inferiore, circa l’83% è arrivato in Italia ad un’età superiore ai 19 anni e il 60% ad un’età maggiore di 24 anni) è presumibile che per la maggioranza di questi il percorso formativo si sia concluso già nel paese di origine”.
In quanto a numero e rapporto di laureati, sia stranieri che italiani, l’Italia rimane in svantaggio rispetto a un’Europa che registra un gap di cittadinanza medio inferiore ai 5 punti. E questo divario si fa praticamente assente in Germania e invece a favore degli stranieri in Gran Bretagna. Solo in Spagna è più ampio, ma si accompagna anche a una quota maggiore di stranieri laureati rispetto all’Italia. Inoltre, si stima che in Italia tra i laureati stranieri di 30-34 anni solo uno su quattro abbia conseguito il titolo nel nostro Paese, essendo arrivato in Italia per il 68% a 20 anni o più. A richiamare gli stranieri nel nostro Paese non è dunque certo la possibilità di approfondire gli studi, che invece sembra essere un elemento d’attrazione importante in Gran Bretagna.
Giovani 30-34 anni con titolo di studio terziario, in Italia, nella media Ue 28 e nei più grandi paesi Ue, per cittadinanza. Anno 2017, valori percentuali
Infogram
E poi: rispetto agli italiani, gli stranieri d’Italia abbandonano precocemente la scuola quasi tre volte tanto, nonostante la situazione sembri migliorata dal 2008 ad oggi. Gli stranieri che abbandonano la scuola paiono comunque cavarsela meglio nel mondo del lavoro, tanto da trovare impiego molto più facilmente dei coetanei italiani, magari adattandosi, anche senza un diploma.
E fra i ragazzi Neet – che non lavorano e nemmeno studiano - tantissimi sono gli stranieri, ma soprattutto le straniere: la componente femminile, in particolare è davvero importante e si attesta sul 44,3% per le immigrate, contro un 23,7% di italiane. Per la componente maschile il divario è praticamente nullo.
A leggere questi dati la sensazione, forte, è che il nostro Paese non sia in grado di attrarre talenti e di costruire, che la nostra storia vada ritroso, a peggiorare situazioni che solo una decina di anni fa sembravano avviate a un miglioramento. Che non siamo in grado di migliorare non solo la situazione di chi ospitiamo, ma nemmeno la nostra. L’aggravante è che abbiamo l’Europa come complice.