SCIENZA E RICERCA
La subsidenza aggrava le proiezioni sull'aumento del livello del mare
Foto: Kristin Vogt da Pexels
Il livello del mare sale e continuerà a farlo, ci dicono i modelli climatici, per tutto il secolo. E’ una condizione che ha avuto inizio a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, in linea con la rivoluzione industriale, e che prosegue a ritmi sempre più elevati ponendo grosse fette della popolazione mondiale, quella che abita nelle aree costiere più esposte, davanti al rischio concreto di subire inondazioni distruttive.
Quando si ragiona sulle conseguenze dell’aumento del livello del mare un fattore aggiuntivo che spesso non è tenuto sufficientemente in considerazione è la subsidenza, ossia lo “sprofondamento” del suolo (continentale o del fondale marino) dovuto a cause naturali o antropiche.
Uno studio, condotto da un team di scienziati del Virgina Tech insieme a colleghi di altri enti di ricerca e appena pubblicato sulla rivista Nature, ha fornito uno sguardo completo sul rischio di inondazioni in 32 città costiere statunitensi, giungendo alla conclusione che gli scenari entro il 2050 saranno probabilmente peggiori rispetto a quanto suggerito da modelli precedenti. Il motivo risiede proprio nel fatto che molte proiezioni attuali non valutano con esattezza il contributo della subsidenza nell’aggravare la vulnerabilità delle aree minacciate da vicino dall’innalzamento del livello del mare.
Nature research paper: Disappearing cities on US coasts https://t.co/8TEkbnQLNl
— nature (@Nature) March 7, 2024
Secondo il nuovo studio, l’innalzamento del livello del mare potrebbe far subire inondazioni in ampie aree costiere degli Stati Uniti, soprattutto quelle che si trovano nella fascia orientale del Paese e tra le città che rischiano di essere colpite figurano anche diverse metropoli come Boston, New Orleans e San Francisco. I ricercatori prevedono che nei prossimi tre decenni potrebbero essere colpite dalle inondazioni fino a 500.000 persone e 1 proprietà privata su 35 rischia di essere fortemente danneggiata, soprattutto nelle aree in cui le strutture di difesa costiera, come argini, terrapieni o dighe, sono più carenti (è il caso soprattutto della costa atlantica).
Un’altra novità assoluta nello studio è la considerazione dei dati demografici etnici e socioeconomici relativi alle aree potenzialmente colpite e al riguardo i ricercatori hanno appurato come in alcune città, in particolare quelle lungo la costa del Golfo, la potenziale maggiore esposizione ricada in modo sproporzionato su persone che si trovano in una situazione di svantaggio economico. "Questo moltiplica davvero il possibile impatto su quelle aree e sulla loro capacità di riprendersi da un’alluvione significativa", ha commentato Leonard Ohenhen, primo autore dello studio e studente di dottorato presso l’Earth Observation and Innovation Lab del Virginia Tech.
Il gruppo di ricerca - guidato da Manoochehr Shirzaei, professore associato di Geofisica e Remore Sensing al Virginia Tech, ha utilizzato punti dati altamente accurati misurati da satelliti radar spaziali e ha costruito alcune delle prime rappresentazioni ad alta risoluzione della subsidenza del terreno, lungo la costa degli interi Stati Uniti. Un precedente lavoro, condotto di recente dallo stesso team di scienziati e pubblicato ad inizio anno sulla rivista Pnas, aveva già rivelato che alcune regioni della costa atlantica stanno affondando fino a 5 millimetri all’anno.
La costa orientale degli Stati Uniti è da tempo un'osservata speciale: l'area ospita più di un terzo della popolazione complessiva del Paese e i modelli climatici hanno già avvertito della possibilità che il livello del mare aumenterà in media di 25-30 centimetri al di sopra dei livelli odierni entro il 2050. La situazione diventa ancora più allarmanante alla luce dei dati sulla subsidenza, un fattore aggiuntivo di vulnerabilità che cambia in modo significativo anche su brevi distanze e che spesso è assente dalla valutazione dei rischi costieri.
Alcuni degli autori della ricerca appena pubblicata su Nature, tra cui gli stessi Ohenhen e Shirzaei, avevano già cominciato ad approfondire questo tema in uno studio che aveva mostrato gli effetti cumulativi dell'innalzamento del livello del mare e della subsidenza. In quel precedente lavoro, condotto dal 2007 al 2020 lungo 3500 chilometri di coste, gli scienziati avevano scoperto che nelle città che si affacciano sull'Atlantico, tra cui Boston e New York, la subsidenza supera i 3 millimetri all’anno. Possono sembrare pochi ma, se uniti ai cinque millimetri di innalzamento annuale del livello delle acque, contribuiscono ad aumentare il rischio di inondazioni, danneggiare infrastrutture ed edifici, avere un impatto negativo sugli ecosistemi costieri e creare problemi alle falde acquifere a causa dell’infltrazione di acqua salata.
