SOCIETÀ

Traffico illecito di animali selvatici: un pericolo per la salute umana e per la biodiversità

Come tante altre epidemie e pandemie scoppiate nel corso della storia, anche quella causata dal diffondersi del coronavirus è originata da un salto di specie. Tra le molteplici cause di questi eventi, vi è anche il fatto che in molti paesi, in particolare nell’Asia orientale, esistono ancora oggi luoghi di scambio e di commercio in cui non si osservano adeguate misure igieniche e in cui la promiscuità tra uomini e animali è la norma. Sull’origine del nuovo coronavirus, ad esempio, le incognite sono ancora numerose, ma una cosa è certa: ha raggiunto l’essere umano attraverso la mediazione di una o più specie selvatiche che erano oggetto di traffici illeciti.

In molte parti del mondo, infatti, esiste uno smercio – tanto illegale quanto florido – di animali selvatici vivi e di membra animali, usate soprattutto nella medicina tradizionale di alcune culture orientali per i loro presunti poteri curativi. Spesso, al rifornimento di materie prime come nidi di rondine, corni di rinoceronte, zampe e denti di tigre, gusci di tartarughe (la lista è ancora lunga) provvede il bracconaggio: così, nel tempo, si è creata una vera e propria rete commerciale sotterranea che destina simili prodotti – provenienti perlopiù dall’Africa e dal Sud-Est asiatico – in particolare alla Cina.

Al di là delle (pur pressanti) questioni etiche sollevate da simili pratiche, la comunità internazionale è sempre più preoccupata per i molteplici rischi che da esse derivano: non solo, infatti, questi contatti incontrollati con la fauna selvatica rappresentano – come tutto il mondo ha dovuto sperimentare in questi mesi – un pericolo per la salute umana; bisogna anche considerare che il bracconaggio e il traffico illegale di animali selvatici costituiscono una seria minaccia per la biodiversità.

L’esplosione dell’attuale pandemia, complici le misure di isolamento e gli accresciuti controlli sugli spostamenti, sembra aver determinato una battuta d’arresto per i commerci illegali di fauna selvatica: come riporta un recente studio pubblicato da United for Wildlife, tuttavia, si tratterà probabilmente di un arresto soltanto temporaneo; anzi, il Covid-19 potrebbe perfino favorire il bracconaggio in alcune aree.

In particolare, i bracconieri trarranno vantaggio sia dall’azzeramento del turismo internazionale, sia dalla mancanza di controlli nelle aree naturali protette dei paesi africani e asiatici più colpiti dal Covid-19. Se, tuttavia, sarà più semplice procurarsi le “materie prime”, i trafficanti troveranno maggiori difficoltà nella vendita dei loro prodotti sul mercato internazionale: subiranno, infatti, sia la riduzione o la chiusura di tratte commerciali finora consolidate, sia il maggiore controllo sugli spostamenti di uomini e merci; inoltre, l’incipiente crisi economica causerà incertezza anche in questo settore.

Nonostante questi elementi critici, comunque, gli autori dell’analisi ritengono probabile che, entro pochi anni, i trafficanti si adeguino alle nuove condizioni, riorganizzandosi: gran parte delle vendite potrebbe infatti trasferirsi online, dove il tracciamento sarebbe ancora più arduo; inoltre, a norme più restrittive in termini di commercio di animali selvatici e di specie rare si potrebbe rispondere con un aumento dei fenomeni di corruzione.

Un ruolo decisivo nel combattere il mercato illegale e il bracconaggio sarà svolto dalla maggiore sensibilità al tema che, in seguito alla pandemia, i comuni cittadini potrebbero sviluppare: nel comprendere la relazione tra la diffusione del coronavirus e lo smercio non regolamentato di animali selvatici, infatti, è possibile che aumenti la consapevolezza dei pericoli ai quali, a causa di questo genere di pratiche, l’intera società è esposta.

La pervasiva diffusione del nuovo virus nella popolazione umana non è dunque una casualità, ma un evento che, con le dovute precauzioni, avrebbe potuto essere evitato. La tragicità di un evento che ha coinvolto ogni parte del mondo, e a cui nessuno ha potuto sottrarsi, cela anche un’opportunità: abbiamo l’occasione unica di ripensare la nostra relazione con il mondo non umano, guardando non solo ai nostri interessi, ma anche a quelli delle altre forme di vita. Il bracconaggio, attività che ha finito per ledere gli stessi esseri umani, è un’attività estremamente dannosa per la vita selvatica, la cui naturale ricchezza in termini di biodiversità sta drammaticamente diminuendo.

Oggi, compito dei governi è far leva sull’accresciuta attenzione verso questo tema per varare, da una parte, leggi più restrittive che affrontino e risolvano il problema del bracconaggio – in crescita anche nella civilissima Europa e da sempre presente anche in Italia – e per promuovere, dall’altra, una maggiore sensibilità ambientale nella cittadinanza. Senza severe misure di regolamentazione e senza un reale impegno per la protezione della vita selvatica, qualsiasi vaccino non potrà che essere una mera misura palliativa.

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