“Nel fenomeno della subsidenza, anche un impercettibile cedimento millimetrico del terreno aggrava i rischi costieri esistenti”, ha puntualizzato Ohenhen.
Insieme alle nuove proiezioni sul rischio inondazioni, lo studio ha anche rivelato che le 32 città oggetto della ricerca (distribuite lungo la costa atlantica, quella pacifica e il Golfo), hanno un totale di 131 strutture di controllo delle inondazioni, come argini, terrapieni o dighe, ma che il 50% di queste si trova sulla costa della California. La situazione lungo la costa del Pacifico è infatti complessivamente meno preoccupante, perché molte aree si trovano ad un’altitudine più elevata, i tassi di subsidenza sono inferiori e gli interventi di protezione sono più diffusi.
Al contrario, la costa del Golfo e quella Atlantica presentano una maggiore vulnerabilità: entrambe devono fare i conti con una spiccata subsidenza, ma le città che si affacciano sull’oceano Atlantico sono anche caratterizzate da strutture di protezione insufficienti (risultano presenti argini o dighe solo in tre delle 11 città della costa atlantica considerate dallo studio).
"Lo scopo di questo documento è fornire dati a supporto delle decisioni", ha affermato Shirzaei in un comunicato stampa diffuso dalla Virginia Tech. Al riguardo il docente ha aggiunto che ogni città ha un piano di mitigazione del rischio di alluvioni ma che finora mancava un quadro completo di quello che potrebbe accadere in un futuro non troppo lontano.
La subsidenza costiera è spesso sottorappresentata nei modelli di inondazione, hanno affermato gli autori. Inoltre, il fenomeno cambia in modo significativo anche su brevi distanze, a causa delle variazioni della geologia sottostante e delle vicine attività umane, come l’estrazione delle acque sotterranee o di fonti energetiche come il petrolio e il gas.
E nel Mediterraneo?
Fin qui abbiamo parlato della situazione negli Stati Uniti ma lo scenario rimane preoccupante anche se volgiamo lo sguardo più vicino a noi, verso il mare Mediterraneo che è uno dei punti più vulnerabili davanti ai cambiamenti climatici.
Uno studio realizzato di recente da un team di ricercatori italiani dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, in collaborazione con l'università di Radboud in Olanda, ha rivisto al rialzo le stime sull’aumento del livello del mare nel Mediterraneo avvertendo che, in alcune aree, l’incremento viaggia a velocità tripla rispetto alle stime fatte finora, come le proiezioni pubblicate nel 2021 dall’Intergovernmental Panel on Climate Change nel Report AR6.
Anche nello scenario relativo al Mediterraneo la subsidenza "ha un ruolo cruciale nell’accelerare l’aumento del livello del mare lungo le coste, innescato dal riscaldamento globale a partire dal 1880”, come ha spiegato Marco Anzidei, ricercatore dell’INGV e co-autore dello studio.
Per condurre la ricerca gli scienziati si sono avvalsi dei dati di numerose stazioni geodetiche satellitari poste entro 5 km dal mare che consentono di calcolare in maniera estremamente precisa le velocità di spostamento verticale del suolo. Alla luce di questi dati, i ricercatori hanno ricalcolato le attuali proiezioni dell'Ipcc fino al 2150 in 265 zone del Mediterraneo ed è emerso che nelle aree più a rischio potranno esserci impatti significativi sull'ambiente, sulle attività umane e sulle infrastrutture.
Come conseguenza dell'innalzamento del livello del mare, oltre 38.500 chilometri quadrati di coste del Mediterraneo - di cui circa la metà solo nel settore settentrionale del bacino - saranno presto più esposte al rischio di inondazione.
In rosso le aree maggiormente esposte al rischio inondazioni. Immagine tratta da A Vecchio et al 2024 Environ. Res. Lett. 19 014050
Come si può vedere anche nella figura realizzata dagli autori dello studio, le aree che nei prossimi cento anni rischiano di essere particolarmente colpite dalle conseguenze dell'aumento del livello del mare sono l'Egitto (con quasi 13 mila chilometri quadrati di territorio potenzialmente esposto) e l'Italia, dove la superficie costiera caratterizzata da una maggiore criticità si estende per oltre 10 mila chilometri quadrati (di cui circa 4.000 nell'area del delta del Po, dove a contribuire alla subsidenza è stata l'estrazione di gas, praticata massicciamente dagli anni trenta del novecento all’inizio dei sessanta, quando le operazioni furono interrotte per i rischi che comportavano).
Gli autori dello studio hanno concluso evidenziando l'urgenza di intraprendere azioni concrete a sostegno degli abitanti delle aree più esposte, in un quadro che mostra anche come la scarsa consapevolezza e le lacune di conoscenza sulle cause e gli impatti attesi di aumento del livello del mare abbiano importanti implicazioni sulle politiche di adattamento da adottare nel prossimo futuro per la salvaguardia delle popolazioni costiere del Mediterraneo.